Continuazione Reati: Quando il Legame tra i Crimini non Basta
L’istituto della continuazione reati rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, consentendo di mitigare la pena per chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, i requisiti per il suo riconoscimento sono rigorosi, come sottolineato dalla Corte di Cassazione Penale nell’ordinanza n. 19900 del 2024. Con questa decisione, la Suprema Corte ha respinto un ricorso, chiarendo che la semplice appartenenza a un’organizzazione criminale non è sufficiente a provare l’unicità del progetto delittuoso.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto condannato con due sentenze irrevocabili. L’interessato aveva richiesto alla Corte di Appello di riconoscere il vincolo della continuazione tra i reati giudicati, ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale, al fine di ottenere una rideterminazione della pena complessiva in senso più favorevole. La Corte territoriale, tuttavia, aveva rigettato l’istanza, rilevando una sostanziale eterogeneità tra i delitti commessi. Secondo i giudici di merito, non emergeva dagli atti alcun elemento concreto che potesse far ritenere i due reati come parte di un’unica e iniziale progettualità criminale.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla continuazione reati
Investita della questione, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno confermato l’orientamento della Corte di Appello, ribadendo che le ipotesi di reato in esame non presentavano le caratteristiche di omogeneità necessarie né potevano essere ricondotte, neanche in astratto, a una preordinazione criminosa unitaria. La decisione si fonda sulla mancanza di prove concrete di un progetto criminale concepito ab origine e che abbia poi trovato attuazione nei diversi episodi delittuosi.
Le Motivazioni: Oltre la Semplice Appartenenza a un’Organizzazione
Il cuore della pronuncia risiede nella rigorosa interpretazione dei presupposti per la continuazione reati, specialmente quando i crimini sono collegati a contesti di criminalità organizzata. La Corte ha chiarito che non è sufficiente un generico riferimento alla tipologia dei reati o a un’astratta omogeneità delle condotte. Al contrario, è necessaria una indagine specifica e approfondita che vada a verificare:
* La natura dei sodalizi criminali: Analizzare la struttura e gli scopi delle organizzazioni coinvolte.
* La loro concreta operatività: Valutare come le organizzazioni agivano nel concreto.
* La loro continuità nel tempo: Stabilire se vi fosse una persistenza dell’attività criminale.
Solo attraverso questa analisi dettagliata è possibile accertare l’unicità del momento deliberativo iniziale e la sua successiva e progressiva attuazione. In altre parole, il condannato deve dimostrare che tutti i reati commessi erano già previsti, almeno nelle loro linee essenziali, fin dal principio, come tappe di un unico piano. Nel caso di specie, tale prova non è stata fornita, rendendo il ricorso privo di fondamento.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la continuazione reati
L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale: per ottenere il beneficio della continuazione reati in fase esecutiva, il richiedente ha un onere della prova particolarmente stringente. Non basta affermare l’esistenza di un legame tra i crimini; è indispensabile fornire elementi specifici che dimostrino un’unica progettualità iniziale. Questa decisione assume particolare rilevanza nei processi legati alla criminalità organizzata, dove la pluralità di reati è una caratteristica intrinseca. La Corte di Cassazione, con questa pronuncia, impone ai giudici di merito un’analisi accurata e fattuale, evitando automatismi e garantendo che l’istituto della continuazione sia applicato solo quando sussistono effettivamente i suoi presupposti sostanziali. Di conseguenza, il ricorrente, vedendosi dichiarare inammissibile il ricorso, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Quando è possibile chiedere il riconoscimento della continuazione tra reati?
La continuazione può essere richiesta quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando erano stati programmati in modo unitario fin dall’inizio. La richiesta può essere avanzata anche in fase esecutiva, dopo la condanna definitiva, ai sensi dell’art. 671 c.p.p.
È sufficiente che i reati siano legati all’appartenenza a una stessa organizzazione criminale per ottenere la continuazione?
No, secondo la Corte di Cassazione non è sufficiente. È necessaria un’indagine specifica sulla natura, operatività e continuità nel tempo del sodalizio per accertare l’unicità del momento deliberativo e la sua successiva attuazione. Il solo collegamento con un’organizzazione non prova automaticamente l’esistenza di un unico disegno criminoso.
Cosa succede se il ricorso per la continuazione viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, come nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, se non vi sono cause di esonero, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19900 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19900 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SAN PROCOPIO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/01/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 9 gennaio 2024, con la quale la Corte di appello di Reggio Calabria rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME, finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati giudicati dalle sentenze irrevocabili di cui ai punti 1 e 2 del provvedimento impugnato.
Ritenuto che le ipotesi di reato di cui si assumeva la continuazione non risultavano tra loro omogenee sul piano esecutivo e non erano riconducibili, neppure astrattamente, a una preordinazione criminosa, tenuto conto dell’eterogeneità esecutiva dei due delitti commessi da NOME COGNOME, resa evidente dal fatto che non risultava «in atti alcun concreto e specifico elemento che consenta di ritenere avvinti da un’unica progettualità iniziale i due reati […l».
Ritenuto che laddove il vincolo della continuazione sia invocato in sede esecutiva con riferimento a una pluralità di reati, collegati a un’organizzazione, analogamente al caso di COGNOME, non è sufficiente il riferimento alla tipologia dei reati e all’astratta omogeneità delle condotte, svincolata dalle emergenze processuali, occorrendo «una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, al fine di accertare l’unicità del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto ad una pluralità di organizzazioni ovvero ad una medesima organizzazione» (Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, COGNOME, Rv. 271569 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 aprile 2024.