Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45965 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45965 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 13/11/2024
R.G.N. 30723/2024
EVA TOSCANI
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME Martino Fabio nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il 01/04/1987
avverso l’ordinanza del 27/05/2024 della Corte d’appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclsioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso, con requisitoria scritta, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 27 maggio 2024 la Corte di appello di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza presentata da NOME COGNOME per il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati di partecipazione ad associazione di tipo mafioso e detenzione o cessione di stupefacenti commessi dal 2009, con condotta perdurante, e tra il 2009 e il 2010, e quello di cessione di sostanze stupefacenti commesso tra febbraio e marzo 2018, giudicati con due diverse sentenze.
La Corte ha ritenuto non ipotizzabile che, sin dalla commissione del primo reato, l’istante avesse programmato la consumazione di quelli giudicati con la seconda sentenza, per le diverse modalità delle violazioni di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990, in quanto nel primo caso commesse nell’ambito di un’associazione camorristica e coltivando piantagioni di marijuana, e nel secondo caso
consistite in singoli episodi di cessione di sostanze stupefacenti; inoltre la distanza temporale Ł rilevante, risalendo le prime condotte al 2009-2010. Anche se gli episodi commessi nel 2018 costituiscono violazioni omogenee, commesse sempre in relazione al medesimo contesto delinquenziale, non vi sono elementi che dimostrino che anche tali condotte sono state programmate sin dall’inizio dell’adesione all’associazione criminosa.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo, con il quale denuncia la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed lett. e), cod. proc. pen.
La motivazione dell’ordinanza Ł carente, non avendo la Corte di appello tenuto conto della identità del modus operandi , avendo il ricorrente sempre operato nell’ambito del clan COGNOME, capeggiato da suo padre, dell’unicità del contesto territoriale, della natura dello stupefacente trattato, e non avendo adeguatamente valutato il contenuto del provvedimento applicativo della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, emesso in data 13 aprile 2021, dal quale emerge in modo evidente l’esistenza della richiesta continuazione, in quanto l’attività criminosa del ricorrente viene descritta come perdurante per l’intero decennio tra il 2009 e il 2018, e relativa proprio alla violazione della normativa sugli stupefacenti, costituente il core business del clan. Anche la sentenza relativa alla condanna per il delitto associativo evidenzia il protrarsi di tale condotta, secondo il giudice di primo grado, sino a tutta la durata del processo, e il provvedimento applicativo della misura di prevenzione evidenzia sia il permanere dell’interesse del clan nella gestione degli stupefacenti, sia la partecipazione del ricorrente al clan stesso fino al giugno 2018, venendo egli arrestato nel marzo 2019, dopo un lungo periodo di carcerazione preventiva intervenuto tra il 2010 e il 2015.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per la sua genericità e aspecificità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato, e deve essere rigettato.
Il giudice dell’esecuzione si Ł conformato al principio stabilito da questa Corte, secondo cui «il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Esaminando la sussistenza dei possibili elementi indicatori dell’unicità del disegno criminoso l’ordinanza evidenzia, in termini negativi, la totale diversità delle modalità esecutive delle condotte giudicate nelle due diverse sentenze, la loro distanza temporale, e la diversa genesi delle ideazioni delittuose, mancando elementi dai quali dedurre che la commissione, nel 2018, delle ulteriori violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 sia stata programmata al momento della adesione all’associazione criminosa.
Il ricorrente sostiene l’unicità del disegno criminoso per l’identità del contesto in cui i reati di
detenzione o cessione di sostanze stupefacenti sono stati consumati, identità che sarebbe dimostrata dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale applicatagli con provvedimento del 13 aprile 2021, che descrive la sua attività criminosa come perdurante per l’intero decennio tra il 2009 e il 2018, periodo in cui egli sarebbe rimasto sempre affiliato al clan COGNOME, che operava nel traffico di stupefacenti. La sua affermazione non Ł fondata, in quanto detto provvedimento può dimostrare la prosecuzione nel tempo della partecipazione al clan criminoso, e quindi la commissione del delitto di cui all’art. 416 cod. pen., ma non dimostra la originaria programmazione di tutti i reati in materia di detenzione o cessione di sostanze stupefacenti, quali reati-fine dell’associazione stessa, nØ il ricorrente ha offerto elementi in tal senso. Deve ribadirsi, infatti, che secondo questa Corte «¨ ipotizzabile la continuazione tra il reato di partecipazione ad associazione mafiosa e i reati fine, a condizione che il giudice verifichi puntualmente che questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si Ł determinato a fare ingresso nel sodalizio. (In motivazione, la Corte ha aggiunto che, ove si ritenesse sufficiente la programmazione dei reati fine al momento della costituzione del sodalizio, si finirebbe per configurare una sorta di automatismo nel riconoscimento della continuazione e del conseguente beneficio sanzionatorio, in quanto tutti i reati commessi in ambito associativo dovrebbero ritenersi in continuazione con la fattispecie di cui all’art. 416-bis cod. pen.)» (Sez. 1, n. 23818 del 22/06/2020, Rv. 279430).
L’ordinanza impugnata si Ł conformata a tale principio in quanto, pur affermando che i reati in materia di traffico di stupefacenti sono frutto di scelte legate sempre al medesimo contesto delinquenziale, ha evidenziato che «non emergono elementi concreti che consentano di ritenere che fin dal momento di adesione all’associazione il soggetto avesse già enucleato il programma criminoso afferente agli stupefacenti». I reati commessi nel 2018, pertanto, sono stati correttamente ritenuti frutto di decisioni sopravvenute e maturate successivamente all’inizio della partecipazione all’associazione criminosa, stante la loro rilevante distanza temporale da tale inizio, la rilevante diversità delle loro modalità esecutive, e l’assenza di elementi che impongano una valutazione contraria. L’ordinanza Ł priva, pertanto, dei vizi dedotti dal ricorrente.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere respinto, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 13/11/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME