Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 3392 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 3392 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a LAMEZIA TERME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/03/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, in qualità di difensore di fiducia dell’imputato, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con sentenza del 5 dicembre 2018, emessa a seguito di giudizio abbreviato, il G.U.P. del Tribunale di Catanzaro condannava COGNOME NOME alla pena di anni sette e mesi sei di reclusione in relazione al reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 de 1990 (capo 1); decisione confermata con sentenza della Corte di appello di Catanzaro del 2 ottobre 2020.
Con sentenza del 19 maggio 2022, la Terza Sezione della Corte di cassazione annullava parzialmente la sentenza della Corte di appello, ritenendo fondati i rilievi in ordine al mancato riconoscimento della continuazione tra il delitto associativo e il reato ex art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 di trasporto di stupefacenti di cui al capo 25) giudicato separatamente ed oggetto della sentenza del G.U.P. del Tribunale di Lamezia Terme n. 183 del 20 novembre 2013, con cui era stata applicata la pena di anni tre di reclusione ed euro sedicimila di multa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen..
La Corte di appello, in sede di giudizio di rinvio, ha riconosciuto il vincolo della continuazione fra i reati di cui a tali due sentenze, evidenziando che le operazioni di trasporto di eroina oggetto dell’imputazione da ultimo indicata erano state poste in essere in attuazione del programma messo a punto dalla stabile associazione dedita al narcotraffico, della quale il COGNOME era stato ritenuto un componente organico.
La Corte distrettuale, peraltro, ha rilevato che, in base al certificato del casellari acquisito agli atti ed all’ulteriore documentazione prodotta dal RG. e dal difensore, il reato ex art. 73, comma 1, d.P.R. cit. da ultimo indicato, commesso in data 14 aprile 2013, era stato, in seguito, definitivamente ritenuto avvinto dal vincolo ex art. 81 cod. pen. con altro omogeneo delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. cit., commesso il 14 maggio 2014 ed oggetto della diversa sentenza n. 300 del 2014, emessa ai sensi dall’art. 444 cod. proc. pen. dal Tribunale di Lamezia Terme in data 21 maggio 2014.
Tali ultimi due reati, infatti, erano stati unificati con ordinanza del Tribunale Lamezia Terme, emessa in fase esecutiva e divenuta definitiva, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. in data 27 settembre 2016 e con la quale, in ordine al secondo delitto meno grave oggetto della sentenza n. 300 cit, era stato apportato un aumento pari ad anni uno di reclusione ed euro cinquecento di multa, con conseguente rideterminazione della pena complessiva in anni quattro di reclusione ed euro sedicimilacinquecento di multa (il calcolo era stato così effettuato: pena base per il reato di cui alla sentenza n. 183 di anni tre ed euro sedicimila; aumentata per il reato di cui alla sentenza n. 300 di anni uno ed euro cinquecento).
Il vincolo della continuazione, quindi, è stato riconosciuto tra tutti e tre i reati
Pertanto, nella sentenza impugnata la pena complessiva nei confronti dell’imputato è stata determinata in anni nove e mesi sei di reclusione sulla base del seguente calcolo: pena base per il delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, già considerata la diminuente per la scelta del rito abbreviato di anni sette e mesi sei di reclu sione; aumentata ex art. 81 cod. pen. per il primo reato ex art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 oggetto della sentenza n. 183 ad anni otto e mesi sei di reclusione (già considerata la diminuente per la scelta del rito ex art. 444 cod. proc. pen.); ulteriormente aumentata di anni uno di reclusione per il reato ex art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 di cui alla sentenza n. 300.
Il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 81 cod. pen..
Si deduce che erroneamente il giudice del rinvio non ha disposto la riduzione di un terzo ex art. 444 cod. proc. pen. della pena di anni uno di reclusione inflitta in relazione al reato satellite di cui alla sentenza n. 300, ma ha fissato l’identica pena, nonostante si trattasse di reato ex art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 di minore gravità rispetto all’altra vicenda criminosa unificata in continuazione (detenzione di eroina e reato ex art. 337 cod. pen.).
In tema di riconoscimento della continuazione in executivis, qualora il giudizio relativo al reato satellite sia stato celebrato con il rito abbreviato, l’aumento di pen inflitto in applicazione dell’art. 81 cod. pen. è soggetto alla riduzione premiale di cu all’art. 442 cod. proc. pen. ed il giudice deve specificare in motivazione di aver tenuto conto di tale riduzione, la quale, essendo aritmeticamente predeterminata, non necessita di alcuna motivazione in ordine al quantum. Tale principio opera anche in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti. Il giudice dell’esecuzione, prima di rideterminare la pena per la continuazione tra reati separatamente giudicati con sentenze, ciascuna delle quali per più violazioni già unificate a norma dell’art. 81 cod. pen., deve dapprima scorporare tutti i reati che il giudice della cognizione abbia riunito in continuazione, individuare il più grave e’ solo successivamente, sulla pena come determinata per quest’ultimo dal giudice della cognizione, operare autonomi aumenti per i reati satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione con il rea posto a base del nuovo computo.
Nel caso di specie, l’aumento per il reato di cui alla sentenza n. 300 è stato quantificato in modo illegittimo, senza disporre la riduzione per il rito speciale ex art 444 cod. proc. pen. e senza considerare la qualificazione del fatto nei termini dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 nella misura identifica all’ordinanza di applicazione della continuazione disposta con ordinanza del Tribunale di Lamezia Terme del 27 settembre 2016.
Il ricorso è inammissibile.
Dalla lettura della sentenza impugnata non emergono le violazioni di legge e i vizi motivazionali lamentati dal ricorrente.
La Corte territoriale, in sede di giudizio di rinvio, ha effettuato correttamente i calcolo di pena nei termini seguenti:
pena base per il delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, già considerata la diminuente per la scelta del rito abbreviato, di anni sette e mesi sei di reclusione;
aumentata ex art. 81 cod. pen. per il primo reato ex art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 (e di un reato ex art. 337 cod. pen. non indicato nella sentenza impugnata), di cui alla sentenza n. 183 del G.U.P. del Tribunale di Lamezia Terme del 20 novembre 2013, ad anni otto e mesi sei di reclusione (già considerata la diminuente per la scelta del rito ex art. 444 cod. proc. pen.); al riguardo, è stata esplic tamente considerata la riduzione del rito che, peraltro, è stata di entità significativa stante l’entità originaria pena detentiva, commisurata nel triplo;
ulteriormente aumentata di anni uno di reclusione per il reato ex art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 di cui alla sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. n. 300 del Tribunale di Lamezia Terme del 21 maggio 2014; al riguardo, la mancata indicazione della riduzione per il rito è irrilevante, in quanto l’entità dell’incremento è esattament corrispondente a quella calcolata nell’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. divenuta definitiva. Pertanto, correttamente la Corte di appello, in sede di giudizio di rinvio, non ha rinvenuto ragioni per effettuare un nuovo calcolo in proposito;
pena finale complessiva di anni nove e mesi sei di reclusione.
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non sussistendo ragioni di esonero – al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 28 novembre 2023.