Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27874 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27874 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nata a Napoli il 24/03/1951
avverso la sentenza del 02/10/2024 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME difensore dell’imputata, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 15 marzo 2023 il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli, in sede di rito abbreviato, ha condannato NOME COGNOME per i reati di cui agli artt. 416bis , commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7, cod. pen. (capo a); 648, 416bis . 1 cod. pen. (capo b); 110, 353, 416bis .1 cod. pen. (capo c); 110, 629, 416bis .1 cod. pen. (capo d); 110, 378, 416bis. 1 cod. pen. (capo e); 110, 629, 416bis .1 cod. pen. (capo f); 110, 56, 629, 416bis .1 cod. pen. (capo g).
Con sentenza del 2 ottobre 2024 la Corte di appello di Napoli, in riforma della suindicata sentenza, ha rideterminato la pena finale, riconoscendo la continuazione esterna con i fatti di cui alle sentenze della Corte di appello di Napoli del 16 giugno 2004, irrevocabile il 13 aprile 2005, e del 20 ottobre 2009, irrevocabile il 13 luglio 2011, confermandola nel resto.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore d ell’imputata denunciando i seguenti motivi di annullamento.
2.1. Contraddittorietà della motivazione, in quanto, dopo aver affermato che il comportamento collaborativo e l’età avanzata dell’imputata giustificavano il minimo aumento in sede di continuazione, la Corte ha applicato aumenti che, pur essendo inferiori rispetto a quelli inflitti in primo grado, si discostano notevolmente dal minimo di cui all’art. 81 cod. pen.
2.2. Manifesta illogicità della motivazione, in quanto per il delitto di ricettazione di cui al capo b) è stata applicata, in continuazione, la medesima pena applicata per i delitti di estorsione aggravata di cui ai capi d) e f), così violando il principio di proporzionalità reciproca.
2.3. Violazione di legge e difetto di motivazione in relazione agli aumenti applicati per la continuazione esterna in quanto la Corte, in primo luogo, ha applicato due anni di reclusione per ognuna delle due sentenze poste in continuazione, senza motivare in ordine al quantum di pena inflitta, e, in secondo luogo, ha violato il principio di proporzionalità reciproca irrogando la medesima pena per reati molto diversi (la prima sentenza era, infatti, relativa al delitto di cui all’art. 416bis cod. pen., mentre la seconda ai meno gravi delitti di cui agli artt. 473- 517 aggravati ex art. 7 l. n. 203 del 1991). Ha, inoltre, irrogato per i meno gravi delitti di cui agli artt. 473-517 il doppio della sanzione che ha inflitto per i più gravi delitti di estorsione di quei capi D e F.
2.4. Violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alle richieste difensive formulate con l’atto di appello di applicare le già concesse attenuanti generiche con giudizio di prevalenza, e non di equivalenza, sulle aggravanti e di escludere l’aumento per la recidiva. Deduce la difesa che, nel momento in cui la Corte di appello ha riconosciuto il vincolo della continuazione con le due precedenti condanne avrebbe dovuto escludere, comunque, la recidiva, non essendovi altri precedenti nel casellario giudiziale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Se è vero che, nel determinare la pena complessiva per gli aumenti dei reati satellite ritenuti in continuazione, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, il giudice deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, è vero anche che l’astratto rigore che assiste tale decisione deve essere, di volta in volta, apprezzato in riferimento al caso concreto. Ciò in quanto l’onere motivazionale in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e deve essere funzionale alla verifica del rispetto del rapporto di proporzione esistente tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, con particolare riferimento ai limiti previsti dall’art. 81 cod. pen., al fine di garantire che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01). La motivazione è, infatti, funzionale a garantire il controllo sul buon uso fatto dal giudice del suo potere discrezionale (Sez. U, n. 7930 del 21/04/1995, COGNOME, Rv. 201549 – 01).
Un aumento per la continuazione di esigua entità esclude l’abuso del potere discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen. e depone per una ponderata valutazione degli elementi posti a base della decisione in ordine al trattamento sanzionatorio (Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, COGNOME, Rv. 284005).
Nel caso di specie la sentenza impugnata ha valorizzato l’età e il comportamento collaborativo dell’imputata per giustificare la riduzione dell’ aumento di pena per i reati posti in continuazione, senza che l’utilizzo del termine ‘minimo’, contrariamente a quanto ipotizzato dalla difesa, possa in alcun modo significare che l’aumento dovesse essere pari ad un giorno.
2. Anche il secondo motivo di impugnazione è infondato.
Sia la sentenza di primo che la sentenza di secondo grado hanno applicato lo stesso aumento di pena per la continuazione con il reato di ricettazione e per le estorsioni, in quanto il primo reato (ricettazione di 150.000 euro, ricevuti da altro clan e da destinare al sostentamento degli affiliati detenuti e delle loro famiglie) è stato considerato particolarmente grave, tenendo conto sia dell’entità particolarmente elevata della somma ricevuta sia delle finalità connesse alla commissione di altri reati sia, infine, della particolare gravità dei delitti da cui il denaro proveniva.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, tale motivazione, logica e immune da vizi, dà conto delle corrette modalità di esercizio del potere di quantificazione della pena.
3. Il terzo motivo di ricorso è parimenti infondato.
La prima sentenza posta in continuazione recava una condanna ad anni otto di reclusione, la seconda sentenza era stata già posta in continuazione con la prima, per giungere ad una pena finale di dieci anni di reclusione.
La sentenza impugnata ha riconosciuto la continuazione tra i fatti di cui alle due precedenti sentenze e quelli oggetto del presente procedimento e ha quantificato l’aumento di pena per ciascuna di esse in anni due di reclusione, ossia nella misura già individuata per la seconda sentenza.
L’aumento per la continuazione è stato, dunque, minimo e ad esso va correlato il grado di impegno motivazionale richiesto al giudice, che, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, ha rispettato il rapporto di proporzione tra le pene -tenendo conto della pena irrogate dal giudice della cognizione con la sentenze irrevocabili di condanna poste in continuazione- nonché i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Pizzone, citata).
4. Il quarto motivo di ricorso è infondato.
La sentenza di primo grado ha ritenuto sussistente la contestata recidiva reiterata specifica, che, nel giudizio di bilanciamento, è stata valutata -unitamente alle aggravanti di cui ai commi 4 e 6 dell’art. 416bis cod. pen.equivalente rispetto alle circostanze attenuanti generiche.
La sentenza di secondo grado ha ribadito il giudizio espresso in primo grado, così implicitamente respingendo l ‘istanza difensi va volta a ottenere la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche.
Anche la censura relativa alla recidiva è infondata, perché non sussiste incompatibilità tra tale istituto e quello della continuazione, con conseguente applicazione, sussistendone i presupposti normativi, di entrambi, in quanto il secondo non comporta l’ontologica unificazione dei diversi reati avvinti dal vincolo del medesimo disegno criminoso, ma è fondata su una mera fictio iuris a fini di temperamento del trattamento penale (Sez. 3, n. 54182 del 12/09/2018, COGNOME, Rv. 275296 -01).
In conclusione, il ricorso va rigettato con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 05/06/2025.