Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9040 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9040 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/03/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette/semti4c le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del dott. NOME COGNOME, Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, con la quale è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Catania, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata nell’interesse di NOME COGNOME, con cui la difesa dello stesso ha chiesto, in opposizione all’ordine di esecuzione emesso dalla Procura generale di Catania, di emettere il provvedimento con il quale si dispone l’esecuzione della condanna inflitta al suddetto con la pronuncia del 9.04.2018 che ricomprende le diverse condanne unificate ex art. 81 cpv. cod. pen.
Avverso detta ordinanza NOME COGNOME, tramite il proprio difensore, propone ricorso per cassazione, deducendo violazione degli artt. 76 cod. pen. e 125 cod. proc. pen., e vizio di motivazione.
Rileva la difesa che: – il riconoscimento della continuazione in executivis rende unica la pena; – il nuovo cumulo non potrà vulnerare il principio affermato dall’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., che definisce efficaci solo la pena o la custodia cautelare espiate dopo la commissione del reato per il quale deve essere eseguita la pena; – la Corte di appello, malgrado l’istanza non contenesse alcun richiamo alla fungibilità della pena senza titolo espiata da COGNOME, ha ritenuto che allo stesso non spettasse un nuovo provvedimento di cumulo in forza del riconoscimento della continuazione; – detta Corte non ha considerato che è solo l’unitarietà della condanna, che rende legittima la domanda di adeguamento del cumulo giuridico alla pena unica inflitta col riconoscimento della continuazione; – al riconoscimento di detta unicità non osta il divieto di fungibilità ex art. 657, comma 4, cod. proc. pen.
Insiste, pertanto, per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, va rigettato.
Il riconoscimento della continuazione tra più reati in sede esecutiva, con la conseguente determinazione di una pena complessiva inferiore a quella risultante dal cumulo materiale, non comporta che la differenza
formatasi possa essere automaticamente imputata alla detenzione da eseguire, operando anche in detta eventualità il disposto dell’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., per cui, a tal fine, vanno computati solo periodi di custodia cautelare sofferta e di pene espiate sine titulo dopo la commissione del reato, e dovendosi conseguentemente scindere il reato continuato nelle singole violazioni che lo compongono (Sez. 1, n. 6072 del 24/05/2017, dep. 2018, Di Perna, Rv. 272101).
La Corte costituzionale con sentenza n. 198 del 2014 ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riguardo al comma 4 dell’art. 657 cod. proc. pen., rilevando che detto sbarramento è imposto dall’esigenza di evitare che l’istituto della fungibilità si risolva in uno stimolo a commettere reati, trasformando il pregresso periodo di carcerazione in una “riserva di impunità”.
Il Giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo dei predetti principi e non è incorso in alcun vizio motivazionale.
Invero, ha rilevato che : – la Corte di appello di Catania con la sentenza del 9/04/2018, divenuta irrevocabile il 16/04/2019, aveva riconosciuto la continuazione tra i reati per cui si procedeva e quelli di cui a due precedenti condanne esecutive (in relazione rispettivamente a delitto associativo commesso nel 1996 e a delitto associativo commesso fino al 2005), aumentando la pena complessiva inflitta per i suddetti reati, pari ad anni 10 e mesi 4 di reclusione, di 1 anno per i fatti di ognuna delle due sentenze irrevocabili, per la pena complessiva di anni 12 e mesi 4 di reclusione; – nell’ordine di esecuzione emesso dalla Procura generale di Catania il 20.04.2019 detta Procura ha determinato la pena da espiare solo per i reati di cui alla menzionata sentenza nella misura di anni 10 e mesi 4 di reclusione, dando atto che la pena rideterminata in continuazione (nella misura di 2 anni) è stata interamente espiata in epoca antecedente alla commissione dei reati di cui a detta sentenza, non essendovi pertanto spazio per eventuale fungibilità della parte di pena adesso divenuta sine titulo; quanto sostenuto dalla difesa, cioè che per effetto della continuazione la pena è divenuta pena unica sicché il provvedimento di cumulo doveva ricomprendere anche le pene inflitte con le precedenti sentenze, contrasta con il disposto normativo di cui all’art. 657, comma 4, cod. proc. pen.; – l’ordine di esecuzione emesso dalla Procura generale è corretto perché, nonostante la riconosciuta continuazione, è comunque ostativo il disposto di cui in ultimo, che prevede che “in ogni caso sono
computate soltanto la custodia cautelare subita e le pene espiate dopo la commissione del reato per cui deve essere determinata la pena da eseguire”.
Al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, GLYPH dicembre 2023.