Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22952 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22952 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Massa il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del 22/12/2023 del Gip del Tribunale di Parma; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO, che ha chiesto annullarsi con rinvio il provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME formulava istanza ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., chiedendo al giudice dell’esecuzione di riconoscere il vincolo della continuazione tra i reati giudicati con tre sentenze, due delle quali emesse a seguito di giudizio abbreviato, ed una a seguito di accordo per l’applicazione della pena:
sentenza del Tribunale di Cremona del 17/09/2019, irrevocabile dal 27/10/2019, di applicazione della pena di anni 1 e mesi 8 di reclusione ed C 620 di multa per il reato di cui agli articoli 624 e 625 n. 7 cod. pen., commesso in Casalmaggiore il 16/09/2019;
sentenza del Tribunale di Parma del 17/02/2020, irrevocabile dal 03/11/2020, di condanna alla pena di anni 1 e mesi 10 di reclusione ed C 400 di multa per i reati di cui agli artt. 56, 628, comma secondo, 81, comma primo,
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato.
2. Le doglianze relative alle modalità di individuazione del reato più grave sono infondate, risultando dagli atti che il giudice dell’esecuzione ha prestato ossequio all’orientamento – di recente fatto proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte – in base al quale «ai sensi dell’art. 187 disp. att. cod proc. pen., il giudice dell’esecuzione deve considerare come “pena più grave inflitta”, che identifica la “violazione più grave”, quella concretamente irrogata dal giudice della cognizione siccome indicata nel dispositivo di sentenza» (Sez. U, n. 7029 del 28/09/2023, dep. 2024, Giampà, Rv. 285865-01); in quella stessa pronuncia il massimo consesso nomofilattico ha, altresì, statuito che «In tema di continuazione in sede esecutiva, nel caso di riconoscimento del vincolo tra reati giudicati separatamente con rito abbreviato, fra cui sia compreso un delitto punito con la pena dell’ergastolo per il quale il giudice della cognizione abbia applicato la pena di anni trenta di reclusione, per effetto della diminuente di un terzo ex art. 442, comma 2, terzo periodo, cod. proc. pen. (nel testo vigente sino al 19 aprile 2019), il giudice deve considerare come “pena più grave inflitta” che identifica la “violazione più grave” quella conseguente alla riduzione per il giudizio abbreviato» (Sez. U, n. 7029 del 28/09/2023, dep. 2024, Giampà, Rv. 285865-02).
Dunque, a differenza del giudizio di merito, nel quale per la determinazione della violazione più grave occorre guardare alla astratta pena edittale, in executivis il riferimento è costituito dalla sanzione concretamente applicata, potendosi unicamente «prendere atto della valutazione effettuata dal giudice della cognizione, sicché, per esaminare sentenze o decreti irrevocabili ai fini del concorso formale o della continuazione, ci si deve necessariamente riferire alle pene più gravi che siano state concretamente inflitte» (così, in motivazione, Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, COGNOME, Rv. 255347; in termini anche le motivazioni di Sez. U, n. 28569 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270073: «Mentre nel processo di cognizione l’individuazione della violazione più grave è affidata alla valutazione discrezionale, per quanto vincolata, del giudice, nella fase esecutiva essa, pur a fronte alla cedevolezza, pro reo, del giudicato, non può che incontrare il limite della pena più grave già inflitta. Nell’uno come nell’altro caso, quindi, la pena-base è sempre quella per la violazione più grave, rispettivamente da determinare o già determinata»).
E’, pertanto, incensurabile in questa sede la decisione impugnata nella parte in cui – come peraltro lo stesso odierno ricorrente aveva chiesto nell’istanza che
reclusione ed C 400 (e non C 600, come erroneamente indicato nel provvedimento impugnato) di multa.
Per altro verso, dalle motivazioni del provvedimento impugnato non può trarsi il convincimento che il giudice dell’esecuzione abbia ridotto la misura dell’aumento in considerazione dei riti alternativi con i quali erano stati definiti due ulteriori giudizi (come si è visto, la sentenza sub 1 è stata emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., e quella sub 3 è stata emessa all’esito del rito abbreviato richiesto dal condannato).
In proposito vale ricordare che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, «In tema di riconoscimento della continuazione in executivis, qualora il giudizio relativo al reato satellite sia stato celebrato con il rit abbreviato, l’aumento di pena inflitto in applicazione dell’art. 81 cod. pen., è soggetto alla riduzione premiale di cui all’art. 442 cod. proc. pen., ed il giudice deve specificare in motivazione di aver tenuto conto di tale riduzione, la quale, essendo aritmeticamente predeterminata, non necessita di alcuna motivazione in ordine al quantum. (Fattispecie in cui la Corte, ha annullato, in parte, con rinvio l’ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione, dal cui testo non era possibile accertare se, nella quantificazione dell’aumento della pena ai sensi dell’art. 81 cod. pen., si fosse tenuto conto della riduzione comportata dal rito abbreviato)» (Sez. 1, n. 26269 del 08/04/2021, COGNOME Rita, Rv. 281617).
L’ordinanza impugnata va, dunque, annullata in parte qua, con rinvio al giudice dell’esecuzione del Tribunale di Parma perché, in diversa persona fisica (Corte cost., sent. n. 183 del 9 luglio 2013), provveda a nuovo giudizio, emendando i vizi motivazionali sopra rilevati, nella piena libertà delle proprie valutazioni di merito.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla determinazione della pena, con rinvio per nuovo giudizio al gip del Tribunale di Parma in diversa persona fisica. Rigetta il ricorso nel resto
Così deciso il 30/04/2024
tensore
nello
Il Presidente NOME COGNOME
14 -00 d,
Il
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
P t a
Depositata
Roma, lì
6 ti I u. zu lL FUNZIONAR G! DlZIARIO
582, 585, in relazione all’art. 576, n. 1, cod. pen., commessi in Parma il 04/02/2020;
sentenza del Tribunale di Parma del 23/07/2020, irrevocabile dal 16/10/2021, di condanna alla pena di anni 1 e mesi 2 di reclusione ed C 220 di multa per il reato di cui agli artt. 56, 628, comma primo e comma terzo n. 1), 61 n. 5 cod. pen., commesso in Parma il 14/01/2020.
Chiedeva riconoscersi l’unicità del disegno criminoso, «ritenendosi più grave il reato di cui alla sentenza n. 2» e, individuati quali reati satelliti tutti chiedeva contenersi l’aumento della pena nel minimo.
Il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Parma accoglieva l’istanza e, ritenuto più grave il delitto di tentata rapina aggravata di cui alla sentenza s 2), applicava sulla pena base, indicata in quella di anni 1 e mesi 10 di reclusione ed C 600 di multa, un aumento di mesi 8 di reclusione ed C 400 di multa per il reato oggetto della sentenza sub 1), e di anni 1 di reclusione ed C 150 di multa per il reato oggetto della sentenza sub 3), così rideterminando la pena complessiva in quella di anni 3 e mesi 6 di reclusione, ed C 1.150 di multa.
I difensori del COGNOME hanno presentato in data 08/01/2024 ricorso per cassazione, articolando un unico motivo con il quale contestano l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale, ed il vizio di motivazione del provvedimento impugnato.
Si dolgono del fatto che il giudice, senza tener conto delle pene irrogate in sede di cognizione prima della riduzione per la scelta di riti speciali, individuato la violazione più grave in quella oggetto della sentenza sub 2).
Si dolgono, ancora, del fatto che il giudice dell’esecuzione, pur dando atto nella parte iniziale del provvedimento che all’udienza del 20/12/2023 vi era stato un accordo tra le parti per la quantificazione dell’aumento per continuazione da operare per la sentenza sub 1) («mesi sei di reclusione ed C 400 di multa»), se ne sia poi immotivatamente discostato.
Chiedono, altresì, censurarsi l’erronea ed illegittima quantificazione della pena base: erronea perché la multa inflitta con la sentenza sub 2) è di C 400, e non di C 600 come riportato nel provvedimento impugnato; illegittima perché il giudice dell’esecuzione ha disposto gli aumenti di pena per i reati satellite senza operare la riduzione per il rito alternativo.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, poiché «il giudice dell’esecuzione ha motivato in modo inadeguato e carente le proprie determinazioni».
ha avviato l’incidente di esecuzione – ha considerato reato più grave quello di cui alla sentenza n. 2): dalla lettura delle sentenze risulta, invero, che in quella su 1) è stato recepito l’accordo delle parti, riducendosi per il rito alla pena fin sopra indicata la pena base di anni 2 e mesi 6 di reclusione ed € 930 di multa; in quella sub 2), invece, si è ritenuto più grave il delitto di rapina impropr riducendo per il rito alla pena finale sopra indicata la pena base di anni 2 e mesi 9 di reclusione ed € 600 di multa, già comprensiva dell’aumento per continuazione di un mese per il connesso delitto di lesioni personali.
Il provvedimento impugnato ha, pertanto, prestato ossequio all’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., considerando violazione più grave quella in relazione alla quale il giudice della cognizione ha inflitto la pena più elevata.
3. La doglianza relativa alla pretermissione dell’accordo delle parti è infondata.
Ed invero, il modulo procedimentale previsto dall’art. 188 disp. att. cod. proc. pen. trova applicazione solo quando vengono in considerazione più sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti pronunciate in procedimenti distinti contro la stessa persona (cfr., in termini, Sez. 1, n. 1645 del 12/3/2021, COGNOME, Rv. 281194: «Il disposto di cui all’art. 188 disp. att cod. proc. pen. non opera nel caso in cui l’istanza di applicazione della disciplina del reato continuato riguardi in parte sentenze emesse a seguito d’applicazione della pena su richiesta delle parti e in parte sentenze emesse a seguito di giudizio ordinario»), mentre l’incidente di esecuzione in esame ha ad oggetto una sentenza di applicazione della pena e due sentenze emesse nelle forme del rito abbreviato (cfr. in termini, in fattispecie sovrapponibile a quella odierna, S 1, n. 50719 del 29/09/2023, Primavera, n.m.).
Il caso sottoposto all’odierno vaglio ricade, dunque, nell’ambito della disciplina ordinaria della continuazione e, in primo luogo, nell’alveo della norma di cui all’art. 137, comma 2, disp. att. cod. proc. pen. («La disciplina d concorso formale e del reato continuato è applicabile anche quando concorrono reati per i quali la pena è applicata su richiesta delle parti e altri reati»), sic giudice dell’esecuzione non era tenuto a recepire l’accordo intervenuto tra le parti in relazione a quello che, peraltro, era reato satellite rispetto alla violaz più grave, conservando il potere di determinare l’aumento della pena base sulla base dei criteri stabiliti dall’art. 133 cod. pen.
4. Sono, invece, fondate le residue doglianze.
Sussiste il denunciato errore nella individuazione della pena base: la pena più grave, inflitta con la sentenza sub 2), era invero di anni 1 e mesi 10 d