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Continuazione reati: Cassazione rigida sui requisiti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19900/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso per il riconoscimento della continuazione reati. La Corte ha ribadito che, in assenza di omogeneità tra i delitti e di una chiara e unica progettualità criminale iniziale, non è possibile applicare l’istituto, specialmente per reati legati a organizzazioni criminali.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Reati: Quando il Legame tra i Crimini non Basta

L’istituto della continuazione reati rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, consentendo di mitigare la pena per chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, i requisiti per il suo riconoscimento sono rigorosi, come sottolineato dalla Corte di Cassazione Penale nell’ordinanza n. 19900 del 2024. Con questa decisione, la Suprema Corte ha respinto un ricorso, chiarendo che la semplice appartenenza a un’organizzazione criminale non è sufficiente a provare l’unicità del progetto delittuoso.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto condannato con due sentenze irrevocabili. L’interessato aveva richiesto alla Corte di Appello di riconoscere il vincolo della continuazione tra i reati giudicati, ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale, al fine di ottenere una rideterminazione della pena complessiva in senso più favorevole. La Corte territoriale, tuttavia, aveva rigettato l’istanza, rilevando una sostanziale eterogeneità tra i delitti commessi. Secondo i giudici di merito, non emergeva dagli atti alcun elemento concreto che potesse far ritenere i due reati come parte di un’unica e iniziale progettualità criminale.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla continuazione reati

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno confermato l’orientamento della Corte di Appello, ribadendo che le ipotesi di reato in esame non presentavano le caratteristiche di omogeneità necessarie né potevano essere ricondotte, neanche in astratto, a una preordinazione criminosa unitaria. La decisione si fonda sulla mancanza di prove concrete di un progetto criminale concepito ab origine e che abbia poi trovato attuazione nei diversi episodi delittuosi.

Le Motivazioni: Oltre la Semplice Appartenenza a un’Organizzazione

Il cuore della pronuncia risiede nella rigorosa interpretazione dei presupposti per la continuazione reati, specialmente quando i crimini sono collegati a contesti di criminalità organizzata. La Corte ha chiarito che non è sufficiente un generico riferimento alla tipologia dei reati o a un’astratta omogeneità delle condotte. Al contrario, è necessaria una indagine specifica e approfondita che vada a verificare:

* La natura dei sodalizi criminali: Analizzare la struttura e gli scopi delle organizzazioni coinvolte.
* La loro concreta operatività: Valutare come le organizzazioni agivano nel concreto.
* La loro continuità nel tempo: Stabilire se vi fosse una persistenza dell’attività criminale.

Solo attraverso questa analisi dettagliata è possibile accertare l’unicità del momento deliberativo iniziale e la sua successiva e progressiva attuazione. In altre parole, il condannato deve dimostrare che tutti i reati commessi erano già previsti, almeno nelle loro linee essenziali, fin dal principio, come tappe di un unico piano. Nel caso di specie, tale prova non è stata fornita, rendendo il ricorso privo di fondamento.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la continuazione reati

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale: per ottenere il beneficio della continuazione reati in fase esecutiva, il richiedente ha un onere della prova particolarmente stringente. Non basta affermare l’esistenza di un legame tra i crimini; è indispensabile fornire elementi specifici che dimostrino un’unica progettualità iniziale. Questa decisione assume particolare rilevanza nei processi legati alla criminalità organizzata, dove la pluralità di reati è una caratteristica intrinseca. La Corte di Cassazione, con questa pronuncia, impone ai giudici di merito un’analisi accurata e fattuale, evitando automatismi e garantendo che l’istituto della continuazione sia applicato solo quando sussistono effettivamente i suoi presupposti sostanziali. Di conseguenza, il ricorrente, vedendosi dichiarare inammissibile il ricorso, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Quando è possibile chiedere il riconoscimento della continuazione tra reati?
La continuazione può essere richiesta quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando erano stati programmati in modo unitario fin dall’inizio. La richiesta può essere avanzata anche in fase esecutiva, dopo la condanna definitiva, ai sensi dell’art. 671 c.p.p.

È sufficiente che i reati siano legati all’appartenenza a una stessa organizzazione criminale per ottenere la continuazione?
No, secondo la Corte di Cassazione non è sufficiente. È necessaria un’indagine specifica sulla natura, operatività e continuità nel tempo del sodalizio per accertare l’unicità del momento deliberativo e la sua successiva attuazione. Il solo collegamento con un’organizzazione non prova automaticamente l’esistenza di un unico disegno criminoso.

Cosa succede se il ricorso per la continuazione viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, come nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, se non vi sono cause di esonero, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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