Continuazione del Reato: Quando la Motivazione sulla Pena Può Essere Semplificata
L’istituto della continuazione del reato è un pilastro del nostro sistema sanzionatorio penale. Esso permette di evitare un cumulo materiale delle pene per chi commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, applicando la pena prevista per il reato più grave aumentata fino al triplo. Ma fino a che punto il giudice è tenuto a motivare l’entità di tale aumento? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (n. 34893/2024) offre chiarimenti cruciali su questo aspetto, stabilendo che l’obbligo di motivazione si attenua in presenza di aumenti di pena esigui.
Il Caso in Esame: Ricorso sul Calcolo della Pena
Quattro imputati ricorrevano in Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello. Tre di essi lamentavano un vizio di motivazione riguardo agli aumenti di pena applicati per la continuazione del reato rispetto al delitto più grave, quello di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.). Il quarto ricorrente, invece, contestava l’individuazione stessa del reato più grave, sostenendo che la Corte territoriale avesse errato nel calcolo complessivo della pena.
La Continuazione del Reato e l’Obbligo di Motivazione del Giudice
Il cuore della questione giuridica per i primi tre ricorrenti risiedeva nell’obbligo del giudice di spiegare le ragioni che lo portano a determinare un certo aumento di pena per i cosiddetti “reati satellite”. La discrezionalità del giudice, pur essendo ampia, deve essere esercitata nel rispetto dei principi di logicità e congruità, come previsto dall’art. 132 del codice penale.
La difesa sosteneva che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente giustificato gli aumenti, violando così il diritto a una decisione motivata.
La Decisione della Cassazione: Inammissibilità e Motivazione Implicita
La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ritenendoli manifestamente infondati. Per quanto riguarda la questione sulla continuazione del reato, i giudici hanno osservato che gli aumenti di pena operati dalla Corte d’Appello erano “assolutamente limitati e ben al di sotto del minimo edittale” previsto per i reati satellite.
Richiamando un importante pronunciamento delle Sezioni Unite (la nota sentenza “Pizzone”), la Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: se la pena irrogata è notevolmente inferiore al minimo di legge, l’obbligo di motivazione si riduce. Al contrario, tale obbligo diventa più stringente quando la pena si avvicina o supera il minimo edittale. In questo caso, l’applicazione di un aumento esiguo dimostra, per implicito, che il giudice ha già operato una valutazione ponderata degli elementi del reato, escludendo qualsiasi abuso del proprio potere discrezionale.
Per quanto riguarda il quarto ricorso, la Corte lo ha dichiarato inammissibile perché la censura relativa all’individuazione del reato più grave non era mai stata formulata nei precedenti gradi di giudizio ed era estranea all’ambito del giudizio di rinvio, come delineato da una precedente sentenza di annullamento.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni della Corte si fondano su un principio di economia processuale e di ragionevolezza. I giudici hanno spiegato che pretendere una motivazione analitica per aumenti di pena minimi, che già rappresentano un trattamento di favore per l’imputato, sarebbe eccessivo. La scelta di un aumento lieve è di per sé una motivazione implicita, in quanto indica che il giudice ha tenuto conto di tutti gli elementi (oggettivi e soggettivi) e ha optato per la sanzione più mite possibile nel contesto della continuazione. La Corte ha inoltre sottolineato l’importanza di rispettare i limiti del giudizio di Cassazione, che non può diventare una sede per introdurre doglianze nuove e tardive.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica. Essa stabilisce un confine chiaro per l’obbligo di motivazione del giudice in materia di continuazione del reato. Per gli avvocati, ciò significa che un ricorso basato sulla carenza di motivazione per aumenti di pena minimi ha scarse probabilità di successo. Per i giudici, conferma la possibilità di una motivazione più snella in questi casi, senza timore di incorrere in censure di legittimità. In definitiva, la decisione promuove un equilibrio tra il diritto di difesa e la necessità di un’amministrazione della giustizia efficiente, concentrando l’attenzione sulle decisioni sanzionatorie che si discostano in modo significativo dai minimi di legge.
Quando un giudice può fornire una motivazione ridotta per l’aumento di pena nella continuazione del reato?
Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di fornire una motivazione dettagliata si riduce quando l’aumento di pena applicato per i reati satellite è notevolmente inferiore al minimo edittale previsto dalla legge per quegli stessi reati. Un aumento esiguo è considerato implicitamente motivato.
È possibile presentare un nuovo motivo di ricorso per la prima volta in Cassazione?
No, la sentenza conferma che un motivo di ricorso (o censura) che non è stato sollevato nelle precedenti fasi del processo è inammissibile, specialmente se esula dall’oggetto del giudizio come definito da una precedente sentenza di annullamento.
Cosa accade se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34893 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34893 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a COMISO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a VITTORIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a RAGUSA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a VITTORIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/05/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto i ricorsi proposto, con unico atto a firma dell’AVV_NOTAIO nell’interesse di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
letto il ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO, nell’interesse di NOME COGNOME,
ritenuto che anche il ricorso di NOME COGNOME, laddove il ricorrente lamenta che la Corte territoriale, ai fini del calcolo complessivo della pena, abbia individuato il più grave reato in quello di cui all’art. 416-bis cod. pen., introduce una censura mai formulata nemmeno nell’ambito del giudizio rescindente e, comunque, estranea all’ambito del giudizio rescissorio come delineato dalla sentenza di annullamento e, pertanto, non consentita;
ritenuto che il ricorso nell’interesse di NOME, NOME COGNOME e NOME,COGNOME, laddove lamenta vizio di motivazione in punto di aumenti per la continuazione, è manifestamente infondato: gli aumenti operati dalla Corte d’appello sul più grave delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. sono stati assolutamente limitati e ben al di sotto del minimo edittale, essendo allora appena il caso di richiamare l’arresto delle SS.UU. “COGNOME” in cui si era spiegato che “se per i reati satellite è irrogata una pena notevolmente inferiore al minimo edittale della fattispecie legale di reato, l’obbligo di motivazione si riduce, mentre, qualora la pena coincida con il minimo edittale della fattispecie legale di reato o addirittura lo superi, l’obbligo motivazionale si fa più stringente ed il giudice deve dare conto specificamente del criterio adottato, tanto più quando abbia determinato la pena base per il reato ritenuto più grave applicando il minimo edittale e/o quando abbia applicato una misura di pena in aumento sproporzionata, pur in presenza delle medesime fattispecie dì reato”; i giudici avevano in definitiva osservato che la associazione di una pena base determinata nella misura minima edittale ed un aumento per la continuazione di entità esigua esclude l’abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen. e dimostra, per implicito, che è stata operata la valutazione degli elementi obiettivi e subiettivi del reato risultanti dal contesto complessivo della decisione; Corte di Cassazione – copia non ufficiale rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 9 luglio 2024
Il Presidente