Continuazione Reati: Quando l’Assenza di un Disegno Criminoso Unitario Nega il Beneficio
L’istituto della continuazione reati rappresenta un pilastro del nostro sistema penale, orientato al principio del favor rei. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede la prova rigorosa di un elemento fondamentale: l’unicità del disegno criminoso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di questo beneficio, negandolo in un caso caratterizzato da reati eterogenei commessi in un arco temporale molto esteso. Analizziamo la decisione e le sue implicazioni.
I Fatti del Caso: Una Richiesta di Continuazione Respinta
Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto avverso un’ordinanza della Corte d’Appello di Milano. Quest’ultima aveva rigettato la sua istanza volta a ottenere il riconoscimento della continuazione tra diversi reati, giudicati con sentenze irrevocabili. La richiesta, basata sull’art. 671 del codice di procedura penale, mirava a unificare le pene inflitte, ottenendo un trattamento sanzionatorio più mite.
Sia il giudice dell’esecuzione che la Corte d’Appello avevano però escluso la possibilità di applicare il beneficio, evidenziando una serie di elementi ostativi che sono stati poi confermati dalla Suprema Corte.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla continuazione reati
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Il nucleo della pronuncia risiede nell’impossibilità di ricondurre i vari delitti a una “preordinazione” unitaria, ovvero a un singolo progetto criminoso concepito sin dall’inizio.
Secondo gli Ermellini, la semplice reiterazione di condotte illecite nel tempo non è sufficiente a integrare la continuazione reati. Al contrario, essa può essere sintomo di una tendenza a delinquere o di una professionalità nel reato, figure giuridiche ben distinte e sanzionate diversamente dall’ordinamento, che non si fondano sul principio del favor rei.
Le Motivazioni: Eterogeneità e Distanza Temporale come Ostacoli
La Corte ha basato la propria decisione su elementi processuali chiari e incontestabili. Le principali ragioni del rigetto sono:
1. Disomogeneità dei delitti: I reati per i quali si chiedeva la continuazione erano di natura diversa, mancando di quella coerenza che caratterizza l’attuazione di un singolo piano.
2. Ampiezza dell’arco temporale: Le condotte criminose si erano protratte per un lungo periodo, dal 2006 al 2014. Una tale distanza temporale rende improbabile l’esistenza di un’originaria e unitaria progettazione.
3. Concorso di diversi correi: La partecipazione di complici differenti nei vari episodi delittuosi è stata interpretata come un ulteriore indice della mancanza di un programma criminoso comune e preordinato.
Questi fattori, considerati nel loro insieme, hanno impedito di ritenere dimostrata quella progettazione iniziale che è il presupposto indispensabile per l’applicazione della disciplina del reato continuato.
Conclusioni: I Limiti del “Favor Rei” e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la continuazione reati non è uno strumento per mitigare la pena a chiunque commetta più crimini, ma è riservata a chi agisce nell’ambito di un medesimo, predefinito disegno. La decisione chiarisce che una “vita improntata al crimine” non si identifica con un singolo disegno criminoso, ma rientra in altre categorie giuridiche come la recidiva o l’abitualità, che comportano un trattamento sanzionatorio più severo.
In pratica, per ottenere il beneficio della continuazione, non basta dimostrare di aver commesso più reati. È necessario provare, con elementi concreti, che tutte le azioni illecite erano state pianificate fin dall’inizio come parte di un unico progetto. L’assenza di tale prova, come nel caso di specie, porta inevitabilmente alla reiezione della richiesta, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Quando si può ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati?
Si può ottenere quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando esiste un piano unitario e premeditato che lega tutte le condotte illecite.
La semplice ripetizione di reati nel tempo è sufficiente per la continuazione?
No, la mera reiterazione di condotte illecite non è sufficiente. Anzi, può essere espressione di una scelta di vita criminale sanzionata da altri istituti come la recidiva o l’abitualità, che hanno un fondamento opposto a quello del favor rei proprio della continuazione.
Quali elementi impediscono il riconoscimento della continuazione reati secondo la Cassazione?
Secondo la Corte, elementi come la notevole disomogeneità dei delitti commessi, un’ampia distanza temporale tra di essi (nel caso specifico, otto anni) e la partecipazione di complici diversi nelle varie azioni, sono fattori che impediscono di ritenere provata l’esistenza di un’unica progettazione criminosa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13503 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13503 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a MESSINA il 04/01/1974
avverso l’ordinanza del 17/12/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 17 dicembre 2024, con la quale la Corte di appello di Milano rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati giudicati dalle sentenze irrevocabili di cui ai punti 1-3 del provvedimento impugnato.
Ritenuto che i reati di cui si assumeva la continuazione non erano riconducibili, neppure astrattamente, a una preordinazione, tenuto conto dell’incontroversa disomogeneità dei delitti commessi da Paonessa e della notevole ampiezza dell’arco temporale in cui i reati di cui si controverte erano stati commessi, compreso tra il 2006 e il 2014. Tali elementi processuali, infatti, impedivano di ritenere dimostrata l’originaria progettazione dei comportamenti criminosi oggetto di vaglio, essendo incontroversa, come evidenziato a pagina 2 del provvedimento impugnato, la «eterogeneità dei comportamenti, la loro distanza temporale, il concorso di diversi correi».
Ritenuto che la reiterazione delle condotte illecite non può essere espressione di un programma di vita improntato al crimine, come nel caso di Paonessa, venendo sanzionata da fattispecie quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso alla continuazione, preordinata al favor rei (tra le altre, Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, Abbassi, Rv. 252950 01; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833 – 01)
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 marzo 2025.