Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 13363 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 13363 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Brindisi il 15/09/1972 avverso la sentenza del 23/10/2024 della Corte di appello di Lecce visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento senza rinvio; fiducia di NOME COGNOME
lette le conclusioni dell’Avv. NOME COGNOME difensore di Mitri, che ha chiesto l’accog limento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 1524 dello 1 luglio 2021, la seconda Sezione penale di questa Corte Suprema di cassazione annullava con rinvio la sentenza della Corte
di appello di Lecce emessa in data 10 luglio 2019 nei confronti di NOME COGNOME in ordine al trattamento sanzionatorio per omessa motivazione sul riconoscimento della continuazione esterna, dichiarando irrevocabile l’accertamento della responsabilità quanto al reato di cui all’art. 648 cod.pen. a lui ascritto.
1.1. Con la sentenza in epigrafe indicata, pronunciando quale giudice del rinvio, la Corte di appello di Lecce confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Brindisi in data 12 gennaio 2015 e appellata da NOME COGNOME
Ha presentato ricorso NOME COGNOME per il tramite del difensore di fiducia, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione:
per omessa rilevazione della estinzione del reato per prescrizione, risalendo la condotta criminis al 4 aprile del 2012;
per omesso riconoscimento della continuazione esterna, non essendo a tal fine necessaria la produzione da parte del difensore delle sentenze di condanna relative ai fatti – reato, in relazione ai quali si chiede il riconoscimento della medesimezza del disegno criminoso ex art. 81, comma 2, cod. pen.;
per omes so riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 , n. 6, cod. pen., nonostante l’avvenuto risarcimento del danno in favore della persona offesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato e perché propone questioni già scrutinate.
Manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso.
Costituisce consolidato principio di diritto quello per cui – in caso di annullamento parziale della sentenza, qualora siano rimesse al giudice del rinvio le questioni relative al quantum della pena -il giudicato formatosi sull’accertamento del reato e della responsabilità impedisce la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione sopravvenuta alla pronuncia d’annullamento (così Sez. 6, n. 12717 del 31/1/2019, COGNOME, Rv. 276378; Sez. 4 n. 114 del 28/11/2018 dep. Il 2019, COGNOME, Rv. 274828; conf. Sez. 2, 4109 del 12/1/2016, COGNOME, Rv. 265792; Sez. 1, n. 43710 del 24/9/2015, Catanese, Rv. 264815; Sez. 2, n. 8039 del 9/2/2010, COGNOME, Rv. 246806; Sez. 4, n. 2843 del 20/11/2008 dep. il 2009, COGNOME, Rv. 242494; Sez. 3, n. 15472 del 20/2/2004, Ragusa, Rv. 228499; Sez. 3, n. 47579 del 23/10/2003, COGNOME, Rv. 226646).
2.1. Nel caso in esame, anche a prescindere dal principio enunciato, la formale ed esplicita dichiarazione di irrevocabilità in punto di an della responsabilità contenuta nel dispositivo della sentenza rescindente -che, da un lato, rinviava al giudice ad quem al solo fine di decidere sull’eventuale riconoscimento della continuazione esterna e , dall’altro lato, dichiara va «irrevocabile l’accertamento della responsabilità» di NOME COGNOME in ordine al reato di ricettazione a lui ascritto – rende , dunque, recessiva ogni ulteriore osservazione sulla intervenuta estinzione del reato per prescrizione in pendenza del giudizio di rinvio.
Parimenti inammissibile per manifesta infondatezza è il secondo motivo di ricorso.
3.1. E’ prevalente l’orientamento secondo cui l’imputato – che intenda richiedere nel giudizio di cognizione il riconoscimento della continuazione in riferimento a reati già giudicati – non possa limitarsi ad indicare gli estremi delle sentenze rilevanti a tal fine. Il predetto ha, infatti, l’onere specifico di produrre copia del documento, non essendo applicabile in via analogica la disposizione di cui all’art. 186 disp. att. cod. proc. pen, dettata per la sola fase esecutiva, a tenore del quale le copie delle sentenze o decreti irrevocabili, se non allegate alla richiesta prevista dall’art. 671, comma 1, cod. proc. pen., sono acquisite d’ufficio ( ex multis , Sez. 5, n. 10661 del 23/01/2023, COGNOME, Rv. 284291 -01; Sez. 5, n. 12789 del 19/02/2010, COGNOME, Rv 246900; Sez. 2, n. 3592 del 18/11/2010).
Ed invero, si è a tal uopo affermato come la disposizione dell’art. 186 disp. att. cod. proc. pen. non sia applicabile anche al giudizio di cognizione, ove all’onere di indicazione ed allegazione delle sentenze si aggiunge quello della indicazione degli elementi induttivi della preesistenza dell’unicità del disegno criminoso che include, nelle sue linee essenziali, i singoli episodi.
3.2.Tale esegesi rinviene l’ humus nella necessaria specificità dei motivi di appello. Ai sensi del combinato disposto degli artt. 581, lett. e), e 591, lett. c), cod. proc. pen., anche nella versione vigente all’epoca della presentazione dell’atto di appello di cui si discorre, tra i requisiti normativamente richiesti per l’ ammissibilità dell’ atto di impugnazione vi era anche quello della specificità dei motivi.
Il ricorrente, pertanto, aveva (ed ha ancora più nell’attuale sistema normativo che ha rafforzato il criterio della necessaria specificità dei motivi di impugnazione) l’onere di dedurre le censure su uno o più punti determinati della decisione impugnata e di indicare gli elementi alla base delle doglianze.
3.3. Sicchè, nel caso di specie, l’interessato – non potendo sottrarsi all’onere di allegazione degli specifici elementi dai quali poteva desumersi l’identità del disegno criminoso ai fini del riconoscimento della continuazione in sede di
cognizione (Sez. 6, n 43441 del 24/11/2010) – era onerato alla produzione di copia delle decisioni emesse in modo da fornire al Giudice procedente i dati necessari per la decisione. In tema di continuazione, infatti, l’identità del disegno criminoso non può presumersi e, pertanto, l’interessato ha un onere di allegazione che non viene assolto con la mera indicazione delle sentenze, occorrendo la produzione delle sentenze e l’indicazione di concreti elementi dai quali possa desumersi, attraverso un ragionamento condotto alla stregua di rigorosi criteri di ordine logico, la sussistenza delle condizioni cui l’art. 81 cod. pen. subordina l’applicazione della disciplina della continuazione.
3.4. Il Giudice del rinvio, nel respingere la istanza difensiva, si è dunque attestato su tale esegesi, disattendendo il riconoscimento della continuazione esterna con reati già giudicati, formulata dal De Mitri con i motivi aggiunti, per la mancata produzione e allegazione delle relative sentenze di condanna.
Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n.6, cod. pen.
Anche tale censura non coglie nel segno.
4.1. A tal proposito, è il caso di evidenziare come il giudice ad quem fosse stato investito con la sentenza rescindente del potere di ius dicere limitatamente alla sola questione relativa al riconoscimento o meno della continuazione esterna, di guisa che ogni altra quaestio facti e iuris esulava dal suo perimetro di cognizione e valutazione.
4.2. Ad ogni buon conto, la Corte distrettuale ha escluso la invocata circostanza sulla base di una corretta esegesi della norma: ai fini della concessione dell’attenuante in parola, il risarcimento deve essere integrale ed effettivo e tale è solo il risarcimento del danno non patrimoniale e di quello patrimoniale comprensivo del lucro cessante e del danno emergente ( così ex multis , Sez. 2, n 17346 del 28/03/2024, COGNOME, Rv 286329) ; nè -ai fini del riconoscimentopuò giovare all’imputato la dichiarazione liberatoria resa dalla persona offesa ( ex multis , Sez. 5, n. 7826 del 30/11/2022, Dragan, Rv. 284224).
Alla inammissibilità del ricorso segue ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. -la condanna al pagamento del ricorrente delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare in tremila euro, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (vedi Corte Costit., sent. n 186 del 13 giugno 2000).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27/03/2025