LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Continuazione del reato: l’errore del giudice

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di un giudice dell’esecuzione che aveva negato l’applicazione della continuazione del reato. Il giudice di merito aveva commesso un errore, basando la sua decisione su reati diversi da quelli oggetto dell’istanza e ignorando che un medesimo disegno criminoso era già stato riconosciuto in una precedente sentenza per lo stesso arco temporale. La Cassazione ha rinviato il caso per un nuovo esame che corregga il vizio di motivazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

La continuazione del reato e l’errore del giudice: la Cassazione fa chiarezza

L’istituto della continuazione del reato, previsto dall’articolo 671 del codice di procedura penale, rappresenta un importante strumento di equità nel sistema sanzionatorio. Esso consente di unificare, anche in fase esecutiva, più condanne quando i reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, portando a una pena complessiva più mite. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 22962 del 2024, interviene su un caso emblematico, annullando la decisione di un giudice che aveva rigettato un’istanza proprio a causa di un evidente errore di valutazione.

I fatti del caso

Un condannato presentava istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati giudicati con due diverse sentenze.
La prima, divenuta irrevocabile nel 2023, lo condannava per plurimi reati in materia di stupefacenti e per la violazione della sorveglianza speciale, commessi tra aprile e settembre 2018.
La seconda, irrevocabile dal 2020, aveva già a suo tempo riconosciuto la continuazione tra un reato commesso a settembre 2018 e altri reati commessi a gennaio 2016.
In pratica, l’istante chiedeva di includere i reati commessi tra aprile e settembre 2018 all’interno del medesimo disegno criminoso già accertato giudizialmente, che copriva l’arco temporale da gennaio 2016 a settembre 2018.

La decisione della Corte di Appello

La Corte di Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta. La sua motivazione si basava su due punti principali: in primo luogo, un’errata qualificazione giuridica di uno dei reati presi in esame; in secondo luogo, la considerazione che la distanza temporale tra i fatti del 2016 e quelli del 2018 ostacolasse il riconoscimento di un unico disegno criminoso.
Questa decisione, tuttavia, non teneva conto di un elemento cruciale: la continuazione tra i fatti del 2016 e del 2018 era già stata riconosciuta in una precedente sentenza definitiva.

L’errore del giudice e la valutazione della continuazione del reato

Il difensore del condannato ricorreva in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge. L’errore del giudice dell’esecuzione, secondo la difesa, era stato quello di confondere l’oggetto della richiesta. Il giudice non avrebbe dovuto valutare ex novo l’esistenza di un disegno criminoso tra il 2016 e il 2018, poiché questa valutazione era già stata compiuta e cristallizzata in una precedente sentenza. Il vero quesito era un altro: i reati commessi nel periodo intermedio (aprile-settembre 2018) potevano essere ricompresi in quel medesimo e già riconosciuto disegno criminoso?

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno evidenziato come il provvedimento impugnato avesse “sviluppato il proprio argomentare intorno ad ipotesi delittuose diverse da quelle che formavano oggetto dell’istanza”. Il giudice dell’esecuzione ha commesso un palese errore di fatto e di diritto, ignorando che l’istituto della continuazione era già stato definitivamente riconosciuto tra i fatti del gennaio 2016 e quelli del settembre 2018.
La questione da risolvere, pertanto, non era se esistesse un disegno criminoso, ma se gli ulteriori reati, commessi all’interno dello stesso arco temporale, potessero farne parte. Sulla base di queste considerazioni, la Cassazione ha annullato l’ordinanza, rinviando gli atti alla Corte di Appello di Bari, in diversa composizione, per un nuovo giudizio che emendi i vizi motivazionali rilevati.

Le conclusioni

La sentenza in commento ribadisce un principio fondamentale nella fase esecutiva: il giudice deve esaminare con precisione l’oggetto della domanda e non può ignorare le statuizioni contenute in precedenti sentenze passate in giudicato. In tema di continuazione del reato, se un disegno criminoso è già stato accertato per un determinato periodo, la valutazione successiva deve concentrarsi sull’inserimento di ulteriori episodi in quel piano già delineato, senza rimettere in discussione l’esistenza del piano stesso. Un errore su questo punto costituisce un vizio di motivazione talmente grave da giustificare l’annullamento della decisione.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del giudice dell’esecuzione?
La Corte ha annullato la decisione perché il giudice dell’esecuzione ha commesso un errore, fondando il suo rigetto su reati diversi da quelli oggetto dell’istanza e ignorando che il vincolo della continuazione era già stato riconosciuto in una precedente sentenza definitiva per lo stesso arco temporale.

Cosa significa “continuazione del reato” in sede esecutiva?
È un istituto giuridico, disciplinato dall’art. 671 del codice di procedura penale, che permette di unificare le pene per reati diversi, commessi in esecuzione di un unico piano criminale, anche dopo che le sentenze di condanna sono diventate definitive, ottenendo così una pena complessiva più favorevole.

Qual era il punto centrale che il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto valutare?
Il giudice avrebbe dovuto valutare se gli ulteriori reati, commessi tra aprile e settembre 2018, potessero essere ricompresi nel medesimo disegno criminoso già riconosciuto da una precedente sentenza, che legava fatti del gennaio 2016 a quelli del settembre 2018, anziché rimettere in discussione l’esistenza stessa di tale disegno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati