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Continuazione esterna: quando è inammissibile in appello

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso, chiarendo due principi fondamentali. Primo, non vi è automatismo tra l’attenuante per collaborazione in reati di mafia e quella per stupefacenti, avendo requisiti diversi. Secondo, la richiesta di applicazione della continuazione esterna in appello è inammissibile se presentata solo in sede di conclusioni e non tramite l’apposita procedura dei motivi nuovi, corredata dalla necessaria documentazione.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Esterna: Le Regole Procedurali per la Richiesta in Appello

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su due istituti cruciali del diritto penale e processuale: le circostanze attenuanti legate alla collaborazione e la continuazione esterna. La decisione sottolinea il rigore formale richiesto dalla legge, evidenziando come l’inosservanza delle procedure possa portare all’inammissibilità di richieste potenzialmente favorevoli all’imputato.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato condannato dalla Corte d’Appello per reati di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.) e in materia di stupefacenti. L’imputato si era rivolto alla Corte di Cassazione lamentando, in sintesi, due specifiche violazioni di legge da parte dei giudici di secondo grado.

I Motivi del Ricorso: Due Questioni Giuridiche

I motivi del ricorso si concentravano su due punti distinti:

1. Mancata applicazione dell’attenuante speciale: L’imputato sosteneva che, avendogli già riconosciuto l’attenuante per la collaborazione in ambito mafioso (ex art. 8 D.L. 152/1991), i giudici avrebbero dovuto automaticamente applicare anche l’attenuante prevista per la collaborazione nei reati di droga (ex art. 73, comma 7, D.P.R. 309/1990).

2. Richiesta di continuazione esterna: In sede di conclusioni nel giudizio d’appello, la difesa aveva chiesto l’applicazione della continuazione esterna tra i reati oggetto del processo e altri fatti, giudicati con una sentenza divenuta irrevocabile solo dopo la presentazione dell’atto di appello.

La Decisione della Corte sulla continuazione esterna e le attenuanti

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, respingendo entrambe le argomentazioni difensive. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa delle norme procedurali e sostanziali, ribadendo principi giurisprudenziali consolidati.

Le Motivazioni: Nessun Automatismo tra Attenuanti e Rigore Procedurale

L’ordinanza ha spiegato in modo dettagliato le ragioni del rigetto.

In primo luogo, la Corte ha definito ‘generico e meramente assertivo’ il motivo relativo all’automatica applicazione dell’attenuante per i reati di droga. I giudici hanno chiarito che le due attenuanti, pur legate alla collaborazione, hanno presupposti diversi e non intercambiabili. L’attenuante ex art. 73, comma 7, richiede un ‘proficuo contributo efficace e concreto alle indagini’, un requisito più specifico e stringente rispetto al contributo probatorio sufficiente per l’attenuante ‘mafiosa’. Non sussiste, quindi, alcun automatismo tra le due norme.

In secondo luogo, e con particolare rilevanza per la prassi processuale, la Corte ha giudicato ‘manifestamente infondato’ il motivo sulla continuazione esterna. La sentenza impugnata aveva correttamente applicato la giurisprudenza di legittimità (richiamando la sentenza Sez. 2, n. 7132 del 11/01/2024), secondo cui una simile richiesta è ammissibile in appello solo a due condizioni cumulative:
1. Deve essere avanzata tramite l’istituto dei ‘motivi nuovi’ d’appello, come previsto dall’art. 585, comma 4, c.p.p.
2. Deve essere accompagnata da un’allegazione ‘precisa e completa’ delle sentenze definitive pertinenti.

Nel caso di specie, la richiesta era stata formulata solo oralmente in sede di discussione finale, senza rispettare la forma scritta e i termini previsti per i motivi nuovi, rendendola proceduralmente inammissibile.

Conclusioni: L’Importanza del Rigore Formale nel Processo Penale

Questa pronuncia della Cassazione è un monito sull’importanza del rispetto delle forme e delle procedure nel processo penale. Insegna che, anche di fronte a istituti di favore come le attenuanti o la continuazione esterna, non è possibile derogare alle regole processuali. Per i difensori, emerge la necessità di presentare le istanze nei modi e nei tempi corretti, in particolare attraverso lo strumento dei motivi nuovi quando emergono elementi rilevanti dopo la presentazione dell’appello principale. Per gli imputati, la decisione ribadisce che il successo di una linea difensiva dipende non solo dalla fondatezza nel merito, ma anche e soprattutto dalla sua corretta veicolazione processuale.

Il riconoscimento dell’attenuante per collaborazione in reati di mafia comporta automaticamente l’applicazione di quella per reati di droga?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che non esiste alcun automatismo. Le due circostanze attenuanti hanno presupposti diversi e specifici. L’attenuante per reati di droga richiede un ‘proficuo contributo efficace e concreto alle indagini’, un requisito ulteriore e diverso rispetto a quello previsto per i reati di tipo mafioso.

È possibile chiedere l’applicazione della continuazione esterna per la prima volta durante le conclusioni del giudizio di appello?
No. La sentenza stabilisce che la richiesta di applicazione della continuazione esterna con un reato giudicato con sentenza irrevocabile è ammissibile nel giudizio di appello solo se avanzata tramite l’istituto dei ‘motivi nuovi’ secondo l’art. 585, comma 4, cod. proc. pen., e non semplicemente in sede di discussione finale.

Quali sono i requisiti per presentare una richiesta di continuazione esterna in appello tramite motivi nuovi?
La richiesta deve essere presentata formalmente con l’istituto dei ‘motivi nuovi’ e deve essere necessariamente accompagnata dall’allegazione precisa e completa delle sentenze definitive rilevanti per la decisione. In mancanza di questi requisiti, la richiesta è inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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