Continuazione di Reato: La Cassazione Chiarisce l’Obbligo di Motivazione della Pena
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sull’obbligo di motivazione che grava sul giudice nel calcolare la pena in caso di continuazione di reato. La pronuncia ribadisce principi consolidati e sottolinea l’importanza di una valutazione specifica per ogni illecito commesso, anche quando fa parte di un unico disegno criminoso. Questo caso fornisce uno spaccato chiaro su come la giurisprudenza bilancia la discrezionalità del giudice con la necessità di una pena giusta e motivata.
I Fatti del Caso
Il ricorrente si era rivolto alla Corte di Cassazione contestando la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato. I motivi del ricorso erano principalmente due: il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e la misura degli aumenti di pena applicati per la continuazione di reato tra i diversi illeciti commessi. Secondo la difesa, la Corte territoriale non aveva adeguatamente motivato le proprie decisioni, violando così la legge.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici di legittimità hanno confermato la correttezza dell’operato della Corte d’Appello, fornendo una disamina dettagliata dei principi che regolano la materia.
Diniego delle Attenuanti Generiche
Per quanto riguarda le circostanze attenuanti generiche, la Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello congrua e sufficiente. I giudici di merito avevano negato il beneficio basandosi su elementi oggettivi, quali i numerosi precedenti penali dell’imputato e l’assenza di prove concrete di un percorso di riabilitazione. Questa decisione è in linea con un orientamento consolidato, secondo cui la semplice affermazione di un cambiamento non è sufficiente se non supportata da elementi di riscontro.
L’aumento di pena per la continuazione di reato
Il punto centrale della pronuncia riguarda il calcolo dell’aumento di pena per i reati satellite. La Corte d’Appello aveva stabilito un aumento di quattro mesi per ciascun reato, giustificandolo in base all’entità del danno, alle modalità professionali di commissione dei reati e alla spiccata capacità a delinquere del soggetto. La Cassazione ha validato questo approccio, richiamando un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 47127/2021) che ha stabilito un principio fondamentale: il giudice deve calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha spiegato che l’obbligo di motivazione non richiede formule sacramentali o calcoli matematici, ma deve essere sufficiente a permettere un controllo sul rispetto del principio di proporzionalità. L’aumento di pena per ciascun reato satellite deve essere proporzionato alla sua gravità e non deve trasformarsi in un mero cumulo materiale delle pene.
Nel caso specifico, trattandosi di reati omogenei e di un aumento di pena considerato minimo, la Corte ha ritenuto che l’onere argomentativo fosse stato implicitamente assolto. La motivazione fornita dalla Corte d’Appello, sebbene sintetica, era sufficiente per far comprendere le ragioni della quantificazione della pena, tenuto conto della gravità complessiva dei fatti e della personalità dell’imputato. La decisione, pertanto, non era illogica né viziata da errori di diritto.
Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio cruciale nel diritto penale: la determinazione della pena, anche in un caso complesso come la continuazione di reato, deve essere sempre trasparente e ancorata a criteri oggettivi. Se da un lato il giudice gode di discrezionalità, dall’altro ha il dovere di motivare le sue scelte per garantire che la pena sia proporzionata e giusta. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia è un monito a non trascurare la specificità di ogni singolo illecito, anche quando unificato dal medesimo disegno criminoso, e a costruire difese che si confrontino con gli elementi concreti valorizzati dal giudice per la commisurazione della sanzione.
Quando un giudice può negare le circostanze attenuanti generiche?
Il giudice può negare le circostanze attenuanti generiche quando la valutazione complessiva della gravità del reato e della capacità a delinquere dell’imputato lo giustifica. Nel caso specifico, i numerosi precedenti penali e l’assenza di una prova di effettiva riabilitazione sono stati considerati elementi ostativi al loro riconoscimento.
Come deve essere motivato l’aumento di pena per la continuazione di reato?
Secondo la Cassazione, il giudice deve calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite. La motivazione deve essere tale da consentire di verificare il rispetto del rapporto di proporzione tra le pene e i limiti di legge, basandosi su elementi come l’entità del danno, le modalità di esecuzione e la personalità del reo.
È sempre necessario un calcolo dettagliato per ogni reato satellite nella continuazione?
No, non sempre. La Corte ha chiarito che il grado di dettaglio della motivazione è correlato all’entità dell’aumento. In presenza di reati omogenei e di un aumento di pena minimo, come nel caso di specie, un onere argomentativo più sintetico può essere considerato sufficiente, a patto che le ragioni della decisione siano comunque comprensibili.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18968 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18968 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/05/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, ritenuto che il primo e il secondo motivo, con cui si lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed agli aumenti operati per la continuazione, non sono consentiti in sede di legittimità e sono manifestamente infondati, a fronte di congrua motivazione – si vedano le pagine 4-5 della sent. impugnata – che, da un lato, indica gli elementi ritenuti ostativi al mancato riconoscimento delle invocate circostanze attenuanti nei plurimi precedenti penali e nell’assenza di un qualsivoglia riscontro della presunta riabilitazione del ricorrente invocata dalla difesa (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269-01) e dall’altro lato, ha precisato la misura dell’aumento per continuazione D er ciascun reato in mesi 4 in ragione dell’entità del danno, delle modalità professionali di realizzazione dei reati e della spiccata capacità a delinquere, in conformità al principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui, il giudice deve calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269);
che l’obbligo è stato precisato nel senso che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e deve essere tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risulti rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia opera surrettiziamente un cumulo materiale di pene;
che, pertanto, tale onere argomentativo è stato implicitamente assolto in presenza di reati omogenei e della impossibilità di affermare l’esattezza di una pena secondo criteri matematici, attraverso l’obiettivo minimo aumento di pena praticato in relazione alla misura della pena base e/o alla violazione più grave individuata dai giudici del merito in quella applicata per il reato già giudicato/per il reato per il quale si è proceduto nel presente procedimento;
osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiaratc inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 marzo 2024