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Continuazione reati: limiti alla fungibilità della pena

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9040/2024, ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva una revisione del cumulo di pena. Anche se viene riconosciuta la continuazione reati, la pena già scontata prima della commissione dei nuovi delitti non può essere detratta da quella da espiare. La Corte ha ribadito che l’articolo 657, comma 4, del codice di procedura penale serve a impedire che la detenzione pregressa diventi una “riserva di impunità”, confermando la correttezza dell’operato del giudice dell’esecuzione.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Reati e Cumulo Pena: La Cassazione Pone Limiti alla Fungibilità

L’istituto della continuazione reati, previsto dall’art. 81 cpv. del codice penale, rappresenta un importante strumento di mitigazione della pena, consentendo di unificare più violazioni della legge penale sotto un unico disegno criminoso. Tuttavia, i suoi effetti in fase esecutiva non sono illimitati. Con la recente sentenza n. 9040 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il riconoscimento della continuazione non trasforma la pena già espiata in un “credito” spendibile senza limiti, specialmente quando questa è stata scontata prima della commissione dei nuovi reati.

Il Caso: L’Opposizione all’Ordine di Esecuzione

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un condannato che si era opposto a un ordine di esecuzione emesso dalla Procura Generale. In precedenza, la Corte di Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva riconosciuto la continuazione tra i reati oggetto di una nuova condanna e quelli di due precedenti sentenze definitive. Questo aveva portato alla rideterminazione di una pena unica complessiva.

Il problema è sorto quando la Procura ha calcolato la pena residua da espiare. Il condannato sosteneva che, essendo la pena ormai unica, si dovesse tenere conto di tutto il periodo di detenzione già sofferto per le vecchie condanne. La Procura, invece, aveva applicato il limite previsto dall’art. 657, comma 4, del codice di procedura penale, escludendo dal computo la parte di pena che, seppur ricollegata dalla continuazione, era stata interamente espiata in un’epoca antecedente alla commissione dei nuovi fatti.

La Questione Giuridica sulla Continuazione Reati

Il fulcro della questione legale era se l’unitarietà della pena derivante dalla continuazione reati potesse superare il divieto di fungibilità stabilito dall’art. 657, comma 4, c.p.p. Questa norma stabilisce che, ai fini del calcolo della pena da eseguire, si possono computare solo i periodi di custodia cautelare e le pene espiate dopo la commissione del reato per cui si procede.

La difesa del ricorrente argomentava che la creazione di una pena unica rendeva illegittimo scindere nuovamente i reati in fase esecutiva e applicare tale limitazione. In sostanza, si chiedeva che la pena già scontata, anche se antecedente ai nuovi crimini, venisse integralmente detratta dal nuovo totale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e confermando la correttezza dell’operato del giudice dell’esecuzione. I giudici hanno chiarito che il riconoscimento della continuazione in sede esecutiva determina sì una pena complessiva inferiore rispetto al cumulo materiale, ma non annulla i principi che regolano l’esecuzione della pena.

Il principio cardine, richiamato anche dalla Corte Costituzionale, è quello di evitare che l’istituto della fungibilità si trasformi in uno “stimolo a commettere reati”. Permettere a un soggetto di utilizzare un periodo di carcerazione già sofferto come una sorta di “credito” da scontare su pene per reati futuri creerebbe una pericolosa “riserva di impunità”.

Pertanto, anche in presenza di continuazione reati, il disposto dell’art. 657, comma 4, c.p.p. rimane un ostacolo insuperabile. La pena espiata prima della commissione del nuovo reato non può essere utilizzata per ridurre la sanzione per quest’ultimo. Il provvedimento di cumulo deve essere scisso ai fini esecutivi per rispettare questa regola fondamentale, garantendo che ogni pena sia effettivamente correlata ai reati per cui è stata inflitta, nel rispetto della cronologia dei fatti.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro e rigoroso. Le conclusioni che se ne traggono sono di grande importanza pratica: il beneficio della continuazione si manifesta nel calcolo di una pena più mite, ma non si estende fino a creare un’anomala fungibilità retroattiva della pena. Gli operatori del diritto devono quindi considerare che, in fase esecutiva, il momento della commissione dei reati resta un fattore discriminante per determinare quale porzione di pena già scontata possa essere effettivamente detratta. La decisione riafferma la logica del sistema penale, che mira a sanzionare le condotte illecite senza creare meccanismi che possano, anche indirettamente, incentivarle.

Il riconoscimento della continuazione tra reati rende la pena completamente unificata e fungibile?
No, la Cassazione chiarisce che, sebbene la pena sia unificata ai fini del calcolo, i limiti alla fungibilità previsti dall’art. 657, comma 4, del codice di procedura penale restano validi, impedendo di detrarre la pena scontata prima della commissione dei nuovi reati.

La pena scontata per un reato prima della commissione di un nuovo reato può essere detratta dalla nuova pena se viene riconosciuta la continuazione?
No, non può essere detratta. La legge permette di computare soltanto i periodi di custodia cautelare subita e le pene espiate dopo la commissione del reato per cui deve essere determinata la pena da eseguire.

Qual è la ragione principale dietro il limite alla fungibilità della pena in caso di continuazione?
La ragione fondamentale è un’esigenza di politica criminale: evitare che un soggetto possa contare sulla carcerazione già subita come una “riserva di impunità”, che di fatto lo incentiverebbe a commettere nuovi reati sapendo di avere un “credito” di pena da scontare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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