Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28171 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28171 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1823/2025 CC – 23/05/2025
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
Ha, quindi, rideterminatola pena unica complessiva per il primo gruppo di sentenze in anni uno, mesi cinque di reclusione ed euro 2.200,00 di multa, per il secondo gruppo di sentenze in anni uno, mesi tre giorni sedici di reclusione ed euro 2.700,00 di multa, infine per il terzo gruppo di sentenze, in mesi sette di reclusione ed euro 160,00 di multa.
Avverso l’ordinanza propone ricorso XXXXXXXX, per il tramite del difensore di fiducia, avv. COGNOME che affida a due motivi.
2.1. Con il primo denuncia la violazione di legge e l’illogicità della motivazione in punto
di mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra tutti i fatti di cui alle indicate sentenze.
Deduce che il Tribunale avrebbe trascurato plurimi elementi, indicati nell’ampio scritto del condannato che aveva chiarito come la genesi della condotta illecita fosse riconducibile alle precarie condizioni di vita che l’avevano portato a delinquere per procurarsi i mezzi di sostentamento. SicchØ – nonostante l’ampio arco temporale di commissione degli illeciti e la loro eterogeneità – si sarebbe dovuto dare maggiore risalto al modus operandi , ai periodi di detenzione patiti e all’esplicita dichiarazione dei motivi a delinquere, nell’abito di una valutazione globale dei reati perpetrati.
Avrebbero potuto essere unificate anche le condotte di resistenza a pubblico ufficiale, essendo evidente che il condannato si era rappresentato anticipatamente ciascuna violazione come atto di opposizione a un suo possibile arresto, a fronte degli illeciti di volta in volta commessi.
Infine, lamenta che sarebbe stata del tutto omessa la valutazione dell’incidenza sulle condotte del pur dedotto e documentato stato di tossicodipendenza.
2.2. Con il secondo motivo denuncia che il Giudice, nel rideterminare la pena unica per i reati di cui al secondo gruppo, avrebbe errato nell’individuazione del reato piø grave in quello di cui alla sentenza n. 15), sanzionato con una pena finale di sei mesi di reclusione ed euro 1.200,00 di multa, mentre per il reato di cui alla sentenza sub 14) era stata applicata la pena finale di otto mesi dieci giorni di reclusione ed euro 1.167,00 di multa.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta depositata in data 12 marzo 2025, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso denuncia censure infondate.
Non Ł superfluo ricordare che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di un’approfondita e rigorosa verifica, onde riscontrare se effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074-01).
L’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, nonchØ la contiguità spazio-temporale degli illeciti, rappresentano solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, seppure indicativi di una determinata scelta delinquenziale, non consentono, di per sØ soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094).
Il riscontro della serie di elementi rilevanti al fine di stabilire l’unicità di disegno criminoso – serie potenzialmente includente le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità delle azioni in rapporto alle abitudini di vita, e ogni altro aspetto in grado di riflettere l’unicità o pluralità delle originarie determinazioni – Ł rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamenti di fatto (Sez. 1, n. 354 del 28/01/1991, COGNOME, Rv. 187740).
Sempre invia di premessa occorre richiamare il principio costantemente affermato in sede di legittimità secondo cui, in tema di riconoscimento della continuazione, l’onere di provare i fatti dai quali dipende l’applicazione dell’istituto Ł da ritenersi soddisfatto non solo con la produzione della copia della sentenza rilevante ai fini del richiesto riconoscimento, ma anche con la semplice indicazione degli estremi di essa, dovendo in tale ipotesi l’acquisizione del documento essere disposta dal giudice, come si ricava dalla previsione
dell’art. 186 disp. att. cod. proc. pen., che espressamente riguarda l’applicazione della continuazione in sede di esecuzione (Sez. 1, n. 36289 del 08/05/2015 Malich, Rv. 265011).
3. Ciò detto, osserva il Collegio che l’ordinanza impugnata ha fatto buon governo degli anzidetti principi e ha dato sintetico, ma argomentato, conto della loro applicazione al caso concreto, evidenziando, in maniera esente da illogicità ed incongruenze, che non era possibile un’unificazione, ai sensi dell’art. 81, secondo comma, cod. pen., di tutti reati – in parte anche di natura eterogenea – siccome commessi in luoghi diversi, a distanza temporale rilevante, infine in circostanze denotanti l’occasionalità e la estemporaneità delle condotte; sicchØ, con motivazione scevra da aporie logiche, ha ritenuto, anche in assenza di specifiche allegazioni della difesa, che gli stessi dovessero essere ascritti a una generica tendenza del ricorrente a porre in essere reati.
Tale motivazione si appalesa perfettamente in linea con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui «in caso di reati commessi a distanza temporale l’uno dell’altro, si deve presumere, salvo prova contraria, che la commissione d’ulteriori fatti, anche analoghi per modalità e nomen juris, non poteva essere progettata specificamente al momento di commissione del fatto originario, e deve quindi negarsi la sussistenza della continuazione» (Cass. Sez. 4, n. 34756 del 17/052012, Madonia, Rv. 253664; Sez. 1, 3747 del 16/01/2009, COGNOME Rv. 242537).
Il Giudice dell’esecuzione, poi, facendo applicazione del principio espresso in sede di legittimità secondo cui l’elevato arco di tempo all’interno del quale sono stati commessi piø reati non esime il giudice dall’onere di verificare se la continuazione possa essere riconosciuta con riferimento a singoli gruppi di reati commessi, all’interno di tale arco, in epoca contigua, tenuto conto degli ulteriori indici rappresentati dalla similare tipologia, dalle singole causali e dalla contiguità spaziale (Sez. 1, n. 7381 del 12/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 276387), Ł pervenuto a una corretta e motivata unificazione per gruppi di sentenze, indicando puntualmente gli elementi che tale parziale unificazione hanno consentito.
NØ vale, al fine di ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra tutti i fatti giudicati, lamentare – come ha fatto il ricorrente – l’omessa valutazione dello status di tossicodipendenza del condannato.
Ricordato, invero, che tale stato, come previsto specificamente dall’art. 671, comma 1, ultima proposizione, cod. proc. pen., deve essere valutato come elemento potenzialmente idoneo a giustificare la preventiva unitaria programmazione, con riguardo a reati che a tale stato siano collegati o da cui siano dipendenti, sempre che sussistano le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la configurabilità dell’istituto previsto dall’art. 81, secondo comma, cod. pen. (Sez. 1, n. 50716 del 07/10/2014, COGNOME, Rv. 261490; Sez. 1, n. 33518 del 07/07/2010, COGNOME, Rv. 248124; Sez. 4, Sentenza n. 33011 del 08/07/2008, COGNOME, Rv. 241005), osserva il Collegio che, nel caso di specie, le deduzioni svolte sul punto, nell’istanza introduttiva dell’incidente di esecuzione come nel ricorso, sono del tutto aspecifiche.
Viene, allora, in rilievo il principio – che qui si condivide e riafferma – secondo cui, in tema di riconoscimento della continuazione in fase esecutiva, non viola l’obbligo di motivazione su circostanza rilevante ai fini della decisione il giudice che non prenda in considerazione lo stato di tossicodipendenza del condannato, che risulti solo genericamente dedotto e non sia accompagnato da alcun elemento che lo renda plausibile e suscettibile di essere considerato, nØ emerga altrimenti dalle sentenze acquisite anche d’ufficio ex art. 186, disp. att. cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 881 del 29/09/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265716 –
Legittimamente, dunque, il Giudice dell’esecuzione, a fronte di una generica allegazione di condizione tossicomanica, non ha riservato a essa alcuna considerazione, motivando il rigetto della domanda sulla base degli altri elementi, effettivamente rilevanti ai fini della decisione, acquisiti in atti e indicati nella motivazione del proprio provvedimento. E tanto in conformità di lezione giurisprudenziale, da ritenersi applicabile anche nel procedimento di esecuzione, secondo la quale una richiesta difensiva che appaia improponibile sia per genericità, sia per manifesta infondatezza non vincola il giudice a motivarne il rifiuto (Sez. 2, n. 49007 del 16/09/2014, lussi, Rv. 261423; Sez. 5, n. 4415 del 05/03/1999, Tedesco, Rv. 213114 Sez. 5, n. 7728 del 17/05/1993, Maiorano, Rv. 194868); e, neppure, ad attivare i poteri istruttori, anche d’ufficio, previsti dall’art. 666, comma 5, cod. proc. pen.
4. Il secondo motivo Ł inammissibile per carenza di un interesse, concreto e attuale, del ricorrente.
Preliminarmente, si osserva che con la sentenza n. 15 (p. 1 provvedimento impugnato) Ł stato giudicato un solo reato,quello di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, con applicazione della pena di un anno e tre mesi di reclusione e 3.000,00 euro di multa, ridotta per il rito di cui all’art. 444 cod. proc. pen. a quella di dieci mesi di reclusione ed euro 2.000,00 euro; con la sentenza n. 14) il ricorrente Ł stato, invece, condannato per piø reati.
Tanto premesso, la difesa assume che il Giudice dell’esecuzione, nell’eseguire la doverosa operazione di scorporo, avrebbe errato nell’individuazione del reato piø grave.
E, tuttavia, osserva il Collegio che – ove la censura fosse fondata – ciò verrebbe a significare che la base da cui il Giudice Ł partito per la rideterminazione della pena unica, risultante dall’avvenuta unificazione ex art 81 cod. pen., sarebbe quella del reato meno grave e, dunque, si tratterebbe di un errore in bonam partem ,alla emenda del quale egli non avrebbe alcun interesse.
Non Ł superfluo, in proposito, ricordare che l’interesse a impugnare Ł subordinato alla presenza di un interesseimmediato, concreto e attualea rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale di cui si contesta la correttezza e a conseguire un’utilità, ossia una decisione dalla quale derivi per il ricorrente un risultato piø vantaggioso.
In Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, Marinaj, Rv. 251694 si Ł efficacemente evidenziato che «nel sistema processuale penale, la nozione di interesse ad impugnare non può essere basata sul concetto di soccombenza – a differenza delle impugnazioni civili che presuppongono un processo di tipo contenzioso, quindi una lite intesa come conflitto di interessi contrapposti – ma va piuttosto individuata in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un’utilità, ossia di una decisione piø vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo». Carenza d’interesse – si Ł spiegato – che può anche essere “sopraggiunta”, come tale intendendosi «la valutazione negativa della persistenza, al momento della decisione, di un interesse all’impugnazione, la cui attualità Ł venuta meno a causa della mutata situazione di fatto o di diritto intervenuta medio tempore, assorbendo la finalità perseguita dall’impugnante, o perchØ la stessa abbia già trovato concreta attuazione, ovvero in quanto abbia perso ogni rilevanza per il superamento del punto controverso».
L’interesse a impugnare deve, dunque, configurarsi in termini d’immediatezza,
concretezza e attualità non solo al momento della proposizione del gravame, ma anche in quello della sua decisione, perchØ questa possa avere un’effettiva incidenza sulla situazione giuridica devoluta. Ciò perchØ la facoltà di attivare i procedimenti di gravame riconosciuta al detenuto non può ritenersi assoluta e indiscriminata, ma Ł subordinata alla presenza di una situazione processuale in forza della quale il provvedimento giurisdizionale risulta idoneo a produrre la lesione della sfera giuridica dell’impugnante – tenuto conto della sua condizione detentiva – e l’eliminazione o la riforma della decisione gravata rende possibile il conseguimento di un risultato vantaggioso. Non può, in altri termini, ammettersi l’esercizio del diritto di impugnazione da parte del detenuto avente di mira la sola correttezza giuridica della decisione, senza che alla posizione processuale del ricorrente derivi alcun risultato pratico favorevole, tenuto conto della sua condizione detentiva.
Come anticipato, nel caso in esame il ricorrente denuncia un ipotetico errore, la cui correzione determinerebbe un risultato tutt’altro che favorevole.
Per le ragioni sin qui espresse il ricorso, che denuncia motivi in parte infondati e in parte inammissibili, dev’essere complessivamente rigettato, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione del presente provvedimento si ometteranno le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d. lgs. 196 del 2003, in quanto imposto dalla legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 23/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
EVA TOSCANI