Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20909 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20909 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOMECOGNOME nato a Torre del Greco il 10/10/1974
avverso l’ordinanza della Corte d’Assise d’Appello di Napoli del 23/12/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 23.12.2024, la Corte d’Assise d’Appello di Napoli , in funzione di giudice dell’esecuzione, ha provveduto su una istanza di NOME COGNOME di applicazione della continuazione ai reati oggetto delle seguenti cinque sentenze di condanna:
sentenza della Corte di Appello di Napoli del 15/10/2015, irrevocabile il 17/10/2017, di condanna alla pena di diciotto anni di reclusione per il reato di cui all’art. 416 -bis cod. pen. -partecipazione al clan COGNOME fino al maggio 2009 e partecipazione al clan degli scissionisti dal maggio 2009 con condotta perdurante
-e per il reato di cui agli artt. 10, 12 e 14 L. n. 497 del 1974, commesso il 21/8/2009;
sentenza della Corte di Appello di Napoli del 24/6/2014, irrevocabile il 4/3/2016, di condanna alla pena di cinque anni e otto mesi di reclusione e 1.000 euro di multa per il reato di cui agli artt. 629, comma 2, cod. pen., 7 L. n. 203 del 1991, commess o nell’estate del 2009;
sentenza della Corte d’Appello di Napoli del 2/3/2017, irrevocabile il 15/7/2017, di condanna alla pena di nove mesi di reclusione e 100 euro di multa per il reato di cui agli artt. 612, comma 2, cod. pen., 7 L. n. 203 del 1991, commesso il 25/6/2009;
sentenza della Corte di Appello di Napoli dell’8/4/2014, irrevocabile il 14/12/2015, di condanna alla pena di sette anni di reclusione e 1.500 euro di multa per i reati di cui agli artt. 629, comma 2, cod. pen., 7 L. n. 203 del 1991, commessi in epoca prossima a giugno del 2009 e in epoca successiva all’estate del 2009;
sentenza della Corte di Appello di Napoli del 10/12/2013, irrevocabile l’11/3/2015, di condanna alla pena di cinque anni e sei mesi di reclusione per il reato di cui agli artt. 610 cod. pen., 7 L. n. 203 del 1991, commesso tra il settembre e l’ottobre del 2009, e per il reato di cui agli artt. 611 cod. pen., 7 L. n. 203 del 1991, in epoca anteriore e prossima all’agosto del 2010.
L’ordinanza premette che la difesa del condannato ha sostenuto che i reati costituiscono manifestazione dell’adesione di COGNOME alla associazione di stampo camorristico c.d. degli scissionisti, in quanto le estorsioni in danno degli operatori economici rie ntravano nell”oggetto sociale’ del clan; sicché si può dire che COGNOME avesse, sin dalla costituzione del nuovo gruppo, programmato la commissione delle azioni estorsive. Anche le condotte di minaccia e di violenza privata erano l’espressione di un medesi mo disegno criminoso, volto ad affermare la prevalenza del sodalizio di nuova formazione.
La Corte d’Assise d’Appello considera , al riguardo, che:
-per l’estorsione (capo V) di cui alla sentenza sub 2), il reato, al di là delle sue modalità camorristiche, fu gestito da COGNOME in autonomia e in modo del tutto scollegato rispetto alla complessiva azione estorsiva imposta dai c.d. scissionisti a coloro che erano già prima taglieggiati dal clan COGNOME;
per le estorsioni (capi F e G) di cui alla sentenza sub 4), ricorrono circostanze indicative del fatto che le azioni estorsive del nuovo clan erano espressione di un ‘adattamento tattico’ degli interessi del sodalizio alle mutate contingenze;
per le minacce oggetto della sentenza sub 3), si tratta di episodi occasionali, come desumibile dalla dinamica dei fatti;
– per i reati di cui alla sentenza sub 5), si tratta di condotte riconducibili alla esasperazione dei rapporti tra COGNOME e la persona offesa e non a circostanze collegate alla volontà della vittima di non aderire alla nuova compagine criminale.
Di conseguenza, l’istanza viene rigettata, in quanto la mera contiguità temporale e territoriale e la comune matrice camorristica dei reati non bastano in difetto di altri elementi: il generico programma di un’organizzazione criminale per commettere reati e anche il mero rapporto di strumentalità dei reati-fine rispetto al rafforzamento della cosca non sono sufficienti per il riconoscimento della continuazione.
2. Avverso la predetta ordinanza, ha presentato ricorso il difensore di COGNOME articolando un unico motivo, con cui deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., l’ erronea applicazione degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., nonché il vizio di motivazione.
Lamenta che la motivazione sia contraddittoria, perché ha riconosciuto una matrice camorristica ai reati, ma, al contempo, ha negato l’unicità della causale a fondamento delle azioni delittuose, ‘ovvero l’adesione alla associazione camorristica cd. degli s cissionisti’.
La Corte d’Assise di Appello non ha valutato che COGNOME è stato condannato per avere ricoperto un ruolo apicale nell’associazione dei c.d. scissionisti, che aveva il programma di commettere una serie indeterminata di delitti contro il patrimonio, tra cui attività estorsive nei confronti di imprese e commercianti. Anche le azioni ritorsive poste in essere dal ricorrente ai danni di COGNOME NOME e COGNOME NOME non erano affatto contingenti, in quanto finalizzate all’acquisizione del dominio territoriale a discapito di coloro che facevano parte dell’associazione di provenienza da cui era nata la scissione.
Le stesse sentenze di merito hanno riconosciuto la riconducibilità delle minacce (aggravate ex art. 7 L. n. 203 del 1991) di cui alla sentenza sub 3) al conflitto tra opposte fazioni camorristiche, tanto è vero che è stata applicata già in sede di cognizione la continuazione con la estorsione di cui alla sentenza sub 2). E comunque le stesse sentenze sub 2) e 4) riconoscevano la continuazione interna tra estorsioni.
Anche per i reati di cui alla sentenza sub 5), la motivazione del giudice dell’esecuzione è contraddittoria e mancante, perché li riconduce ad una non meglio specificata ‘esasperazione’ dei rapporti personali, benché la sentenza di cognizione avesse indivi duato la causale nell’isolamento dei componenti del gruppo avverso agli scissionisti.
La Corte d’Assise di Appello, quindi, non ha fatto applicazione dei principi affermati in punto di verifica degli elementi sintomatici della continuazione, nonostante la contiguità spaziale e temporale dei reati, la loro omogeneità,
l’identità delle modalità esecutive e l’unica causale ovvero l’affermazione sul territorio degli scissionisti -che li sorreggeva.
Con requisitoria scritta trasmessa il 18.2.2025, il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, osservando che le doglianze difensive consistono in una inammissibile contestazione nel merito della valutazione del giudice dell’esecuzione, del tutto immune da aporie logiche o da palesi travisamenti degli elementi istruttori.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
È utile premettere che, in tema di continuazione, l’accertamento del requisito della unicità del disegno criminoso costituisce una questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito, il cui apprezzamento è sindacabile in sede di legittimità solo ove non sia sorretto da adeguata motivazione (Sez. 1, n. 12936 del 3/12/2018 , dep. 2019, COGNOME, Rv. 275222 -01).
Ciò detto, la continuazione tra il reato di partecipazione ad associazione mafiosa e i reati-fine è ipotizzabile a condizione che il giudice verifichi puntualmente che questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si è determinato a fare ingresso nel sodalizio (Sez. 1, n. 23818 del 22/6/2020, Toscano, Rv. 279430 -01; Sez. 1, n. 1534 del 9/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271984 -01).
Ma non è configurabile la continuazione tra il reato associativo e quei reatifine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed essendo finalizzati al suo rafforzamento, non erano programmabili “ab origine” perché legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali o, comunque, non immaginabili al momento iniziale dell’associazione (Sez. 6, n. 13085 del 3/10/2013, dep. 2014, COGNOME e altri, Rv. 259481 -01; Sez . 5, n. 54509 dell’8/10/2018, Lo Giudice, Rv. 275334 -02; Sez. 6, n. 4680 del 20/1/2021, Raiano, Rv. 280595 -01).
Tanto premesso, deve ritenersi che la motivazione dell’ordinanza impugnata abbia fatto corretta applicazione dei principi sopra richiamati, per giungere ad escludere che i reati oggetto delle sentenze di condanna indicate nell’istanza difensiva siano stati commessi da COGNOME in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.
In particolare, la Corte d’Assise d’Appello di Napoli confuta adeguatamente la prospettazione difensiva secondo cui a fare da collante dei vari episodi delittuosi è
il contesto camorristico dell’associazione c.d. degli scissionisti, d ella il ricorrente era un esponente di spicco con il programma di compiere una serie indeterminata di delitti contro il patrimonio.
Quanto all’estorsione di cui alla sentenza sub B), il giudice dell’esecuzione adduce ragioni congrue circa il fatto che si trattasse di una iniziativa sostanzialmente autonoma di COGNOME ai danni di un imprenditore che prima non pagava al clan COGNOME (la uccisione del cui capo aveva segnato l’ascesa del gruppo dei c.d. scissionisti) , sicché l’episodio sfugge all’argomentazione difensiva secondo cui gli scissionisti avevano il disegno di sostituirsi sul territorio al clan dal quale erano fuoriusciti nel taglieggiamento degli operatori economici ed è riconducibile piuttosto ad una gestione individuale di COGNOME svincolata dalle logiche associative.
Quanto alle estorsioni di cui alla sentenza sub D), il giudice dell’esecuzione esclude la continuazione sulla base della ricostruzione del fatto ricavato dalla sentenza di condanna, da cui ritiene di potere concludere che la condotta delittuosa fu conseguenza di un adattamento alle mutate contingenze di quella fase successiva alla scissione e che, perciò, non era suscettibile di essere stata già deliberata al momento della costituzione della nuova associazione.
Quanto alla minaccia aggravata di cui alla sentenza sub C), il giudice dell’esecuzione sottolinea il carattere occasionale del fatto, avvenuto mentre COGNOME e altri, passando sotto casa di COGNOME NOME dopo una spedizione nella zona portuale per intimidire gli operatori economici, videro lo stesso COGNOME e COGNOME Filippo affacciati al terrazzo di casa e rivolsero loro minacce.
Quanto alle minacce di cui alla sentenza sub E), il giudice dell’esecuzione le associa sostanzialmente ad un risentimento personale di COGNOME nei confronti di COGNOME NOME per non essere passato con il gruppo degli scissionisti, evenienza, questa, non prevedibile.
A fronte di tale motivazione, il ricorso ne denuncia la contraddittorietà, sulla base della considerazione che l’ordinanza, pur riconoscendo la comune matrice camorristica dei reati in questione, ne abbia poi escluso la riconducibilità all’associazione dei c.d. scissionisti e al suo programma criminoso, nonostante la contiguità spazio-temporale delle condotte e la omogeneità tipologica dei reati.
Tuttavia, la doglianza non tiene conto del fatto che la commissione di reati nel contesto di fondo di un’organizzazione di stampo mafioso non determina una sorta di automatismo nel riconoscimento della continuazione, per la quale resta comunque necessario un disegno criminoso, che non è identificabile nel programma dell’associazione, ma è piuttosto la ideazione e la deliberazione di una serie di reati da compiere.
La finalità ultima collegata ai reati commessi in ambito associativo può contribuire a provare il disegno criminoso, ma è esterna ai reati stessi e non lo
integra da sola. La commissione dei reati-fine nell’interesse del sodalizio mafioso è un elemento di non univoca valenza, ben potendo la relativa deliberazione criminosa essere maturata successivamente alla costituzione all’associazione o all’adesione ad e ssa del singolo partecipe. È necessario, dunque, che l’associazione e i reati ulteriori siano contemporaneamente ideati e deliberati nella loro tendenziale specificità.
Conseguentemente, la motivazione del la Corte d’Assise d’Appello di Napoli dell’esecuzione non è affatto contraddittoria quando ritiene, in definitiva, che le azioni delittuose in questione furono conseguenza di decisioni operative attuate di volta in volta a seconda delle situazioni concrete contingenti e non prevedibili nella loro singolarità.
Alla luce di quanto fin qui osservato, dunque, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19.3.2025