Continuazione del reato: No se i crimini aiutano clan diversi
La disciplina della continuazione del reato, prevista dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un istituto di favore per il reo, permettendo di unificare sotto un’unica pena più violazioni della legge penale riconducibili a un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa valutazione da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di questo istituto, specialmente in contesti di criminalità organizzata, negando il beneficio quando i reati, seppur simili, sono commessi a distanza di anni e per agevolare clan differenti.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato con due sentenze separate per reati di estorsione, sia tentata che consumata. La prima condanna si riferiva a fatti commessi tra il 2016 e il 2017, con l’aggravante di aver agito per favorire un determinato clan camorristico. La seconda condanna, invece, riguardava episodi simili avvenuti nell’ottobre 2020, ma commessi per agevolare un diverso e distinto sodalizio criminale operante nello stesso territorio.
L’interessato, tramite il suo legale, si è rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo di applicare la disciplina della continuazione del reato, sostenendo che le condotte fossero omogenee, inserite in un comune contesto spazio-temporale e animate da un’unica volontà di compiere sistematicamente attività estorsive.
La Decisione sulla Continuazione del Reato
Il giudice dell’esecuzione prima, e la Corte di Cassazione poi, hanno respinto la richiesta. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure del ricorrente come mere doglianze di fatto, manifestamente infondate.
La Corte ha evidenziato come il provvedimento impugnato avesse già ampiamente e logicamente spiegato i motivi per cui non era possibile riconoscere un’unitaria programmazione criminosa tra i due gruppi di reati.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri argomentativi inconfutabili che impediscono di riconoscere la continuazione del reato:
1. Il Lasso Temporale: I giudici hanno sottolineato il “notevole lasso temporale” di circa tre anni intercorso tra la commissione dei primi reati e i secondi. Un intervallo così lungo rende difficile sostenere che entrambe le serie di azioni criminali discendano da una deliberazione unitaria e preesistente.
2. Il Diverso Contesto Associativo: L’elemento decisivo, tuttavia, è stato il diverso contesto criminale. I reati erano stati commessi per agevolare due differenti sodalizi camorristici. Questa circostanza, secondo la Corte, è un indice inequivocabile dell’assenza di un unico disegno criminoso. È logicamente incompatibile pensare che un unico piano criminale possa essere finalizzato a beneficiare due organizzazioni distinte e separate.
La combinazione di questi due elementi ha portato i giudici a concludere che fosse “inibito ritenere che le stesse siano state oggetto di una preesistente deliberazione unitaria”.
Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: per l’applicazione della continuazione del reato non è sufficiente l’omogeneità delle condotte illecite. È indispensabile dimostrare l’esistenza di un’unica programmazione criminosa che le avvolge tutte. La Corte di Cassazione chiarisce che un lungo intervallo di tempo e, soprattutto, la finalità di agevolare entità criminali diverse sono fattori ostativi al riconoscimento di tale istituto. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche, specialmente nei processi legati alla criminalità organizzata, dove la distinzione tra i vari sodalizi diventa un elemento cruciale per la determinazione della pena.
È possibile applicare la continuazione del reato tra crimini commessi a distanza di anni?
No, secondo la Corte. Un notevole lasso temporale tra i reati, come i tre anni del caso di specie, è un elemento che indebolisce fortemente l’ipotesi di un unico e preesistente piano criminoso.
Commettere reati per agevolare due clan criminali diversi influisce sulla continuazione del reato?
Sì, in modo decisivo. La Corte ha stabilito che agevolare due differenti sodalizi criminali è un fattore che esclude l’esistenza di una programmazione criminosa unitaria, rendendo inapplicabile l’istituto.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, ritenuta congrua, in favore della cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12086 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12086 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORRE DEL GRECO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/11/2023 del GIP TRIBUNALE di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di COGNOME NOME di applicare la disciplina di cui all’art. 81 cod. pen. tra i reati oggetto delle sentenze emesse dalla Corte di appello di Napoli del 4 novembre 2021 (per i reati di estorsione, tentata e consumata, aggravate dalla finalità di agevolare il RAGIONE_SOCIALE, commessi dal novembre 2016 al febbraio 2017 in Portici) e del GIP del Tribunale di Napoli del 17 maggio 2023 (per i reati di estorsione, tentata e consumata, aggravate dalla finalità di agevolare il RAGIONE_SOCIALE, commessi nell’ottobre 2020 in Portici);
Rilevato che con il ricorso si deduce violazione dell’art. 671 cod. proc. pen. e vizio di motivazione per non avere, il giudice dell’esecuzione, tenuto in debito conto l’omogeneità delle violazioni, il comune contesto spazio-temporale in cui le condotte venivano poste in essere, nonché la causale che lega gli illeciti in esame, rappresentata dalla volontà del ricorrente di compiere, in maniera sistematica, attività estorsiva nel territorio di riferimento;
Ritenuto che le censure proposte sono manifestamente infondate, in quanto costituite da mere doglianze in punto di fatto, inerenti ad asseriti difetto o contraddittorietà e/o palese illogicità della motivazione non emergenti dal provvedimento impugnato, il quale ha ampiamente argomentato in ordine alla ritenuta inesistenza di un’unitaria programmazione criminosa, evidenziando il notevole lasso temporale tra loro intercorrente, nonché il diverso contesto associativo in cui sono maturati i fatti di cui alle condanne sopracitate;
Considerato, infatti, che le condotte illecite sono state commesse a distanza di tre anni ed al fine di agevolare due differenti sodalizi camorristici, per cui inibito ritenere che le stesse siano state oggetto di una preesistente deliberazione unitaria;
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 7/3/2024