Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 17184 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 17184 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 10/09/1998
avverso l’ordinanza del 30/01/2025 della Corte d’appello di Palermo udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 30 gennaio 2025 la Corte d’appello di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza di NOME COGNOME di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati oggetto delle seguenti sentenze di condanna emesse nei suoi confronti:
sentenza del 15 dicembre 2021 della Corte d’appello di Palermo, per reato di cui all’art. 73 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, commesso il 17 novembre 2020;
sentenza del 14 giugno 2023 della Corte d’appello di Palermo, per reati di cui all’art. 73 d.p.r. n. 309 del 1990 commessi tra il 30 dicembre 2017 ed il 15 aprile 2018.
In particolare, nel respingere l’istanza, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto non vi fossero elementi che potessero deporre per la programmazione unitaria dei reati, evidenziando in particolare che gli stessi erano stati commessi a distanza di tempo l’uno dall’altro, e l’uno era stato commesso dal solo istante mentre l’altro era stato commesso con correi.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con unico motivo, in cui deduce vizio di motivazione per essere stata respinta l’istanza nonostante l’errore nella indicazione della distanza temporale tra i reati oggetto dell’istanza, posto che l’ordinanza sostiene che il secondo è stato commesso 17 anni dopo il primo mentre si nota dalle date di commissione che ciò non è vero, e perché l’ordinanza ha evidenziato l’essere stato commesso un reato dal solo ricorrente e l’altro insieme a dei correi, ma il reato della sentenza sub 1. è, in realtà, stato giudicato a seguito di arresto in flagranza e questo è il motivo per cui il soggetto è stato processato da solo; a ragionare come ha fatto l’ordinanza impugnata, ogni volta che ci si trova in presenza di un reato cui segue l’arresto in flagranza sarebbe impossibile riconoscere la continuazione.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
Il ricorso deduce che l’ordinanza è illegittima perché la motivazione contiene un errore nella indicazione della distanza temporale tra i reati, errore che avrebbe inciso sulla percezione dell’esistenza o meno di una volizione unitaria.
L’argomento è infondato.
E’ vero che nella motivazione c’è un errore nella indicazione della distanza temporale tra i reati (indicata in 17 anni di distanza), ma si tratta di un mero evidente, refuso in quanto le date di commissione dei reati sono indicate nella stessa ordinanza del giudice dell’esecuzione, che, quindi, era consapevole che vi fosse uno spazio temporale di circa tre anni tra il primo reato della sentenza n. 2
e quello della sentenza n. 1, distanza che è in ogni caso molto consistente e regge in modo adeguato la motivazione dell’ordinanza impugnata che ha ritenuto la distanza temporale tra i reati fosse nel caso in esame un ostaco riconoscimento della volizione unitaria, in conformità alla giurisprudenza legittimità che considera la distanza temporale tra i reati uno degli indici a da cui ricavare l’esistenza o meno dell’unicità del disegno criminoso ( Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME Rv. 270074 – 01: Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, no diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica del sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto c momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stat programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal f valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati r comunque frutto di determinazione estemporanea).
Il ricorso deduce che l’ordinanza è illegittima anche perché desum l’inesistenza della volizione criminale unitaria anche dalle differenze nelle moda di commissione dei reati, ed, in particolare, dalla circostanza che il reato sentenza n. 1 fosse stato commesso dall’imputato da ·Solo e quelli della senten n. 2 in concorso con altri.
L’argomento è infondato.
Le differenze esistenti nelle caratteristiche delle condotte criminose integrano i reati oggetto dell’istanza – se commessi in forma individuale o insi a correi – rientrano tra gli indici astratti di esistenza di una volizione c unitaria che possono essere, in modo non illogico, essere presi in considerazi dal giudice nel momento in cui decide sul riconoscimento o meno dell’istituto cui all’art. 81, comma 2, cod. pen. (cfr. da ul Sez. 1, Sentenza n. 45894 del 11/09/2024, Guastafierro, n.m.), per cui t caratteristica dei reati oggetto dell’istanza è stata in modo pertinente rich nell’ordinanza impugnata.
Il ricorso deduce che, nel caso oggetto della sentenza n. 1, i correi non emersi, perché al reato è conseguito l’arresto in flagranza dell’imputato nascosti nell’ombra, dietro all’autore materiale del reato di detenzio stupefacente finalizzata allo spaccio, vi sarebbero stati anche altri sogget l’argomento è manifestamente infondato, perchè puramente congetturale, atteso che il ricorso non riferisce da quale parte della sentenza di cognizione si dovr desumere tale circostanza. In quanto argomento meramente congetturale, essole non è in grado di introdurre un vizio nella motivazione del provvediment
impugnato (Sez. 1, n. 17102 del 15/02/2024, Concilio, n.m.; Sez. 2, Sentenza n.
3817 del 09/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278237).
Ne consegue che l’ordinanza impugnata resiste alle censure che le sono state rivolte, e che il ricorso è, nel complesso, infondato.
2. Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17 aprile 2025.