Continuazione Reati: Il Limite Temporale di Tre Anni è Decisivo
L’istituto della continuazione reati rappresenta una figura giuridica di fondamentale importanza nel diritto penale, consentendo di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più violazioni della legge in esecuzione di un “medesimo disegno criminoso”. Tuttavia, quali sono i criteri per stabilire l’esistenza di questo disegno unitario? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 4070/2024) fornisce chiarimenti cruciali, sottolineando il peso determinante del fattore temporale.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro un’ordinanza del Tribunale di Monza. Il ricorrente chiedeva che due reati di furto in abitazione, per i quali aveva riportato condanna, venissero unificati sotto il vincolo della continuazione. L’elemento centrale della controversia era la notevole distanza temporale tra la commissione del primo e del secondo reato: oltre tre anni.
Il Tribunale, in qualità di giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta, ritenendo che un lasso di tempo così esteso fosse incompatibile con la preesistenza di un programma criminoso unitario. Di fronte a questa decisione, l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo la sussistenza dei requisiti per l’applicazione del beneficio.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno ribadito i principi consolidati dalla giurisprudenza, in particolare richiamando una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 28659/2017). Secondo tale orientamento, il riconoscimento della continuazione reati necessita di una verifica approfondita di indicatori concreti, sia in fase di cognizione che in quella di esecuzione.
La decisione sottolinea che non è sufficiente la presenza di alcuni elementi comuni, ma occorre una prova logica del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali.
Le Motivazioni: Il Criterio Temporale nella Continuazione Reati
Il cuore della motivazione risiede nell’analisi del criterio temporale. La Corte di Cassazione chiarisce che la contiguità spazio-temporale è uno degli indici più significativi per valutare l’esistenza di una volizione unitaria. In presenza di una distanza di oltre tre anni tra il primo e il secondo furto, i giudici hanno considerato non illogica la conclusione del Tribunale di Monza.
Secondo la Corte, un intervallo così ampio rende altamente improbabile che il secondo episodio delittuoso fosse già stato pianificato al tempo del primo. Più verosimilmente, esso appare come il frutto di una “determinazione estemporanea”, ovvero di una decisione presa in un momento successivo e non collegata al piano originale. In altre parole, il fattore tempo diventa un elemento presuntivo forte contro l’unicità del disegno criminoso. L’onere di dimostrare il contrario, ovvero che nonostante il tempo trascorso il piano era unico fin dall’inizio, diventa estremamente gravoso per il richiedente.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame consolida un principio di grande rilevanza pratica. Chi intende chiedere il beneficio della continuazione reati deve essere consapevole che una significativa distanza temporale tra i fatti costituisce un ostacolo quasi insormontabile. La decisione non stabilisce una regola matematica, ma afferma che una distanza superiore ai tre anni rende la valutazione del giudice dell’esecuzione, se negativa, difficilmente censurabile in sede di legittimità perché non illogica. Questo principio impone una valutazione rigorosa e fattuale, allontanando interpretazioni eccessivamente estensive che potrebbero snaturare la funzione dell’istituto, concepito per chi delinque sulla base di un’unica e premeditata strategia, non per chi commette reati in modo occasionale e slegato nel tempo.
Quando si può parlare di ‘continuazione reati’?
Si può parlare di continuazione quando più reati sono frutto di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando i reati successivi erano già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, al momento della commissione del primo. Devono esserci indicatori concreti come l’omogeneità delle violazioni, la contiguità spazio-temporale e le modalità della condotta.
Un’ampia distanza temporale tra due reati esclude sempre la continuazione?
Secondo la Corte, una distanza temporale di oltre tre anni tra il primo e il secondo reato rende non illogica la decisione di escludere la continuazione. Sebbene il tempo sia solo uno degli indici, un intervallo così lungo rende difficile sostenere che il secondo reato fosse già programmato al tempo del primo, potendo essere frutto di una determinazione estemporanea.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, confermando di fatto la decisione del giudice dell’esecuzione che aveva negato la continuazione tra i reati.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4070 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4070 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/08/2023 del TRIBUNALE di MONZA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che gli argomenti dedotti nell’unico motivo di ricorso sono manifestamente infondati, in quanto in contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimit in punto di individuazione dei criteri da cui si può desumere l’esistenza di una volizione unitaria (cfr., per tutte, Sez. U, Sentenza n. 28659 del 13/05/2017, COGNOME, Rv. 270074: Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicit e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati s successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea), atteso che il criterio temporale è uno degli indici di valutazione della esistenza o meno di una volizione unitaria ed, in presenza di una distanza temporale di più di tre anni tra il primo ed secondo reato, non è illogica la decisione del giudice dell’esecuzione che ha ritenuto che al momento di commissione del primo furto in abitazione il secondo non potesse essere stato programmato “almeno nelle sue linee essenziali”;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11 gennaio 2024.