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Continuazione reati e tossicodipendenza: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un Tribunale che negava l’applicazione della continuazione reati tra due rapine commesse in città diverse. Il motivo è la mancata valutazione dello stato di tossicodipendenza del condannato, indicato dalla difesa come elemento unificatore del disegno criminoso. La Suprema Corte ha stabilito che la tossicodipendenza è un fattore cruciale che il giudice dell’esecuzione deve sempre considerare, anche in presenza di distanza geografica tra i crimini.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Reati e Tossicodipendenza: Quando la Dipendenza Unifica il Disegno Criminoso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32136/2025, affronta un tema cruciale nella fase esecutiva della pena: il riconoscimento della continuazione reati per un soggetto tossicodipendente. Questa pronuncia chiarisce l’obbligo per il giudice di valutare attentamente lo stato di dipendenza come potenziale elemento unificante di più crimini, anche se commessi in luoghi e tempi diversi. Analizziamo insieme la vicenda e il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte.

I Fatti di Causa: Il Diniego del Tribunale

Un soggetto, condannato con due distinte sentenze per due rapine, una commessa ad Alassio e l’altra a Torino, presentava un’istanza al Tribunale di Savona, in qualità di giudice dell’esecuzione. L’obiettivo era ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione, sostenendo che entrambi i reati fossero frutto di un medesimo disegno criminoso.

Il Tribunale, tuttavia, respingeva la richiesta. La motivazione principale del diniego si basava sulla notevole distanza geografica tra i luoghi di commissione dei reati, ritenuta un elemento ostativo al riconoscimento di una programmazione unitaria.

Il Ricorso in Cassazione e l’Importanza della Tossicodipendenza

Il condannato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. La difesa sosteneva che il giudice dell’esecuzione non avesse considerato elementi fondamentali:

1. L’identità del titolo di reato (due rapine).
2. L’occasionalità di uno dei reati, commesso durante una vacanza estiva.
3. La condizione di tossicodipendenza del soggetto al momento dei fatti, un elemento che, secondo la difesa, fungeva da vero e proprio collante tra le diverse azioni criminali, finalizzate a procurarsi i mezzi per acquistare sostanze stupefacenti.

Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, a sorpresa, si schierava a favore del ricorrente, chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Le Motivazioni della Cassazione: la Valutazione della Continuazione Reati

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato, annullando l’ordinanza del Tribunale di Savona. Il cuore della decisione risiede nella totale omissione, da parte del giudice di merito, della valutazione dell’argomento difensivo relativo alla tossicodipendenza.

La Suprema Corte ribadisce un principio consolidato nella sua giurisprudenza: in tema di riconoscimento della continuazione reati in sede esecutiva, il giudice viola l’obbligo di motivazione se omette di considerare, o svaluta senza un’adeguata giustificazione, lo stato di tossicodipendenza del condannato, specialmente quando tale condizione è specificamente dedotta e supportata da documentazione.

La Corte chiarisce che la modifica normativa del 2006 (L. n. 49/2006) non ha creato un’ipotesi speciale di continuazione per i soli tossicodipendenti. Piuttosto, ha introdotto un ulteriore parametro che il giudice deve obbligatoriamente considerare nella sua valutazione complessiva. La sussistenza di un unico disegno criminoso deve essere verificata sulla base dei criteri tradizionali, quali:

* L’omogeneità delle violazioni e del bene protetto.
* La contiguità spazio-temporale.
* Le singole causali e le modalità della condotta.
* La sistematicità e le abitudini di vita.

In questo quadro, lo stato di tossicodipendenza, se allegato, diventa un elemento che deve essere ponderato insieme a tutti gli altri indicatori per decidere sull’istanza. Ignorarlo equivale a una motivazione carente o assente.

Le Conclusioni e il Principio di Diritto

In conclusione, la Cassazione annulla l’ordinanza e rinvia il caso al Tribunale di Savona per un nuovo giudizio. Il nuovo giudice dovrà riesaminare l’istanza attenendosi al seguente principio di diritto: la situazione di tossicodipendenza è un elemento che, se allegato, deve essere concretamente valutato nella decisione sull’istanza di applicazione della continuazione reati. Deve essere ponderato insieme agli altri criteri indicatori e agli elementi di fatto ricavabili dalle sentenze di condanna per verificare l’esistenza di un’unica volontà criminosa. La distanza geografica tra i reati non può, da sola, escludere a priori un disegno unitario, soprattutto quando la spinta a delinquere può essere ricondotta a una condizione personale unificante come la dipendenza da sostanze stupefacenti.

Lo stato di tossicodipendenza può giustificare la “continuazione” tra reati commessi in luoghi molto distanti?
Sì. Secondo la sentenza, lo stato di tossicodipendenza, se adeguatamente provato, è un elemento che il giudice deve sempre valutare per stabilire l’esistenza di un unico disegno criminoso, anche se i reati sono stati commessi in luoghi e tempi diversi.

Il giudice può ignorare l’argomento della tossicodipendenza sollevato dalla difesa?
No. La Cassazione afferma che omettere di considerare o svalutare senza adeguata giustificazione lo stato di tossicodipendenza dedotto dalla difesa costituisce un vizio di motivazione che porta all’annullamento del provvedimento.

Cosa deve fare il giudice per valutare correttamente la richiesta di continuazione in caso di tossicodipendenza?
Il giudice deve verificare l’esistenza di un’unica volontà criminosa considerando tutti i criteri ordinari (come tipo di reato, modalità, ecc.) e ponderare lo stato di tossicodipendenza come un ulteriore elemento unificatore, basandosi sugli atti e sulle sentenze di condanna.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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