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Continuazione criminosa: motivazione della pena

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un condannato che lamentava una motivazione insufficiente riguardo agli aumenti di pena applicati in sede di esecuzione per la continuazione criminosa. Secondo la Suprema Corte, una motivazione sintetica è valida se fa riferimento a elementi concreti come la gravità dei reati, il contesto di criminalità organizzata e la personalità del reo, e se gli aumenti sono proporzionati alla tipologia dei reati satellite, distinguendo tra reati associativi e singoli episodi di spaccio.

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Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione criminosa: quando la motivazione sulla pena è sufficiente?

La continuazione criminosa è un istituto fondamentale del diritto penale che consente di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più reati in esecuzione di un unico disegno. Tuttavia, la determinazione della pena complessiva, in particolare la quantificazione degli aumenti per i reati satellite, richiede una motivazione adeguata da parte del giudice. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito i contorni di questo obbligo, stabilendo che anche una motivazione sintetica può essere valida se ancorata a elementi concreti.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto condannato per gravi reati, tra cui traffico internazionale di stupefacenti e associazione a delinquere di stampo camorristico. In fase di esecuzione, la Corte d’Appello aveva accolto la sua istanza di applicazione della continuazione criminosa, unificando diverse sentenze definitive e rideterminando la pena totale in 27 anni di reclusione.

Una prima ordinanza, tuttavia, era stata annullata dalla Cassazione perché la motivazione sugli aumenti di pena per i reati meno gravi (i cosiddetti reati satellite) era stata ritenuta carente. La Corte d’Appello, in sede di rinvio, emetteva un nuovo provvedimento, confermando la pena. Contro questa seconda decisione, il condannato proponeva nuovamente ricorso, lamentando la stessa violazione: una motivazione insufficiente e non adeguata a spiegare la quantificazione degli aumenti di pena.

La questione della motivazione nella continuazione criminosa

Il ricorrente sosteneva che il giudice dell’esecuzione si fosse limitato a indicare la pena base (quella per il reato più grave) e la misura degli aumenti, senza fornire alcuna spiegazione sul percorso logico seguito per determinarli. Secondo la difesa, questo modo di procedere violava i principi stabiliti dalla giurisprudenza, in particolare dalle Sezioni Unite, che impongono al giudice di calcolare e motivare distintamente l’aumento per ciascun reato satellite.

L’obiettivo di tale obbligo è duplice: permettere di verificare il rispetto del rapporto di proporzione tra le pene e assicurare che non si operi un mero cumulo materiale delle sanzioni, vanificando la funzione dell’istituto della continuazione criminosa.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso infondato, confermando la validità del provvedimento impugnato. Pur riconoscendo che la motivazione era sintetica, i giudici hanno stabilito che essa rispettava i canoni richiesti dalla giurisprudenza di legittimità.

Il provvedimento della Corte d’Appello, infatti, aveva spiegato l’entità degli aumenti di pena facendo riferimento a elementi specifici e significativi:

1. Gravità delle condotte: Si trattava di un traffico internazionale di stupefacenti di ampie dimensioni.
2. Contesto criminale: Le attività erano inserite in un contesto di criminalità organizzata, con il ricorrente che gestiva una piazza di spaccio per conto di un noto clan camorristico.
3. Personalità del reo: Le modalità concrete dei fatti e le loro ricadute sono state considerate per valutare la personalità del condannato.
4. Graduazione degli aumenti: Il giudice aveva operato una distinzione equilibrata, applicando aumenti più contenuti (pochi mesi) per singoli episodi di cessione di droga e aumenti più sensibili per i più gravi reati associativi.

La Cassazione ha concluso che questi cenni, seppur brevi, erano sufficienti a dar conto del ragionamento del giudice e a giustificare la scelta sanzionatoria, senza violare i principi ermeneutici stabiliti, anche dalle Sezioni Unite.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio importante: l’obbligo di motivazione sugli aumenti di pena nella continuazione criminosa non richiede necessariamente una disamina prolissa e dettagliata. Una motivazione è da considerarsi adeguata quando, anche in forma sintetica, fa riferimento a elementi concreti e specifici del caso, come la gravità dei fatti, il ruolo del reo e il contesto in cui i reati sono stati commessi. È essenziale che emerga un criterio di proporzionalità e che la decisione del giudice sia ancorata a dati fattuali, permettendo così un controllo sulla logicità del suo operato.

Quando la motivazione di un aumento di pena per la continuazione criminosa è considerata sufficiente?
È considerata sufficiente anche se sintetica, a condizione che spieghi in modo esauriente l’entità degli aumenti di pena attraverso cenni a elementi concreti, come la gravità delle condotte, la loro realizzazione e le ricadute sulla valutazione della personalità del ricorrente.

Quali elementi può considerare il giudice per quantificare l’aumento di pena per i reati satellite?
Il giudice può considerare la tipologia e la gravità delle condotte, come il traffico internazionale di stupefacenti, l’inserimento in un contesto di criminalità organizzata, il ruolo di gestore di una piazza di spaccio e il riferimento a un clan specifico. Può inoltre dimensionare gli aumenti in base alla natura del reato satellite (es. episodi di cessione rispetto a reati associativi).

È necessario che il giudice fornisca una motivazione analitica e dettagliata per ogni singolo aumento di pena?
No, la sentenza chiarisce che il giudice non ha tradito le indicazioni ermeneutiche pur non fornendo indicazioni analitiche. È sufficiente che il provvedimento spieghi in modo esauriente, anche se sintetico, gli elementi che hanno determinato la quantificazione degli aumenti, come avvenuto nel caso di specie con il riferimento alla gravità delle condotte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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