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Continuazione reati associativi: la Cassazione spiega

Un soggetto, condannato con due sentenze separate per associazione a delinquere di tipo mafioso e per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, ha richiesto l’unificazione delle pene sotto il vincolo della continuazione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. Ha stabilito che per la continuazione tra reati associativi non basta la somiglianza dei reati o la vicinanza temporale e geografica, ma è necessaria una prova rigorosa di un unico progetto delinquenziale, distinguendolo da una mera scelta di vita dedita a commettere illeciti.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Reati Associativi: Quando la Scelta di Vita Prevale sul Progetto Unico

L’istituto della continuazione reati associativi è un tema complesso nel diritto penale, specialmente quando si tratta di unire pene derivanti da condanne per diversi sodalizi criminosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui criteri rigorosi che il giudice deve seguire, distinguendo tra un singolo progetto delinquenziale e una generica propensione al crimine. Analizziamo insieme la decisione per capire quando è possibile applicare questo beneficio.

I Fatti del Caso: Due Condanne per Sodalizi Diversi

Il caso riguarda un individuo condannato con due sentenze definitive per due distinti reati associativi:
1. Associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/1990), per fatti commessi tra il 2005 e il 2019.
2. Associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), per condotte realizzate a partire dal 2005.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato un’istanza al Giudice dell’esecuzione chiedendo di unificare le due pene sotto il vincolo della continuazione, ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale. La tesi difensiva sosteneva che si trattasse, in sostanza, del medesimo fenomeno associativo, sebbene giudicato in due processi separati.

La Corte d’Appello di Bari, in qualità di Giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte: la Continuazione tra Reati Associativi non è Automatica

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, confermando pienamente la decisione della Corte territoriale. I giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato: per riconoscere la continuazione reati associativi non è sufficiente una valutazione superficiale basata sulla natura permanente del reato o sulla somiglianza delle condotte criminose.

È necessario, invece, un esame molto più approfondito e specifico che vada al cuore della natura e dell’operatività delle diverse associazioni criminali.

Le Motivazioni: Oltre la Contiguità Geografica e Temporale

La Corte ha spiegato che, per poter ritenere esistente un unico disegno criminoso tra diverse partecipazioni a sodalizi criminali, il giudice deve condurre un’indagine dettagliata su più fronti:

* Natura delle associazioni: Bisogna analizzare le caratteristiche specifiche di ciascun gruppo criminale.
* Concreta operatività: È fondamentale esaminare come le associazioni agivano nella pratica.
* Continuità nel tempo: Va verificata la loro durata e la loro stabilità.
* Programmi operativi: Si devono confrontare gli obiettivi e le finalità che i sodalizi si prefiggevano.
* Tipologia dei membri: È rilevante anche la composizione delle compagini criminali.

Secondo la Cassazione, la semplice contiguità geografica e cronologica, così come l’omogeneità dei reati-scopo, non sono elementi di per sé decisivi. Le modalità concrete con cui i delitti vengono commessi possono essere, infatti, l’espressione di una scelta di vita orientata alla sistematica consumazione di illeciti, piuttosto che l’attuazione di un preventivo e unitario progetto delinquenziale. Nel caso specifico, il giudice dell’esecuzione aveva svolto un’analisi approfondita dei fatti delittuosi (quaestio facti), delle loro cause e delle modalità esecutive, giungendo a conclusioni logiche che non potevano essere rimesse in discussione in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La pronuncia in esame offre un’importante lezione pratica: chi invoca l’applicazione della continuazione tra reati associativi ha l’onere di dimostrare, con elementi concreti, che la partecipazione a diversi sodalizi criminosi era parte di un unico piano ideato sin dall’inizio. Non basta affermare che i reati sono simili o sono stati commessi in un arco temporale e in un’area geografica vicini. La decisione sottolinea la discrezionalità del giudice dell’esecuzione nell’analizzare i fatti e il suo dovere di andare oltre le apparenze, per accertare se dietro le diverse condotte vi sia un’unica regia criminale o, al contrario, una più generale e non pianificata inclinazione a delinquere.

Cosa è necessario per ottenere la continuazione tra reati associativi?
Non è sufficiente la somiglianza dei reati o la vicinanza temporale e geografica. È necessaria un’indagine specifica sulla natura delle associazioni, la loro operatività, i programmi, la continuità nel tempo e la composizione, per provare che derivano da un unico progetto delinquenziale.

La vicinanza nel tempo e nello spazio di due reati associativi basta per la continuazione?
No. Secondo la Corte, questi elementi non sono sufficienti. Le condotte potrebbero essere sintomatiche di una scelta di vita dedita al crimine piuttosto che dell’attuazione di un singolo piano prestabilito.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti per concedere la continuazione?
No. L’analisi approfondita dei fatti delittuosi, della loro origine e delle modalità di esecuzione (la cosiddetta quaestio facti) è di competenza del giudice dell’esecuzione. La Corte di Cassazione non può rimettere in discussione tale analisi se è basata su argomenti logici e coerenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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