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Continuazione fallimentare: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello per errata applicazione della legge in un caso di bancarotta. L’imputato, già condannato per bancarotta patrimoniale, era stato giudicato per bancarotta documentale relativa allo stesso fallimento. La Corte d’Appello aveva applicato l’istituto della continuazione ordinaria (art. 81 c.p.), mentre avrebbe dovuto applicare la disciplina speciale della “continuazione fallimentare” (art. 219 Legge Fallimentare), che configura una circostanza aggravante soggetta a bilanciamento con le attenuanti. Tale errore ha reso la pena “illegale”, portando all’annullamento con rinvio per la corretta rideterminazione della sanzione.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Fallimentare: La Cassazione Sottolinea la Differenza con il Reato Continuato

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 1509/2024 offre un’importante lezione sulla corretta qualificazione giuridica di più illeciti commessi nell’ambito dello stesso fallimento. La Suprema Corte ha chiarito la distinzione fondamentale tra la continuazione ordinaria, prevista dall’art. 81 c.p., e la speciale disciplina della continuazione fallimentare di cui all’art. 219 della Legge Fallimentare, sottolineando come un errore nell’applicazione di queste norme possa portare a una pena illegale.

Il Caso in Esame: Due Condanne per lo Stesso Fallimento

Il caso riguarda un imprenditore condannato in due procedimenti separati per reati legati al medesimo fallimento aziendale. La prima condanna definitiva riguardava la bancarotta fraudolenta patrimoniale, mentre il secondo procedimento, oggetto del ricorso in Cassazione, concerneva la bancarotta fraudolenta documentale.

In sede di appello per il secondo reato, le parti avevano raggiunto un accordo (c.d. “concordato in appello”) per rideterminare la pena complessiva. La Corte d’Appello di Milano, accogliendo l’accordo, aveva considerato i due reati uniti dal vincolo della continuazione ex art. 81 c.p., applicando un lieve aumento di pena per il secondo illecito e sostituendo la pena detentiva finale con il lavoro di pubblica utilità.

L’Errore della Corte d’Appello sulla Continuazione Fallimentare

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse commesso un errore di diritto. Invece di applicare la regola generale del reato continuato, avrebbe dovuto utilizzare la norma speciale prevista per i reati fallimentari. In particolare, quando un soggetto commette più fatti di bancarotta nell’ambito dello stesso dissesto, non si applica l’art. 81 c.p., ma l’art. 219, comma 2, n. 1 della Legge Fallimentare.

La Differenza Sostanziale

La distinzione non è puramente formale. Mentre l’art. 81 c.p. disciplina un istituto autonomo (il reato continuato), la giurisprudenza consolidata, richiamata dalla stessa Cassazione, qualifica la continuazione fallimentare come una circostanza aggravante. Questa qualificazione ha una conseguenza pratica fondamentale: in quanto aggravante, essa deve essere sottoposta al giudizio di bilanciamento con le eventuali circostanze attenuanti (art. 69 c.p.).

Nel caso di specie, all’imputato erano state riconosciute le attenuanti generiche con un giudizio di prevalenza. La Corte d’Appello, applicando erroneamente l’art. 81 c.p., ha omesso di effettuare questo bilanciamento, limitandosi ad aggiungere un mese di reclusione per il secondo reato. Se avesse correttamente applicato l’art. 219 L.F. e proceduto al bilanciamento, l’aumento di pena avrebbe potuto essere annullato dalla prevalenza delle attenuanti.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo fondato il primo motivo. Richiamando un orientamento consolidato, a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite “Loy” del 2011, ha ribadito che la previsione dell’art. 219 L.F. costituisce una disciplina speciale e derogatoria rispetto a quella ordinaria della continuazione. Sebbene strutturalmente simile, essa va inquadrata come una circostanza aggravante.

Di conseguenza, la sua applicazione non è automatica ma soggetta alle regole generali sulle circostanze, incluso il giudizio di bilanciamento. L’operato della Corte territoriale, che ha determinato la pena applicando l’istituto generale della continuazione in luogo del regime speciale, è stato giudicato errato. La pena così calcolata è stata definita “illegale”, in quanto determinata in violazione delle norme di legge che ne regolano la commisurazione.

Le Conclusioni

La Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio. Il caso è stato rinviato a un’altra sezione della Corte d’Appello di Milano, che dovrà procedere a una nuova determinazione della pena. Il nuovo giudice dovrà qualificare correttamente la pluralità dei fatti di bancarotta come circostanza aggravante ai sensi dell’art. 219 L.F. e, successivamente, effettuare il doveroso bilanciamento con le attenuanti generiche già riconosciute. Questa pronuncia riafferma un principio cruciale per la corretta gestione dei procedimenti per reati fallimentari, garantendo che le specificità della materia trovino adeguata applicazione nel calcolo della sanzione.

Quando si commettono più reati di bancarotta nello stesso fallimento, si applica la continuazione ordinaria (art. 81 c.p.)?
No, la sentenza chiarisce che in questi casi si deve applicare la disciplina speciale prevista dall’art. 219, comma 2, n. 1 della Legge Fallimentare, che prevale sulla norma generale.

La “continuazione fallimentare” è considerata una circostanza aggravante?
Sì. La giurisprudenza consolidata, confermata da questa sentenza, la qualifica formalmente come una circostanza aggravante. Ciò implica che deve essere soggetta al giudizio di bilanciamento con le eventuali circostanze attenuanti.

Cosa succede se un giudice applica la continuazione ordinaria invece di quella fallimentare speciale?
La pena calcolata in questo modo è considerata “illegale”. La Corte di Cassazione, come avvenuto nel caso di specie, annulla la sentenza sul punto e rinvia a un altro giudice per una nuova e corretta determinazione della pena, che tenga conto della natura di aggravante e del necessario bilanciamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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