Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 34694 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 34694 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 04/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/10/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del P.G., in persona del Sostituto Procuratore NOME
COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale locale, in accoglimento del motivo di appello con cui si chiede riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati contestati nel presente procedimento e quelli definiti con sentenza del Gip del Tribunale di Verona in data 5 maggio 2016, irrevocabile il 23 febbraio 2016, ha rideterminato la pena nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui al capo H (detenzione di 389 grammi di hashish corrispondenti a 2.744 dosi medie singole), in aumento ai sensi dell’art. 81 cod. pen., rispetto a quella applicata con la sentenza del Gip del Tribunale di Verona in data 5 maggio 2016, irrevocabile alla data del 23 febbraio 2017.
Avverso la sentenza è stato proposto ricorso nell’interesse di COGNOME affidato a quattro motivi.
2.1. Con il primo si lamenta il vizio di motivazione. Con l’atto di appello era stata contestata non solo l’attribuibilità dell’utenza n. 3207552773 al ricorrente ma anche il travisamento del contenuto dei dialoghi oggetto di intercettazioni oltre che delle dichiarazioni rese dal coimputato COGNOME. La Corte di appello, disposta la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, ha escusso nuovamente l’operante COGNOME e all’esito, ha concluso nel senso della esistenza di indizi gravi, precisi e concordanti quanto all’effettivo uso del telefono in parola da parte dello COGNOME. E’ rimasta, tuttavi silente quanto alle altre obiezioni mosse. Era stato evidenziato l’errore in cui era incorso il primo giudice nell’individuare nell’COGNOME colui il quale, nella conversazione 434 del 16 ottobre 2015 avrebbe affermato di avere “ancora tutto intero”, espressione che è stata riferita allo stupefacente poi sequestrato. Si trattava solo di una ipotes priva di riscontro. L’unico dato certo è il sequestro della sostanza presso l’abitazione di NOME ma non anche che detta droga gli sia stata fornita da NOME. Inoltre, NOME ha riferito all’udienza del 15 febbraio 2021 di non avere mai acquistato droga da NOME ma di aver fatto da intermediario tra costui e il NOME in un paio ‘di occasioni.
2.2. Con il secondo motivo si contesta la contraddittorietà della motivazione e il travisamento delle dichiarazioni rese dal teste NOME. Se è vero che il Tribunale ha assolto COGNOME dal reato di cui al capo I), ossia la fornitura mensile in favore di NOME un chilogrammo di hashish è del pari vero che l’assoluzione ha trovato fondamento nelle stesse dichiarazioni dell’NOME. Detta assoluzione contrasta, tuttavia, con l condanna dello COGNOME per il capo H) ossia la detenzione di 389 grammi di hashish rinvenuti a casa di NOME. Ciò implica una dichiarazione di inattendibilità del teste che contrasta con quanto osservato con riferimento al capo i).
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge in relazione all’art. 81, co. 4 cod. pen. La Corte territoriale accogliendo -l’ultimo motivo di ricorso ha ritenuto i
vincolo della continuazione tra il fatto in contestazione e quello giudicato con sentenza del Gup di Verona del 5 maggio 2016. Nel determinare la pena è stato individuato il reato più grave in quello oggetto della sentenza pronunciata dal Tribunale di Verona avente ad oggetto un maggiore quantitativo di hashish e ha apportato un aumento superiore di ben oltre un terzo della pena esclusivamente richiamando il dettato normativo. Tuttavia, il predetto limite si applica solo nei casi in cui l’imputato recidivo reiterato giusta sentenza definitiva emessa precedentemente alla commissione dei reati per i quali si procede e non anche quando egli sia stato ritenuto recidivo reiterato in relazione agli stessi reati riuniti sotto il vincolo della continuazione del trattamento sanzionatorio si discute. Risulterebbe, dunque, evidente l’errore commesso dato che il Gup del Tribunale di Verona aveva escluso la recidiva in virtù della risalenza nel tempo dei fatti in relazione ai quali l’imputato aveva già riportato condanna per reati della stessa specie.
2.4. Con il quarto motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione. La Corte territoriale si è limitata ad indicare la pena per il reato satellite post continuazione con quella inflitta con la sentenza emessa dal Gup di Verona senza motivare un aumento di siffatta portata con ciò violando il dictunn delle Sezioni Unite di questa Corte (n. 47127 del 24.6.2021).
Il P.G. ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
Il primo motivo è manifestamente infondato in quanto versato in fatto e meramente reiterativo di motivi già dedotti e compiutamente affrontati dalla sentenza impugnata, senza con essa confrontarsi. La Corte territoriale a pag. 5, con motivazione esente da vizi logici e coerente con le emergenze acquisite ha rilevato, alla stregua del primo giudice, che l’utenza n. 3207552773 fosse quella utilizzata dal fornitore dello stupefacente sequestrato ad COGNOME e che l’utilizzatore di quella utenza fosse lo COGNOME. In proposito è stato evidenziato che NOME, subito dopo il sequestro, telefonava al ricorrente, provocando la reazione di quest’ultimo il quale, tra l’altro, nell’occasione, gli rammentava di essere debitore della precedente fornitura. La Corte territoriale, inoltre, ha richiamato le dichiarazioni del teste COGNOME, escuss previa rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, il quale ha confermato che l’utenza n. NUMERO_DOCUMENTO era in uso a COGNOME.
E’ stato precisato, e con ciò il ricorso non si confronta, che in occasione dell’arresto dello COGNOME sono stati rinvenuti nella sua autovettura due telefoni cellulari ben sei sim e nella sua abitazione altri tre cellulari e quattro sim e che grazie al codic IMEI di uno di tali cellulari si è accertato che la sim del numero 3207652773 era stata utilizzata con uno dei cellulari in uso allo COGNOME. Detto elemento è stato valorizzato dai giudici di merito a prescindere dal fatto che detta sim non sia stata rinvenuta nella disponibilità dell’imputato il quale, evidentemente, se ne era disfatto. Il dato emerso veniva posto in correlazione, in maniera coerente, con la compatibilità cronologica dell’uso di tale sim con il cellulare in possesso dell’imputato rispetto ai tempi d commissione del reato. A quanto detto la Corte territoriale ha aggiunto che nel comune di Brugnera e nelle zone limitrofe l’unico cittadino marocchino di nome COGNOME era COGNOME, peraltro già gravato da precedenti in materia di stupefacenti.
A fronte di quanto sopra riportato il ricorso adduce genericamente vizi di motivazione e il travisamento della prova. A tale proposito va ricordato che, in presenza di una doppia conforme, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la stru giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo e le motivazioni dei due provvedimenti si integrano a formare un corpo unico, con il conseguente obbligo per il ricorrente di confrontarsi in maniera puntuale con i contenuti delle due sentenze (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218 – 01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595 – 01; Sez. 1, n. 8868 del 26/6/2000, COGNOME, Rv. 216906 – 01).
Tale confronto è mancato, essendosi il ricorrente limitato, come detto, da un lato a riproporre le doglianze già mosse con l’atto di appello, e dall’altro a svalutare l’attitudine dimostrativa delle conversazioni poste a fondamento dell’affermazione di responsabilità. Il ricorso, dunque, oltre a proporre una non consentita rilettura degli elementi di prova, è reiterativo e, quindi, privo di specificità, poiché non si confront con quanto affermato dai giudici di merito con corretti argomenti logici e giuridici; in ta modo, non adempie alla tipica funzione di una critica argomentata, e pertanto deve considerarsi non specifico.
Il secondo motivo è strettamente collegato al primo e lamenta ancora una volta che non si sarebbe tenuto conto delle dichiarazioni rese da NOME il quale avrebbe escluso di avere acquistato sostanza stupefacente da COGNOME.
Sul punto è opportuno ricordare che «nella motivazione della sentenza il giudice del gravame non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame, dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto
presente ogni fatto decisivo, sicché debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 6 n. 34532 del 22/06/2021, Rv. 281935 01).
L’argomento difensivo secondo cui il contenuto delle conversazioni non era idoneo a fornire certezza che fosse stato COGNOME a fornire la droga è stato ampiamente superato con gli argomenti cui si è fatto richiamo al punto 2, né può proporsi in questa sede una rilettura del contenuto delle intercettazioni. Che poi l’COGNOME, abbia negato di aver ricevuto la droga dal ricorrente e che COGNOME sia stato assolto dal reato di cui al capo i) già dal primo giudice, non è fatto dal quale far discendere la dedotta contraddittorietà della sentenza avuto riguardo alla circostanza che la valutazione espressa dai giudici di merito attiene ad elementi (altri) ritenuti di tale valenza probatoria da non lasciare dubbi in merito alla fornitura dei 400 grammi di hashish mentre ad analoghe conclusioni il primo giudice non era pervenuto con riferimento alla fornitura mensile di un chilogrammo della stessa sostanza e ciò a prescindere dalla attendibilità o meno dell’COGNOME, originario coimputato dell’odierno ricorrente.
Quanto al terzo e al quarto motivo che attengono al trattamento sanzionatorio la difesa lamenta la errata applicazione dell’art. 81, co. 4, cod. pen. e l’eccessivo aumento determinato per effetto dell’applicazione della continuazione.
Il motivo è infondato. La Corte territoriale ha ritenuto di individuare quale reato più grave quello di cui alla sentenza pronunciata dal Tribunale di Verona avente ad oggetto un quantitativo maggiore di sostanza stupefacente detenuta rispetto al quale la recidiva pur in origine contestata, era stata disapplicata. Dunque il richiamo all’art. 81, co. 4, cod. pen. che prevede che l’aumento della quantità di pena apportata in aumento non può essere inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato più grave, non trovava applicazione. Detta norma, pur evocata dalla Corte di appello non è stata applicata e l’averla evocata costituisce, dunque, un errore che può essere emendato senza determinare l’annullamento della sentenza impugnata.
Ed invero, la Corte territoriale, nel determinare la pena in aumento per la continuazione in relazione al reato oggetto del presente procedimento in cui era stata contestata la recidiva reiterata e specifica, ha diffusamente motivato ponendo l’accento sulla gravità del fatto commesso, dei precedenti penali specifici annoverati dal ricorrente e della professionalità mostrata nell’attività illecita ed ha determinato la pena in misura pari ad anni due e mesi quattro di reclusione ed euro 4.000 di multa, ossia in misura comunque inferiore ai valori medi previsti dall’art. 81 cod. pen.
A tanto la Corte territoriale ha proceduto dopo avere respinto il motivo con cui era stato chiesto di disapplicare la recidiva contestata avuto riguardo ai precedenti
giudiziari che confermavano la “inutilità delle pregresse condanne e la maggiore pericolosità sociale dimostrata dall’imputato nella commissione del nuovo reato”.
Al rigetto segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Deciso il 4 luglio 2025
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