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Contestazione tardiva: quando non salva il processo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13772/2024, ha stabilito che una contestazione tardiva di una circostanza aggravante, finalizzata a rendere un reato procedibile d’ufficio, è inefficace se interviene quando è già scaduto il termine per presentare la querela. Nel caso di specie, un furto di gas, divenuto procedibile a querela a seguito della Riforma Cartabia, non poteva essere ‘salvato’ dalla contestazione dell’aggravante del bene destinato a pubblico servizio, poiché tale modifica dell’imputazione è avvenuta dopo la scadenza del termine concesso alla persona offesa per sporgere querela, cristallizzando così l’improcedibilità dell’azione penale.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione tardiva: quando il PM non può più modificare l’accusa

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13772 del 2024, affronta un tema di grande attualità processuale: i limiti al potere del Pubblico Ministero di modificare l’imputazione in dibattimento. Il caso specifico riguarda una contestazione tardiva di un’aggravante, effettuata nel tentativo di superare la mancanza di una condizione di procedibilità, ovvero la querela della persona offesa. La Corte ha stabilito un principio netto: non si può ‘rianimare’ un processo quando i termini per la sua procedibilità sono già scaduti.

I Fatti del Processo

All’origine della vicenda vi era un’accusa di furto aggravato dall’uso di un mezzo fraudolento. L’imputato era accusato di aver sottratto gas collegando abusivamente un tubo flessibile alla colonnina di distribuzione di una nota società energetica. A seguito della Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022), molte fattispecie di furto, prima procedibili d’ufficio, sono diventate procedibili a querela di parte.

Il Tribunale di primo grado, rilevando che la società danneggiata non aveva sporto querela entro i termini previsti dalla normativa transitoria, aveva dichiarato di non doversi procedere, di fatto chiudendo il processo per difetto della condizione di procedibilità.

Il Ricorso e la questione della contestazione tardiva

Il Pubblico Ministero ha impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione. La sua tesi si basava su un atto compiuto durante l’ultima udienza di primo grado: la contestazione tardiva di una nuova circostanza aggravante, quella di aver sottratto un bene destinato a pubblico servizio. Questa aggravante, se validamente contestata, avrebbe reso il reato nuovamente procedibile d’ufficio, superando così l’ostacolo della mancata querela.

Secondo l’accusa, il potere di modificare l’imputazione può essere esercitato fino alla chiusura del dibattimento, in virtù del principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero, ritenendolo infondato. Pur riconoscendo che, in linea di principio, la contestazione suppletiva può avvenire fino alla conclusione del dibattimento, i giudici hanno posto un limite invalicabile.

Richiamando una fondamentale pronuncia delle Sezioni Unite (la sentenza “Domingo”), la Corte ha chiarito che il potere di contestare efficacemente un’aggravante si arresta nel momento in cui è già maturata una condizione che impone al giudice di dichiarare l’improcedibilità dell’azione (ai sensi dell’art. 129 c.p.p.).

Nel caso specifico, alla data dell’udienza in cui il PM ha tentato la modifica dell’accusa (30 giugno 2023), il termine per la presentazione della querela da parte della società del gas era già decorso. Pertanto, la condizione di improcedibilità si era già consolidata e cristallizzata. La contestazione successiva non poteva avere alcun effetto di ‘reviviscenza’ su un’azione penale che, dal punto di vista procedurale, era già ‘morta’. In altre parole, un’azione penale non può essere resuscitata da una modifica dell’accusa quando la sua sorte è già segnata dalla mancanza di un presupposto essenziale.

Le conclusioni: il principio di diritto

La sentenza ribadisce un principio di certezza giuridica e di rispetto delle scansioni processuali. Il potere del Pubblico Ministero di adeguare l’imputazione ai fatti emersi in dibattimento non è assoluto. Esso trova un limite invalicabile nella maturazione di una causa di improcedibilità. Una volta che la mancanza della querela ha reso l’azione penale non più perseguibile, qualsiasi tentativo successivo di modificare il quadro accusatorio per ‘aggirare’ l’ostacolo è destinato a fallire. La contestazione tardiva non può sanare una carenza originaria e ormai definitiva della procedibilità.

È possibile modificare l’accusa durante il processo per renderlo procedibile d’ufficio?
Sì, in linea di principio il Pubblico Ministero può contestare una circostanza aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio fino alla chiusura del dibattimento. Tuttavia, questa facoltà ha dei limiti precisi.

Cosa succede se un’aggravante viene contestata dopo la scadenza del termine per la querela?
Se la contestazione dell’aggravante avviene quando il termine per presentare la querela è già scaduto, tale contestazione è inefficace. La condizione di improcedibilità per mancanza di querela si è già consolidata e non può essere superata.

La contestazione tardiva di un’aggravante può ‘sanare’ la mancanza della querela?
No. La sentenza chiarisce che una contestazione effettuata quando l’azione penale è già diventata improcedibile non può comportarne la ‘reviviscenza’, ovvero non può farla tornare ‘in vita’. La mancanza della querela entro i termini stabiliti è un ostacolo definitivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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