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Continuazione reati: annullata ordinanza restrittiva

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un Tribunale che negava il riconoscimento della continuazione reati a un individuo condannato per furti simili. La Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale insufficiente e illogica, soprattutto perché un co-imputato aveva ottenuto il beneficio per gli stessi fatti. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame che dovrà valutare più approfonditamente la sussistenza di un unico disegno criminoso.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Reati: Quando l’Abitualità non Basta a Negarla

L’istituto della continuazione reati rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, volto a mitigare il trattamento punitivo per chi commette più illeciti sotto l’egida di un unico piano criminale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 17483/2025) ha riaffermato i principi fondamentali per il suo riconoscimento, annullando una decisione che si era limitata a etichettare i reati come semplice ‘abitualità criminale’ senza un’analisi approfondita. Questo caso offre spunti cruciali su come il giudice deve valutare la sussistenza di un medesimo disegno criminoso.

I fatti del processo

Un uomo, condannato con due sentenze separate per due episodi di furto aggravato ai danni di slot-machine, commessi a poche settimane di distanza l’uno dall’altro, presentava istanza al Tribunale in sede di esecuzione per ottenere il riconoscimento della continuazione reati. L’obiettivo era unificare le pene inflitte, ottenendo un trattamento sanzionatorio più mite. A sostegno della sua richiesta, la difesa evidenziava numerosi elementi comuni: la natura identica dei reati, le modalità operative simili, la stretta vicinanza temporale e lo stesso scopo di lucro. Un dettaglio fondamentale emergeva: per gli stessi identici fatti, a un co-imputato era già stata riconosciuta la continuazione.

La decisione del Tribunale: tra onere della prova e motivazione illogica

Il Tribunale rigettava la richiesta. La motivazione si basava sull’idea che l’imputato non avesse fornito elementi specifici e concreti per dimostrare l’esistenza di un piano unitario iniziale, al di là della vicinanza temporale e della somiglianza dei crimini. Secondo i giudici, i reati erano semplicemente l’espressione di una ‘abitualità criminale’ e di ‘ripetute scelte di vita’ orientate alla violazione della legge, meritevoli di una valutazione sulla sua pericolosità sociale. Questa decisione, però, non teneva in alcuna considerazione il fatto, pur sollevato, che a un concorrente negli stessi reati il medesimo beneficio era stato concesso.

L’analisi sulla continuazione reati della Corte di Cassazione

Investita del ricorso, la Corte di Cassazione ha accolto le doglianze della difesa, annullando l’ordinanza del Tribunale e rinviando il caso per un nuovo giudizio. I giudici di legittimità hanno ritenuto la motivazione del provvedimento impugnato ‘assertiva’ e carente, in violazione dei principi consolidati in materia.

Le motivazioni

La Corte ha ribadito che il riconoscimento della continuazione reati richiede una verifica rigorosa, volta a riscontrare se, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali. Elementi come l’omogeneità dei reati, la vicinanza nel tempo e nello spazio, e le modalità della condotta sono ‘indici rivelatori’ fondamentali che il giudice deve ponderare. Non è sufficiente liquidare questi elementi come mera ‘abitualità a delinquere’.

Nel caso specifico, il Tribunale non aveva considerato adeguatamente né i fatti concreti né gli indicatori presentati, limitandosi a un’affermazione generica. Soprattutto, la Corte ha censurato la totale assenza di considerazione riguardo alla decisione favorevole presa nei confronti del co-imputato. Tale circostanza, se non specificamente motivata, introduce un’evidente illogicità nel ragionamento del giudice, che tratta in modo difforme due soggetti coinvolti negli stessi episodi criminosi.

Le conclusioni

La sentenza in esame riafferma un principio cruciale: la valutazione sulla continuazione reati non può essere superficiale o basata su clausole di stile come l’abitualità criminale. Il giudice ha il dovere di condurre un’analisi approfondita di tutti gli elementi disponibili, inclusi quelli che possono apparire contraddittori come una diversa decisione per un co-imputato. L’annullamento con rinvio impone al nuovo giudice di adeguarsi a questi principi, procedendo a una valutazione completa e logicamente coerente, che tenga conto di tutti gli indici rivelatori di un potenziale disegno criminoso unitario.

Quando si può chiedere il riconoscimento della continuazione dei reati?
La richiesta può essere avanzata sia durante il processo di cognizione sia, come in questo caso, in fase di esecuzione, dopo che le sentenze di condanna sono diventate definitive, ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale.

Quali elementi deve valutare il giudice per riconoscere un unico disegno criminoso?
Il giudice deve esaminare una serie di ‘indici rivelatori’, tra cui l’omogeneità dei reati, la contiguità temporale e spaziale, le modalità della condotta, le causali, la sistematicità delle azioni e ogni altro aspetto che possa indicare un’unica programmazione iniziale, distinguendola da una semplice tendenza a delinquere.

La concessione della continuazione a un co-imputato ha valore per gli altri?
Sì, è un elemento molto rilevante. La Corte di Cassazione ha ritenuto che il Tribunale avesse sbagliato a non considerare minimamente il fatto che a un concorrente negli stessi reati la continuazione era stata concessa. Tale circostanza introduce un vizio di illogicità nella motivazione se non viene adeguatamente giustificata la differenza di trattamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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