Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22624 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22624 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
– Presidente –
COGNOME
NOME FILOCAMO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a COSENZA il 16/08/1986
avverso l’ordinanza del 09/09/2024 del TRIBUNALE di COSENZA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 09/09/2024, il Tribunale di Cosenza, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza avanzata nell’interesse di NOME COGNOME volta ad ottenere l’applicazione dell’istituto della continuazione tra i reati oggetto delle sentenze dello stesso Tribunale, rispettivamente emesse la prima recante n. 1535/2022 il 18/11/2022 e irrevocabile dal 07/12/2022 e la seconda recante n. 395/2023 il 13/03/2023, irrevocabile dal 01/04/2023.
Entrambe le sentenze erano state emesse ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. e avevano ad oggetto condotte di violazione degli obblighi derivanti dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale; la prima riguardava fatti del 20/10/2022, la seconda fatti del 12/03/2023.
Il giudice dell’esecuzione aveva proceduto secondo lo schema fissato dall’art. 188 disp. att. cod. proc. pen. e aveva interpellato il pubblico ministero, che aveva negato il proprio consenso.
Presone atto, il giudice ha, infine, escluso che vi fosse prova di un disegno unitario evidenziando che dal verbale di arresto del 20/10/2022 emergeva l’estemporaneità di quella violazione, conseguente ad una discussione del condannato con la fidanzata.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME che ha denunciato violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen..
Il diniego del riconoscimento della continuazione doveva considerarsi erroneo in considerazione della medesimezza delle contestazioni e delle condotte realizzative dei reati medesimi.
Non doveva considerarsi necessaria la prova di una specifica pianificazione, essendo sufficiente un’ideazione a grandi linee, che si poteva ricavare dalle analoghe modalità di azione tenute in entrambe le condotte: il condannato aveva in tutte e due le occasioni fornito agli operanti una carta di identità recante l’effigie di altro soggetto.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso depositando memoria scritta e chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Secondo costante orientamento, «il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino
R.G.N. 844/2025
comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Rv. 27007401).
In questa indagine, il giudice dell’esecuzione deve desumere la prova del medesimo disegno criminoso «da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del “modus operandi” e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti, essendo sufficiente l’esistenza anche di alcuni soltanto di tali indici, purchØ significativi»; ma in ogni caso non può essere escluso il riconoscimento della continuazione in ragione della mancanza di uno di tali indici, senza che si proceda alla valutazione tutti gli altri (Sez. 2, n. 10539 del 10/02/2023, Rv. 284652- 01; analogamente Sez. 1, n. 17878 del 25/01/2017, Rv. 270196-01).
Va inoltre ricordato in premessa che le sentenze che avevano ad oggetto i fatti di cui si chiede il riconoscimento del vincolo della continuazione erano state emesse ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.
In tali ipotesi, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità «qualora sia proposta istanza di riconoscimento del concorso formale o della continuazione fra reati giudicati con distinte sentenze di applicazione della pena su richiesta, il giudice non può esercitare i poteri valutativi di cui all’art. 671 cod. proc. pen. ed individuare la pena in misura diversa da quella negoziata dall’interessato e dal pubblico ministero, essendo tenuto all’osservanza della speciale disciplina dettata dall’art. 188 disp. att. cod. proc. pen., che consente un intervento modificativo sul giudicato, formatosi a seguito di un negozio processuale tra le parti, esclusivamente per effetto di una successiva loro pattuizione, salvo soltanto il caso di dissenso ingiustificato dell’ufficio requirente» (Sez. 1, n. 1527 del 13/07/2018, dep. 2019, Rv. 275169 – 01, che ha peraltro ha ritenuto irrilevante e manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 671 cod. proc. pen. sollevata in relazione all’impossibilità per il giudice dell’esecuzione di riconoscere la continuazione tra reati giudicati con sentenze di patteggiamento nel caso di pena complessiva superiore ad anni cinque di reclusione, osservando che l’originario consenso alla definizione dei procedimenti con il rito speciale implica l’accettazione dell’intero relativo “statuto”, comportante, per la fase esecutiva, l’applicazione esclusiva della disciplina di cui all’art. 188 disp. att. cod. proc. pen.).
Il provvedimento impugnato ha evidenziato in punto di fatto, che, a fronte dell’omogeneità delle due violazioni e della pur limitata distanza temporanea, sussistevano modalità della dinamica ricostruiti nei provvedimenti del giudice di cognizione che dimostravano l’estemporaneità della decisione, soffermandosi in particolare sul fatto che proprio la prima delle due condotte, quella che avrebbe dovuto essere preceduta da una preordinazione di massima proiettata anche sulla seconda condotta, era scaturita da un evento imprevisto (una lite) e dalla conseguente reazione non pianificata da parte del condannato. Non veniva addotto alcuno specifico elemento che potesse legare i due fatti e quello dedotto nel ricorso (l’avere il condannato in entrambi i casi, pronta da esibire, la carta di identità di un altro soggetto) non ha contorni di tale specificità da rendere insufficiente o contraddittoria la valutazione del giudice dell’esecuzione, che doveva comunque limitare a verificare se il dissenso del pubblico ministero fosse del tutto ingiustificato.
Si tratta di una congrua valutazione di merito, non sindacabile in sede di legittimità, posto che un solo indicatore a fronte dell’assenza di altri e dell’individuazione positiva di indicatori contrari non può essere sufficiente a mettere in discussione la coerenza complessiva la valutazione contenuta nel provvedimento impugnato.
Ne consegue che la motivazione del provvedimento impugnato evidenzia anche i profili in fatto e in diritto per i quali anche il dissenso del pubblico ministero al riconoscimento della continuazione tra fatti oggetto di sentenze emesse ex art. 444 cod. proc. pen. non poteva essere considerato ingiustificato.
Il ricorso deve essere quindi respinto con ogni conseguente statuizione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 07/03/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME