Continuazione Esterna: Come si Calcola la Pena e si Identifica il Reato Più Grave?
L’istituto della continuazione esterna rappresenta un meccanismo fondamentale nel diritto penale per garantire una pena equa e proporzionata quando più reati sono legati da un unico disegno criminoso, ma vengono giudicati in processi diversi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i criteri che il giudice deve seguire per determinare la pena complessiva, facendo luce sulla procedura per individuare il reato più grave su cui basare il calcolo.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte di Appello, emessa in sede di giudizio di rinvio. La Corte di Cassazione aveva precedentemente annullato una condanna, incaricando la Corte di Appello di rideterminare la pena. Il compito del giudice di rinvio era complesso: doveva calcolare una pena unica per una serie di reati, alcuni dei quali erano stati giudicati nel procedimento in corso, mentre altri erano già stati oggetto di una sentenza di condanna irrevocabile in un altro processo. L’imputato contestava proprio le modalità con cui era stata calcolata questa pena finale.
La Decisione della Corte d’Appello in Sede di Rinvio
La Corte di Appello, seguendo le indicazioni della Cassazione, ha proceduto a una nuova determinazione della pena. Ha individuato il reato più grave nell’estorsione (art. 629 c.p.), infliggendo una pena base di cinque anni e sei mesi di reclusione e 7.650 euro di multa. Successivamente, ha applicato un aumento per la cosiddetta ‘continuazione interna’ (tra i reati dello stesso procedimento) e un ulteriore aumento per la continuazione esterna, collegando i fatti a tre ulteriori delitti già giudicati con sentenza definitiva.
Il risultato è stato una pena finale di otto anni e sei mesi di reclusione e 7.650 euro di multa. Questa pena era significativamente inferiore a quella irrogata dalla sentenza d’appello originaria, che era stata annullata (undici anni di reclusione e 22.500 euro di multa).
L’Analisi della Cassazione sulla Continuazione Esterna
La Corte di Cassazione, nel valutare il ricorso dell’imputato, lo ha dichiarato inammissibile per due ragioni principali: aspecificità e manifesta infondatezza. I giudici hanno ritenuto che la Corte di Appello avesse operato in modo legittimo e corretto.
Il punto centrale della decisione ruota attorno al criterio per stabilire quale sia il ‘reato più grave’ quando si applica la continuazione esterna. La Cassazione ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata (sentenze n. 29404/2018 e n. 13539/2023), affermando che il giudice della cognizione, per determinare il reato più grave, può fare riferimento al criterio della pena in concreto, confrontando quella da irrogare nel processo in corso con quella già irrogata con sentenza irrevocabile. Questo permette di apprezzare e comparare la gravità effettiva dei diversi reati.
Le Motivazioni della Decisione
Nel caso specifico, il reato di estorsione, pur essendo stato punito con una pena concreta, era astrattamente più grave rispetto al reato di usura, oggetto dell’altra sentenza irrevocabile, in quanto previsto con una pena minima più elevata. Pertanto, la Corte d’Appello ha correttamente identificato l’estorsione come violazione più grave e su di essa ha costruito l’aumento di pena per la continuazione. Questo procedimento ha escluso qualsiasi violazione sia delle norme sul giudizio di rinvio (art. 627 c.p.p.), sia del divieto di reformatio in peius, poiché la pena finale è risultata inferiore a quella annullata.
Le Conclusioni
L’ordinanza chiarisce un aspetto tecnico ma cruciale del diritto penale sostanziale e processuale. Quando si deve applicare la continuazione esterna, il giudice ha il potere di confrontare le pene (quella da infliggere e quella già inflitta) per determinare la violazione più grave che costituirà la base per il calcolo della pena complessiva. Questa valutazione, se motivata correttamente come nel caso di specie, è legittima e non viola i diritti dell’imputato. La decisione conferma che un ricorso privo di argomentazioni specifiche e fondate è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali.
Come determina il giudice il reato più grave in caso di continuazione esterna tra reati giudicati insieme e altri già coperti da sentenza irrevocabile?
Il giudice può confrontare la pena da irrogare per i reati del processo in corso con quella già irrogata con la sentenza irrevocabile. Questo confronto, basato sulla gravità concreta o astratta delle pene, gli consente di identificare la violazione più grave su cui basare il calcolo della pena complessiva.
Nel caso esaminato, la pena finale è stata peggiorativa per l’imputato rispetto alla sentenza annullata?
No, la pena finale determinata in sede di rinvio (otto anni e sei mesi di reclusione e 7.650 euro di multa) era decisamente inferiore a quella irrogata con la sentenza d’appello poi annullata (undici anni di reclusione e 22.500 euro di multa). Pertanto, non vi è stata alcuna violazione del divieto di reformatio in peius.
Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto aspecifico e manifestamente infondato. L’imputato non ha sollevato motivi di diritto validi che potessero mettere in discussione la correttezza della decisione della Corte di Appello, la quale aveva legittimamente applicato i principi giurisprudenziali in materia di continuazione esterna.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8466 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8466 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 09/10/1981
avverso la sentenza del 18/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di NOME NOME
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Rilevato che il motivo dedotto nel ricorso – relativo alla determinazione della pena a seguito della “continuazione esterna” – risulta inammissibile perché aspecifico e comunque manifestamente infondato.
Ritenuto che legittimamente la sentenza impugnata, procedendo in sede di giudizio di rinvio disposto da questa Corte (Sez. 2, n. 16709 del 17/03/2023), ha determinato la pena complessiva individuando quale reato più grave quello di cui all’art. 629 cod. pen. – di cui al capo 47 del presente procedimento penale – per il quale è stata inflitta la pena di anni cinque e mesi sei di reclusione ed euro 7.650 di multa, aumentata per la continuazione interna e, infine, aumentata per la continuazione esterna con gli ulteriori tre delitti giudicati con sentenza divenuta irrevocabile, venendo determinata la pena finale, a seguito della riduzione per il giudizio abbreviato, in anni otto e mesi sei di reclusione ed euro 7.650 di multa, in misura, quindi, decisamente inferiore rispetto alla pena irrogata con la sentenza di appello oggetto di annullamento con rinvio (anni undici di reclusione ed euro 22.500 di multa;
Rilevato che «in tema di reato continuato, il giudice della cognizione, chiamato a pronunciarsi sulla continuazione tra reati sottoposti al suo giudizio ed altri già giudicati con sentenza irrevocabile, al fine di determinare il reato più grave, può fare riferimento al criterio della pena, rispettivamente da irrogarsi e già irrogata, previsto dagli artt. 671 cod. proc. pen. e 187 disp. att. cod. proc. pen. per il giudice dell’esecuzione, onde apprezzarne e compararne la gravità» (Sez. 6, n. 29404 del 06/06/2018, COGNOME, Rv. 273447 – 01; Sez. 2, n. 13539 del 02/11/2023, Altamura, Rv. 286296). Nella specie per il reato di estorsione (peraltro punito con la pena più elevata nel minimo rispetto all’usura, oggetto dell’altra sentenza di condanna irrevocabile) è stata inflitta la pena maggiore e pertanto su di questa correttamente è stato operato l’aumento a titolo di continuazione – interna ed esterna – di tal che
non è ravvisabile violazione né dell’art. 627 cod. proc. pen. né del divieto di reformatio in peius;
Ritenuto che il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/02/2025