Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7132 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7132 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ASTI il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 08/11/2022 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio. Letta la memoria della difesa che ha insistito nei motivi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Catania, con sentenza in data 8 novembre 2022, confermava la pronuncia emessa in data 16 marzo 2018 dallo stesso tribunale che aveva condannato COGNOME NOME alle pene di legge perché ritenuto colpevole del delitto di truffa.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, deducendo, con unico motivo, violazione di legge e difetto di motivazione per avere la corte di appello illegittimamente dichiarato l’inammissibilità dei motivi nuovi di appello benc tempestivamente trasmessi via PEC il 20 ottobre 2022 e, così, omesso di valutare la richiesta di concessione della continuazione tra il fatto giudicato e quelli analoghi presi in considerazione d provvedimenti di unificazione del Tribunale di Vallo della Lucania del 21-10-2021 e del Tribunale di Siena allegati. Inoltre lamentava pure che sempre nei motivi aggiunti era stata allegat proposta risarcitoria indirizzata alla persona offesa che la corte di appello avrebbe dovuto tener in considerazione quanto meno ai fini della concessione delle attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato e deve, pertanto, essere respinto.
Ed invero sebbene abbia errato la corte di appello a ritenere inammissibili perché tardivamente proposti i motivi nuovi posto che gli stessi risultano ritualmente trasmessi via PEC il 20-10-22 e quindi entro 15 giorni dalla trattazione dell’udienza svoltasi il successiv novembre, da ciò non deriva l’accoglimento del ricorso. Nel caso di specie, infatti, l’istanza d riconoscimento della continuazione ex art. 81 cpv cod.pen. tra il reato oggetto di giudizio e g altri fatti definitivamente giudicati in altri procedimenti sopravvenuti alla sentenza di primo gr del Tribunale di Catania del 16-3-2018, risultava irritualmente proposta e non poteva, quindi, trovare accoglimento.
Deve ricordarsi che l’orientamento di legittimità favorevole al riconoscimento della c.d. continuazione esterna in sede di appello con pronunce divenute irrevocabili successivamente l’emissione della pronuncia di primo grado è stato affermato con distinti interventi; si è difa stabilito che è ammissibile, con la proposizione dei motivi nuovi di appello, la richiesta applicazione della continuazione criminosa in relazione ad un reato oggetto di sentenza di condanna divenuta irrevocabile dopo la scadenza del termine di proposizione dell’appello, con cui quindi non è stato possibile dedurla, non operando in siffatta situazione il limite de devoluzione correlato ai capi e punti impugnati perché trattasi, comunque, di una richiesta relativa ad un istituto applicabile in sede di esecuzione, ex art. 671 cod. proc. pen. (Sez. 1, 47300 del 29/11/2011 Ud. (dep. 20/12/2011 ) Rv. 251504 – 01; Sez. 2, n. 12068 del 19/12/2014 Ud. (dep. 23/03/2015 ) Rv. 263008 – 01); soluzione, questa, che risulta più recentemente riaffermata da analoga pronuncia (Sez. 2, n. 33098 del 01/07/2021 Rv. 281915 – 01) secondo cui l’ammissibilità della richiesta trova fondamento nella analogia con l’istituto cui all’art. 671 cod.proc.pen. e nella impossibilità di dedurre tempestivamente nel corso del giudizio di primo grado l’applicazione del beneficio.
A detto orientamento, che riconnette l’ammissibilità della richiesta della continuazione esterna con altri titoli divenuti irrevocabili solo dopo l’emissione della sentenza di primo gra alla necessaria proposizione di motivi aggiunti, si affianca il connesso principio secondo cui è conforme all’effetto devolutivo dell’appello la sentenza che omette di pronunciare sulla richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione con altri reati oggetto di titoli pregre formulata, anziché con l’atto introduttivo, solo in corso di procedimento unitamente alla produzione dei titoli stessi (Sez. 2, n. 10470 del 12/02/2016, Rv. 266655 – 01); soluzione questa che trova anche un suo precedente nell’affermazione secondo cui è conforme all’effetto devolutivo dell’appello la sentenza che non si pronunci in ordine al nesso di continuazione, con altro reato già oggetto di condanna irrevocabile, per essere stata la questione prospettata non già con i motivi di appello ma soltanto con la formulazione delle conclusioni (Sez. 2, n. 17077 del 08/02/2011, Rv. 250245 – 01). Si è così anche recentemente chiarito come in tema di giudizio di appello, la richiesta di applicazione della continuazione in relazione a un rea giudicato con sentenza di condanna divenuta irrevocabile dopo la scadenza del termine per
proporre impugnazione è ammissibile solo se avanzata con i motivi nuovi ai sensi dell’art. 585, comma 4, cod. proc. pen., in quanto, ferma restando la sua proponibilità in sede di esecuzione ex art. 671 cod. proc. pen., la relativa questione può essere introdotta nel giudizio di cognizion solo con modalità tali da consentire al giudice di prenderne conoscenza tempestivamente e in maniera adeguata (Sez. 1, n. 6348 del 14/10/2022 Ud. (dep. 15/02/2023 ) Rv. 284409 – 01).
Non vi è dubbio quindi che, stabilito il principio dell’ammissibilità in appello della rich di continuazione con condanne sopravvenute, l’applicazione dell’istituto ha trovato una fondamentale limitazione nelle modalità di proposizione dell’istanza, essendosi sottolineato che rimane ferma la proponibilità della richiesta in fase esecutiva come testualmente previsto dall’art. 671 cod.proc.pen..
La cennata pronuncia 10470/2016 aveva in motivazione già evidenziato le criticità dell’istituto della continuazione in appello sottolineando come:” Avuto difatti riguardo alla nat ed essenza del giudizio di secondo grado, fase di impugnazione destinata all’eliminazione di vizi ed errori del procedimento e/o del provvedimento di primo grado, specificamente dedotti attraverso i motivi di impugnazione proposti dalla parte, deve escludersi che il giudice di appell debba prendere in esame prima e specificamente motivare poi in ordine ad una richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione avanzata nel corso del procedimento di gravame stesso, attraverso la produzione di sentenze o provvedimenti di cumulo emessi da differenti autorità giudiziarie per altri fatti di reato. La sede per l’analisi dell’istanza di unificazione d titoli di reato ex art. 81 cpv cod. pen. è infatti quella dell’esecuzione nel corso della qu giudice, individuato ai sensi dell’art. 665 cod. proc. pen., procede all’esame dei differe provvedimenti individuando, ove ritenga sussistere l’unicità del disegno criminoso, il reato pi grave e stabilisce gli aumenti per i c.d. reati satellite”.
La congiunta interpretazione delle predette affermazioni porta pertanto ad affermare che la continuazione con altra sentenza passata in giudicato successivamente la pronuncia di primo grado può essere proposta in appello soltanto mediante specifica devoluzione avanzata con i motivi nuovi.
Non vi è dubbio che il riconoscimento del vincolo della continuazione tra la sentenza di primo grado ed altri titoli successivamente divenuti definitivi introduce un elemento quanto meno distonico nel giudizio di appello come ricostruito dalle sentenze delle Sezioni Unite e dagl interventi normativi; sotto il primo profilo occorre rammentare che le Sezioni Unite imp. Galtel hanno avuto modo di affermare che l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentat i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della d impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 Cc. (dep. 22/02/2017 ) Rv. 268822 – 01); in motivazione le Sezioni Unite raffiguravano con precisione l’oggetto ed il contenuto del giudizio di secondo grado precisando che “la necessità della specificità estrinseca dei motivi di appello
trova fondamento nella considerazione che essi non sono diretti all’introduzione di un nuovo giudizio, del tutto sganciato da quello di primo grado, ma sono, invece, diretti ad attivare u strumento di controllo, su specifici punti e per specifiche ragioni, della decisione impugnata. E un processo accusatorio, basato sulla centralità del dibattimento di primo grado e sull’esigenza di un diretto apprezzamento della prova da parte del giudice nel momento della sua formazione, il giudizio di appello non può e non deve essere inteso come un giudizio a tutto campo; con la conseguenza che le proposizioni argomentative sottoposte a censura devono essere, in relazione al punto richiesto, enucleate dalla decisione impugnata. L’impugnazione deve, in altri termini, esplicarsi attraverso una critica specifica, mirata e necessariamente puntuale della decisione impugnata e da essa deve trarre gli spazi argomentativi della domanda di una decisione corretta in diritto ed in fatto. Le esigenze di specificità dei motivi non sono, dunque, attenuate in appe pur essendo l’oggetto del giudizio esteso alla rivalutazione del fatto. Poiché l’appello un’impugnazione devolutiva, tale rivalutazione può e deve avvenire nei rigorosi limiti di quanto la parte appellante ha legittimamente sottoposto al giudice d’appello con i motivi d’impugnazione, che servono sia a circoscrivere l’ambito dei poteri del giudice stesso sia a evitare le iniziative meramente dilatorie che pregiudicano il corretto utilizzo delle risorse giudizia limitate e preziose, e la realizzazione del principio della ragionevole durata del processo, sanci dall’art. 111, secondo comma, Cost.”.
La strutturazione dell’appello quale giudizio di controllo e di critica alle argomentazi esposte dalla sentenza di primo grado, come raffigurato dall’autorevole insegnamento giurisprudenziale, trovava poi consacrazione nei successivi interventi normativi; in primo luogo rileva, infatti, in tal senso l’intervento riformatore attuato con la legge n. 103 del 2017 legge Orlando) con la modifica dell’art. 581 cod. proc. pen., che ha previsto in via generale che, a pena di inammissibilità, l’enunciazione dei vari requisiti sia “specifica” (laddove invec previgente testo dell’art. 581 richiedeva la specificità per i soli motivi, non anche per i ca punti della decisione censurati, né per le richieste); inoltre, si richiede l’enunciazione spec anche «delle prove delle quali si deduce l’inesistenza, l’omessa assunzione e l’omessa o erronea valutazione»; infine, si disponeva che l’enunciazione specifica delle richieste comprenda anche quelle “istruttorie”.
Agli interventi sulla struttura dell’art. 581 cod.proc.pen. operati dalla L.103/17 seguivano p quelli più recenti del D.Lgs. 150/2022 (c.d. riforma Cartabia) anch’esso intervenuto sull disciplina delle impugnazioni e dell’appello; la riforma ha inteso rendere tassativa la strutt critica del giudizio di secondo grado introducendo uno specifico comma 1 bis dell’art. 581 cod.proc.pen. secondo cui:” L’appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critic relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferiment ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione”. Così che all’interno di disposizione genericamente diretta a disciplinare tutte le impugnazioni, l’art. 581 cod.proc.pen. è infatti intitolato” Forma dell’impugnazione”, si è introdotta una disposizione riguardante propr
ed esclusivamente, la struttura dell’appello sancendo l’obbligo di specificità dei motivi e co sottolineandone il rapporto di essenziale derivazione dal giudizio di primo grado.
Ne deriva pertanto potersi affermare che sulla base dell’insegnamento delle Sezioni Unite Galtelli e delle successive riforme dell’art. 581 cod.proc.pen. anche il giudizio di appell costruito come giudizio critico, pur a forma libera e non vincolata, della decisione di primo grad finalizzato all’eliminazione dei vizi da cui la prima pronuncia risulti eventualmente affetta.
A fronte di tale particolare strutturazione del giudizio di secondo grado appare evident che, come già anticipato, il riconoscimento della continuazione in appello in relazione a pronunce divenute definitive dopo la sentenza di primo grado introduce un rilevante ed evidente disallineamento, poiché per definizione tale motivo non integra alcuna valutazione critica della decisione di primo grado, né espone alcun rilievo specifico, così che il relativo motivo dife necessariamente di quella specificità che costituisce il nucleo forte della nuova disciplina detta dall’art. 581 cod.proc.pen. rappresentando una doglianza del tutto “nuova” avente ad oggetto la richiesta di valutazione di elementi sopravvenuti.
Peraltro, non può altresì mancarsi di osservare che l’istituto della continuazione in fas esecutiva, garantisce il diritto dell’imputato a vedersi riconosciuto l’unicità del disegno crimi pur in relazione a differenti titoli giudicati separatamente; invero ai sensi dell’art cod.proc.pen.:”nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, il condannato o il pubblico ministero possono chiedere al giudic dell’esecuzione l’applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato, sempre che la stessa non sia stata esclusa dal giudice della cognizione”. Sullo stesso tema rileva poi l’art. 186 delle disposizioni di attuazione del cod.proc.pen. secondo cui nel caso di richiesta applicazione della continuazione in fase esecutiva è onere proprio del giudice dell’esecuzione acquisire copia dei provvedimenti ove non allegati alla richiesta da parte del condannato. Proprio la previsione specifica delle formalità di riconoscimento della continuazione nella fase esecutiv e l’assenza quindi di un qualsiasi pregiudizio definitivo in danno dell’imputato che invochi ta istituto oltre che la già raffigurata natura critica del giudizio di appello devono porta affermare che, pur in adesione ai già indicati precedenti della stessa giurisprudenza di legittimit l’applicazione della continuazione c.d. esterna con sentenze divenute definitive successivamente la pronuncia di primo grado nel giudizio di appello è istituto eccezionale e soggetto a ben precis limiti che non determino lo stravolgimento della natura del secondo grado e non comportino una irrituale anticipazione nel momento della cognizione di oneri e compiti tipici della sola f esecutiva, incombenti proprio su quel giudice specificamente determinato ai sensi dell’art. 666 cod.proc.pen. che ben può essere soggetto diverso dal giudice di appello.
Va conseguentemente affermato che la suddetta richiesta può essere ritenuta ammissibile solo ove sia stata formulata con i motivi nuovi di appello e, ancora, sia accompagnata dalla precisa produzione delle sentenze necessariamente definitive emesse nei separati giudizi che pongano in condizione il giudice di secondo grado di valutare la sussistenza dell’unicità del disegno criminoso; a tal proposito possono essere quindi richiamati quegli interventi secondi cui
in tema di determinazione del trattamento sanzionatorio, per la valutazione della cgntinuazione cd. esterna nel giudizio di cognizione, l’imputato ha l’onere di allegare copia delle sentenz rilevanti a tal fine e non solo di indicarne gli estremi; ed in motivazione, la Corte ha evidenzi che l’applicabilità anche al giudizio di cognizione della disposizione di cui all’art. 186 disp. cod. proc. pen., relativo alla fase di esecuzione, consentirebbe richieste dilatorie, determinerebbe allungamento dei tempi del processo di merito e impedirebbe la sospensione del termine di prescrizione dei reati (Sez. 5, n. 10661 del 23/01/2023, Rv. 284291 – 01). Tale principio risult preceduto da altre analoghe affermazioni secondo cui l’imputato che richiede, nel giudizio di cognizione, il riconoscimento della continuazione con reati già giudicati non può limitarsi a indicare gli estremi delle sentenze rilevanti a tal fine, ma ha l’onere di produrne la copia, n essendo applicabile in via analogica la disposizione di cui all’art. 186 disp. att. cod. proc. p dettata per la sola fase esecutiva, atteso che l’imputato è necessariamente assistito da un difensore, sul quale incombe l’onere di produrre gli elementi posti a fondamento dell’istanza e l’acquisizione di ufficio dei provvedimenti comporterebbe il rinvio del giudizio senza sospensione del decorso del termine di prescrizione (Sez. 2, n. 49082 del 17/04/2018, Rv. 274808 – 02).
Può quindi concludersi riaffermando l’onere per l’imputato che richieda la continuazione in fase di appello con altri reati giudicati in procedimenti divenuti definitivi dopo la sentenz prime cure, di produrre unitamente all’istanza, necessariamente formulabile non oltre la data di scadenza dei motivi nuovi, di tutti i titoli posti a fondamento della stessa al fine di permette una compiuta valutazione da parte del giudice di secondo grado; limitazione questa che non compromette in alcun modo il diritto dell’imputato, garantito comunque dalla specifica previsione dell’art. 671 cod.proc.pen., e imposta dalla natura del giudizio di appello come fase di revision critica, come risultato dagli interventi delle Sezioni Unite e dalle ripetute riforme dell’art cod.proc.pen. che deve fare ritenere l’istituto della continuazione in appello del tutto eccezional
4. L’applicazione di suddetti principi al caso in esame comporta proprio il rigetto del ricorso ed invero nel caso di specie la difesa nei motivi aggiunti non aveva allegato le sentenze di merito relative agli altri episodi di truffa (oltre 13) con i quali chiedeva riconoscersi il vincol continuazione ma si limitava a produrre due provvedimenti di diversi giudici dell’esecuzione che richiamavano una serie di diverse pronunce di condanna emesse sempre nei confronti del COGNOME. In particolare ai motivi aggiunti venivano allegati i provvedimenti dei giudi dell’esecuzione, il Tribunale di Vallo della Lucania ed il Tribunale di Siena, che contenevano però soltanto una descrizione generica dei fatti differenti commessi dal COGNOME senza la possibilità di valutare l’analogia delle condotte commesse, tale da potere giustificare una valutazione di unicità del disegno criminoso. E quindi da detti provvedimenti il giudice di appello di Catania non poteva desumere alcuno degli elementi decisivi per la applicazione del regime della continuazione essendo necessario ai fini della delibazione sul punto conoscere oltre che le date di consumazione dei fatti anche i luoghi e le modalità di consumazione in modo da potere effettivamente ritenere che tutti i differenti reati siano stati consumati in previsione di un’unica deliberazione crimino
Conseguentemente deve affermarsi che l’istanza pur tempestivamente avanzata era infondata non consentendo la sua specifica delibazione da parte del giudice di appello; a ciò segue il rigetto del ricorso e la condanna dell’imputato al pagamento delle spese di giudizio.
Inammissibile appare poi la doglianza sempre contenuta nell’unico motivo e con la quale viene dedotta l’omessa valutazione della proposta risarcitoria formulata dall’imputato anche ai fini della concessione delle attenuanti generiche posto che la corte di appello, con le ampie osservazioni esposte alla penultima pagina dell’impugnata pronuncia ha esposto come per le particolari modalità del fatto e per la negativa personalità dell’imputato, il beneficio richiesto risulti, in ogni caso, concedibile.
E’ appena il caso di rilevare che il rigetto del ricorso non comporta la maturazione della prescrizione posto che l’avvenuto riconoscimento della recidiva reiterata eleva il termine massimo per il reato di truffa per cui si procede commesso 1’1-10-13, ad anni 10 cui va aggiunto il periodo di sospensione nel corso del procedimento pari a mesi 6 e giorni 26 con conseguente fissazione del termine finale al 26-4-2024 non ancora decorso alla data odierna.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali