Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23418 Anno 2025
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23418 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/04/2025
– Presidente –
RAFFAELLO MAGI NOME COGNOME COGNOME
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
Con l’intervento del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Proc. Gen. NOME COGNOME che sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SAVONA il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 05/02/2025 del GIP TRIBUNALEdi Savona depositava conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Savona, in qualità di giudice dell’esecuzione, con ordinanza in data 5 febbraio 2025 dichiara inammissibile l’istanza presentata nell’interesse di COGNOME NOME e volta ad ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione fra due sentenze di condanna, entrambe pronunciate ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., emesse dal Tribunale di Savona in data 14 luglio 2021 e 17 maggio 2024.
Secondo il Tribunale l’istanza sarebbe inammissibile dovendo operare la disciplina dell’art. 188 disp. att. cod. proc. pen., speciale rispetto a quella di cui all’art. 671 cod. proc. pen. ed, in particolare, il limite di pena dei cinque anni, che nel caso di specie Ł superato perchØ la proposta del difensore, non accolta dal PM, era a sei anni di reclusione.
Avverso detto provvedimento proponeva ricorso il condannato tramite il difensore di fiducia che articolava quale unico motivo di doglianza la violazione di legge in cui sarebbe incorso il Tribunale nell’applicazione dell’art. 188 disp att cod proc pen.
Rilevava il ricorrente la disparità di trattamento cui sono soggetti coloro che richiedono la continuazione in fase esecutiva fra piø sentenze emesse ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., che subiscono il limite dei cinque anni di pena complessiva massima irrogabile e coloro che sono stati condannati con sentenze emesse in esito a giudizio ordinario e/o abbreviato e rispetto alle quali nessun limite opera.
Il sostituto procuratore generale NOME COGNOME depositava conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
Nel caso di piø sentenze pronunciate ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. in procedimenti distinti, la richiesta del riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, ai sensi dall’art. 188 disp. att. cod. proc. pen., richiede a pena di inammissibilità che la pena sia determinata nei limiti indicati dall’art. 444 cod. proc. pen. e che la parte investa il pubblico ministero della sua richiesta per accoglierne il consenso o il dissenso. (Sez. 1, n. 29678 del 09/07/2003, Verardi, Rv. 225541 – 01)
Si Ł osservato che il limite di pena di due ovvero cinque anni indicato nella citata norma deriva la sua ragione d’essere dalla complementarietà logica della disciplina dettata per la fase esecutiva
del riconoscimento della continuazione, ovvero del concorso formale fra piø reati giudicati ex art. 444 cod. proc. pen. rispetto alla generale disciplina del patteggiamento; se, infatti, non operassero in fase esecutiva i medesimi limiti di pena rispetto a quelli che operano nella fase di cognizione il condannato potrebbe fruire di piø vantaggi rispetto a quelli che avrebbe lucrato se la continuazione fosse stata riconosciuta nella fase di cognizione, ove tali limiti operano.
In materia di esecuzione, Ł, pertanto, inammissibile la richiesta di continuazione tra reati oggetto di sentenze di patteggiamento presentata senza l’osservanza dello schema procedimentale delineato dall’art. 188 disp. att. cod. proc. pen., a termini del quale Ł necessario che il Pubblico Ministero esprima formale consenso o dissenso su una pena determinata nei limiti indicati dall’art. 444 cod. proc. pen., fermo il potere del giudice, cui compete il controllo di congruità della pena, di ritenere ingiustificato l’eventuale suo dissenso, atteso che le indicazioni di legge sulle modalità di proposizione della predetta richiesta non ammettono alternative. (Sez. 1, n. 22298 del 08/03/2018, Ben, Rv. 273138 – 01)
In tema di applicazione della continuazione in sede esecutiva, anche quando le parti abbiano concordemente richiesto tale applicazione con riferimento a reati oggetto di distinte sentenze di patteggiamento, ai sensi dell’art. 188 disp. att. cod. proc. pen., il giudice dell’esecuzione conserva il potere di apprezzamento della ricorrenza dei requisiti previsti dal predetto art. 188 e dall’art. 81 cod. pen. inclusa l’identità del disegno criminoso preesistente la commissione delle singole violazioni, la cui assenza giustifica il rigetto della domanda. (Sez. 1, n. 41312 del 18/06/2015, Genco, Rv. 264890 – 01); nel medesimo senso si era espressa in precedenza anche la Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 37 del 1996 che ha chiarito che deve ritenersi che al giudice della esecuzione spetti senz’altro, non soltanto il potere-dovere di verificare in concreto la sussistenza di tutti i presupposti cui l’ordinamento subordina l’applicazione della disciplina del reato continuato, fra i quali anche, attesi i limiti inerenti alla fase, la mancanza della condizione ostativa espressa dall’art. 671, comma 1, cod.proc.pen., ma anche quello di valutare la congruità della pena indicata dalle parti ai fini di quanto previsto dall’art. 27, terzo comma, della Costituzione, tenuto conto della portata generale che assume il principio affermato e il decisum espresso nella sentenza n. 313 del 1990.
Certo, dunque, che debba essere valutata anche da parte del giudice dell’esecuzione l’operatività del limite edittale indicato all’art. 188 disp. att. cod. proc. pen., Ł da esaminare l’obiezione difensiva cui il Tribunale aveva già risposto nel provvedimento impugnato, rilevando come non potesse apprezzarsi alcuna irragionevole disparità di trattamento, poichØ l’accettazione dell’accordo ovvero la proposta di un accordo implica l’accettazione anche della disciplina che, in tema di accordo sulla pena, Ł prevista dal legislatore per la fase esecutiva.
Tale conclusione Ł del tutto corretta, poichØ la disparità di trattamento ha rilievo solo allorquando sia irragionevole e riguardi soggetti che si trovano in situazioni analoghe, cui vengono applicate norme differenti e potenzialmente discriminatorie, circostanza che, nel caso specifico, come appunto sottolineato, nell’impugnato provvedimento non ricorre, in quanto Ł evidente che l’imputato che accede al patteggiamento accetta tutte le conseguenze che sono ex lege ricollegate a tale rito, ivi compreso il limite di cui all’art. 188 disp. att. cod. proc. pen.
2. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di 3000 euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 30/04/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME