Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18763 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18763 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Messina il 04/10/1984
avverso l’ordinanza del 6/12/2024 della Corte d’appello di Messina in funzione di Giudice dell’esecuzione visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere, NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata la Corte di appello di Messina in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha accolto la richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione, ex art. 671 cod. proc. pen., proposta da NOME COGNOME in relazione ai reati giudicati con due sentenze definitive, indicate ai n. 1 (fatti commessi dal 2010 ad agosto 2014) e 2 (fatti commessi il 7 maggio 2014), con rideterminazione della pena irrogata in anni diciannove di reclusione.
Avverso la descritta ordinanza, il condannato ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, con atto del suo difensore, Avv. NOME COGNOME affidandosi ad un unico motivo, con cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione avuto riguardo al meccanismo di determinazione del trattamento sanzionatorio.
Il ricorrente deduce l’eccessività dell’aumento effettuato per i fatti sub 2 e l’illegittimità di esso, considerando il rapporto giuridico e proporzionale sussistente tra le fattispecie delittuose avvinte dal vincolo della continuazione.
Sostiene, inoltre, il ricorrente che la motivazione sia illogica e contraddittoria, poiché viene effettuata una sovrapposizione tra la circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 2 cod. pen. e l’istituto della continuazione.
Invero, il Giudice dell’esecuzione reputa che il tentativo di incendio e la violazione di domicilio siano il risultato di una determinazione criminosa, volta ad irrobustire l’associazione e difenderla, per cui occorre una rigorosa sanzione essendo stati commessi allo scopo di conseguire l’impunità di altro reato.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza, ritenendo la motivazione meramente apparente, avendo la Corte di appello attribuito alla circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 2 cod. pen. una funzione limitatrice degli effetti benefici derivanti dall’unificazione dei reati per la continuazione, senza effettuare un esame complessivo della vicenda criminosa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Questa Corte ha costantemente affermato che il riconoscimento della continuazione in sede esecutiva richiede un’approfondita verifica dei concreti indici, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente la valorizzazione solo di taluno di essi (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01).
A seguito del riconoscimento del vincolo della continuazione, il giudice, nel determinare la pena complessiva, è tenuto ad individuare il reato più grave per stabilire la pena base e poi calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, al fine di consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene (cfr. Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Rv. 282269 – 01).
Nel caso di specie, la Corte di appello di Messina ha fatto buon governo dei principi suesposti, individuando la pena base in quella irrogata per la fattispecie di cui all’art. 74 d. P . R. n. 309 del 1990, aumentata di anni due e mesi sei di
reclusione in relazione ai fatti giudicati dalla sentenza sub 2 dell’ordinanza impugnata.
Nel calcolare l’aumento da irrogare, il Giudice dell’esecuzione ha dato rilevanza alla gravità dei reati divenuti satellite, allo specifico contesto in cui sono stati realizzati, motivando in modo congruo e non manifestamente illogico sull’entità della pena irrogata.
Invero, la motivazione appare esaustiva, poiché si basa sul presupposto che le condotte sub 2 siano ritenute connotate da particolare pericolosità a causa della circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 2 (applicata e non contestata), poiché realizzate allo scopo di difendere l’associazione.
Il riferimento alla circostanza aggravante del nesso teleologico ex art. 61 n. 2 cod. pen., non determina contraddittorietà della motivazione, in quanto la giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere compatibile il vincolo della continuazione con la circostanza in esame, data la diversità dei piani in cui agiscono.
Il primo, infatti, agisce sul piano della riconducibilità di più reati ad un comune programma criminoso, mentre la seconda è caratterizzata dalla strumentalità di un reato rispetto ad un altro (cfr. Sez. 1, n. 46270 del 03/11/2004, Rv. 230188 01).
La Corte di appello, invero, nell’indicare le ragioni dell’entità dell’aumento in relazione alla strumentalità delle condotte satelliti, non è incorsa nel vizio denunciato, rispettando, anzi, il suo onere motivazione rispetto all’operato aumento che, seppure non minimo, appare, dunque, congruamente giustificato.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 23 aprile 2025