Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26243 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26243 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Santa Maria a Vico l’ DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza della Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice del’esecuzione, del 26/09/2023 (come corretta con ordinanza dell’08/11/2023) ;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
letta la memoria del difensore AVV_NOTAIO che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la ordinanza in epigrafe (corretta con successivo provvedimento dell’8 novembre 2023) la Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto la domanda di riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, ai sensi dell’art.671 cod. proc. pen., proposta nell’interesse di NOME COGNOME con riferimento ai reati per i quali egli è stato condannato con la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli del 5 febbraio 2014 e con la sentenza della medesima Corte territoriale pronunciata il 9 febbraio 2022, determinando la pena complessiva in anni ventuno e mesi quattro di reclusione, con la riduzione prevista per il rito abbreviato.
In particolare, la Corte territoriale ha individuato come pena base quella di anni diciassette e mesi quattro di reclusione inflitta con la sentenza della Corte di appello di Napoli del 9 febbraio 2022 (già ridotta di un terzo per la scelta del rito abbreviato), aumentata di anni quattro per la continuazione con riferimento ai reati accertati con la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli del 5 febbraio 2014 (anni quattro di reclusione per il reato di cui al capo Ml, e mesi sei per ciascuno dei reati di cui ai capi G,W,D1 e H1, per una pena totale di anni sei di reclusione, poi ridotta di un terzo per il rito abbreviato) pe giungere alla pena finale di anni ventuno e mesi quattro di reclusione.
Avverso la predetta ordinanza NOME COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. co proc. pen., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato con riferimento al trattamento sanzionatorio.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., la violazione degli artt.81 cpv.,78 cod. pen.,442 e 671 del codice di rito ed il relativo vizio di motivazione ed osserva che il giudice dell’esecuzione ha effettuato l’aumento in continuazione dei reati satellite oltrepassando il limite di anni trenta di reclusione fissato dall’art.78 cod. pen., senza considerare che tutti i reati oggetto della richiesta erano stati giudicati con le forme del rito abbreviato.
In sostanza, secondo il condannato, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto effettuare la riduzione di un terzo per la scelta del rito abbreviato sulla pena di
anni trenta (limite massimo stabilito dall’art.78 cod. pen.) e non già sulla complessiva pena inflitta pari ad anni trentadue.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Invero, la giurisprudenza di legittimità ha GLYPH chiarito che «in sede di esecuzione, ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio conseguente al riconoscimento del vincolo della continuazione tra più reati che hanno tutti formato oggetto di giudizio abbreviato, la riduzione di pena conseguente alla scelta del rito opera necessariamente prima del criterio moderatore del cumulo materiale previsto dall’art. 78 cod. pen., in forza del quale la pena della reclusione non può essere superiore ad anni trenta» (Sez. 5, n. 43044 del 4.5.2015, COGNOME, Rv. 265867; Sez. 1, n. 42316 dell’ 11/11/2010, COGNOME, Rv. 249027). Tale soluzione ermeneutica si fonda sulla constatazione dell’eccezionalità della potestà riconosciuta al giudice dell’esecuzione di rideterminare – nelle ipotesi tassativamente previste dal legislatore – la pena applicata con sentenze passate in giudicato.
Inoltre, anche dal testo dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen. si desume che la riduzione di pena ex art. 442, comma 2, cod. proc. pen., in sede di applicazione della disciplina della continuazione di cui all’art. 671 cod. proc. pen. differentemente rispetto a quanto avviene in sede di cognizione – trova il proprio momento attuativo prima dell’applicazione dell’art. 78 cod. pen.
Pertanto, il differente ordine applicativo del criterio moderatore del cumulo materiale, tra la fase di cognizione e quella di esecuzione, trae giustificazione nella diversità di situazioni determinata dall’efficacia preclusiva derivante dal principio dell’intangibilità del giudicato penale (Sez. 1, Sentenza n. 9522 del 14/05/2019, dep. 2020, Rv. 278494 – 01).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 22 aprile 2024.