Continuazione Reati: Quando la Cassazione Nega il Beneficio
L’istituto della continuazione reati rappresenta una colonna portante del nostro sistema sanzionatorio, consentendo di mitigare la pena quando più violazioni della legge penale sono riconducibili a un unico progetto. Tuttavia, l’applicazione di questo beneficio non è automatica e richiede una rigorosa valutazione da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di questo istituto, sottolineando come l’assenza di un’unica programmazione iniziale impedisca il riconoscimento del vincolo della continuazione. Analizziamo insieme la decisione per comprendere i criteri applicati dalla Suprema Corte.
I Fatti del Caso: Tre Reati e una Richiesta di Unificazione
Il caso in esame riguarda un individuo condannato con tre sentenze irrevocabili per reati distinti: una minaccia a pubblico ufficiale e due episodi di evasione. L’interessato, tramite il suo difensore, si è rivolto al giudice dell’esecuzione del Tribunale di Foggia chiedendo di applicare la disciplina della continuazione reati. L’obiettivo era ottenere un trattamento sanzionatorio complessivo più favorevole, unificando le pene inflitte per i singoli reati sotto il vincolo di un presunto medesimo disegno criminoso.
Il Tribunale di Foggia, però, ha respinto l’istanza. Secondo il giudice, non sussistevano le condizioni per riconoscere un unico piano criminoso. In particolare, è stata evidenziata la notevole distanza temporale tra i fatti (quasi un anno e mezzo) e la diversità dei titoli cautelari violati nelle due evasioni. Insoddisfatto della decisione, il condannato ha proposto ricorso in Cassazione, concentrando le sue doglianze sul diniego relativo ai soli reati di evasione, sostenendo che fossero stati commessi a soli cinque mesi di distanza e in violazione dello stesso titolo.
La Decisione della Cassazione sulla Continuazione Reati
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 16 gennaio 2025, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione del giudice di merito. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’accertamento dell’unicità del disegno criminoso è una questione di fatto, la cui valutazione spetta al giudice di merito e può essere censurata in sede di legittimità solo se la motivazione è palesemente illogica o assente.
Nel caso specifico, la motivazione del Tribunale è stata ritenuta adeguata e immune da vizi. La Cassazione ha sottolineato due elementi decisivi che smontano la tesi della programmazione unitaria avanzata dal ricorrente.
Le Motivazioni: Perché è Stata Esclusa la Programmazione Unica
Le motivazioni della Corte si fondano su un’analisi logica e fattuale delle condotte. In primo luogo, la stessa difesa ha introdotto un elemento che si è rivelato controproducente: la circostanza che, in occasione della seconda evasione, il condannato fosse stato trovato sul retro della propria abitazione a vomitare. La Corte ha qualificato questo evento come “del tutto contingente” e, in quanto tale, “difficilmente programmabile cinque mesi prima”. Un piano criminoso unitario richiede una preordinazione delle azioni, non una serie di eventi casuali e imprevedibili.
In secondo luogo, i giudici hanno osservato che le condotte di evasione, per loro stessa natura, “mal si conciliano ontologicamente con la possibilità di una preventiva ideazione”. L’evasione è spesso una reazione impulsiva o dettata da circostanze immediate, piuttosto che una tappa di un piano a lungo termine. L’idea di programmare in anticipo due evasioni distinte, a distanza di mesi, è stata ritenuta incompatibile con il concetto stesso di disegno criminoso unitario, che presuppone una visione d’insieme e una pianificazione ab origine.
Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile per genericità dei motivi, non essendo riuscito a scalfire la solida motivazione della decisione impugnata. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione sull’applicazione della continuazione reati. Ribadisce che non è sufficiente una mera successione cronologica di reati, anche se della stessa indole, per ottenere il beneficio. È necessario dimostrare, con elementi concreti, l’esistenza di un’unica ideazione originaria che lega tutte le condotte come parti di un unico programma. Le circostanze fattuali, anche quelle apparentemente secondarie, possono assumere un ruolo cruciale nel confermare o smentire la sussistenza di tale piano. Per avvocati e imputati, ciò significa che l’istanza per il riconoscimento della continuazione deve essere supportata da argomentazioni solide e specifiche, capaci di superare la presunzione di autonomia delle singole violazioni penali, specialmente quando si tratta di reati come l’evasione, la cui natura spesso contrasta con l’idea di una pianificazione a lungo termine.
Cos’è la continuazione dei reati e quando si applica?
La continuazione dei reati è un istituto che consente di considerare più violazioni di legge come un unico reato, se commesse in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Si applica quando è dimostrabile che l’agente ha pianificato fin dall’inizio tutte le azioni per raggiungere un unico scopo finale.
Perché la Corte ha negato la continuazione per i due reati di evasione?
La Corte ha negato la continuazione perché ha ritenuto insussistente un disegno criminoso unitario. Ha evidenziato che le condotte di evasione sono difficilmente programmabili in anticipo e che una delle circostanze (l’essere stato trovato a vomitare) era del tutto contingente e non pianificabile mesi prima, escludendo così una preventiva ideazione comune.
Quale principio ha ribadito la Cassazione in questa ordinanza?
La Cassazione ha ribadito che la valutazione sull’unicità del disegno criminoso è una questione di fatto rimessa al giudice di merito. La sua decisione può essere contestata in sede di legittimità solo se la motivazione è manifestamente illogica o del tutto assente, cosa che non è avvenuta nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14591 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14591 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SAN MARCO IN LAMIS il 12/06/1990
avverso l’ordinanza del 19/09/2024 del TRIBUNALE di FOGGIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto dal difensore di COGNOME NOME avverso l’ordinanza in epigrafe, con cui in data 19.9.2024 il Tribunale di Foggia, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza, formulata nell’interesse del ricorrente, di applicazione della disciplina della continuazione ai reati giudicati con tre sentenze di condanna irrevocabili (un reato di minaccia a pubblico ufficiale e due reati di evasione);
Premesso che, in tema di continuazione, l’accertamento del requisito della unicità del disegno criminoso costituisce una questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito, il cui apprezzamento è sindacabile in sede di legittimità solo ove non sia sorretto da adeguata motivazione (Sez. 1, n. 12936 del 3/12/2018, dep. 2019, Rv. 275222 – 01).
Osservato che il giudice dell’esecuzione ha negato il riconoscimento del vincolo della continuazione, non ravvisando particolari contiguità temporali e finalistiche tra i reati (commessi nell’arco temporale di quasi un anno e mezzo) ed evidenziando che le due evasioni riguardavano la violazione di titoli cautelari diversi;
Rilevato che il ricorso censura solo il diniego relativo ai reati di evasione, contestando che in realtà il titolo violato era lo stesso e che i due fatti erano stati commessi a soli cinque mesi di distanza;
Considerati, tuttavia, che le doglianze non arrivano ad inficiare decisivamente la motivazione dell’ordinanza impugnata, perché, da un lato, lo stesso ricorrente segnala che in occasione della seconda evasione il condannato era stato trovato sul retro della propria abitazione a vomitare – circostanza, questa, del tutto contingente e, come tale, difficilmente progrannmabile cinque mesi prima – e perché, dall’altro, le diverse condotte di evasione mal si conciliano ontologicamente con la possibilità di una preventiva ideazione;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, in quanto fondato su motivi generici, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16.1.2025