Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 27692 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 27692 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI CATANIA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a SIRACUSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/11/2023 del TRIBUNALE di SIRACUSA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Siracusa ha dichiarato non doversi procedere per difetto di querela nei confronti di COGNOME NOME per il reato di furto d energia elettrica aggravato dalla violenza sulle cose.
Avverso la sentenza ricorre per saltum il AVV_NOTAIO Generale presso la Corte d’appello di Catania deducendo violazione di legge. Lamenta in particolare il ricorrente che illegittimamente il Tribunale avrebbe ritenuto inefficace, in quanto effettuata prima della formale apertura dell’istruttoria dibattimentale, la contestazione supplettiva svolta dal pubblico ministero all’udienza del 14 febbraio 2023 ai sensi dell’art. 517 c.p.p. e ad oggetto l’aggravante di cui all’art. 625 n. 7) c.p. in riferimento alla destinazione pubblico servizio dell’energia elettrica sottratta dall’imputato, circostanza dalla cu contestazione discendeva la procedibilità d’ufficio del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Va anzitutto ribadito che, in tema di furto, non può considerarsi legittimamente contestata in fatto la circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, c.p., configurata dall’essere i beni oggetto di sottrazione destinati a pubblico servizio, qualora nell’imputazione tale natura non sia esposta in modo esplicito, direttamente o mediante l’impiego di formule equivalenti atteso che la suddetta aggravante ha natura valutativa, in quanto impone una verifica di ordine giuridico sulla natura della res oggetto di sottrazione, sulla sua specifica destinazione e sul concetto di pubblico servizio, la cui nozione è variabile in quanto condizionata dalle mutevoli scelte del legislatore (Sez. 5, n. 3741 del 22/01/2024, COGNOME, Rv. 285878).
Il P.G. ricorrente non contesta, se non che in maniera assolutamente generica, l’avvenuta contestazione in fatto della menzionata aggravante nell’imputazione originaria, ma lamenta invece la violazione dell’art. 517 c.p.p. per avere il giudice ritenuto inefficace la contestazione supplettiva della medesima aggravante effettuata dal pubblico ministero all’udienza del 14 febbraio 2023, in quanto intervenuta prima della formale dichiarazione dell’apertura del dibattimento.
In proposito va evidenziato anzitutto come il pubblico ministero abbia proceduto alla contestazione supplettiva nella pendenza del termine assegnato dall’art. 85 d.lgs. n.
150 del 2022 alla persona offesa per proporre la querela in conseguenza del mutato regime di procedibilità del reato disposto dallo stesso decreto.
Ciò premesso illegittimamente il giudice del merito ha ritenuto “inefficace” la contestazione supplettiva, considerando irrituale la sua effettuazione dopo la verifica della regolare costituzione delle parti, ma prima della formale apertura del dibattimento. Infatti, non solo il precedente giurisprudenziale evocato a sostegno della propria conclusione da parte del Tribunale specificamente ha ritenuto legittima la contestazione supplettiva operata prima che il giudice provveda ai sensi dell’art. 492 c.p.p. (Sez. 6, n. 9002 del 08/01/2020, Di Re, Rv. 278562), ma altresì nella motivazione del provvedimento impugnato, contrariamente a quanto sostenuto dalla sentenza impugnata, ha inteso ribadire il consolidato orientamento di questa Corte per cui va riconosciuto al pubblico ministero il potere di procedere nel dibattimento alla modifica dell’imputazione o alla formulazione di nuove contestazioni senza specifici limiti temporali o di fonte, in quanto l’imputato ha facoltà di chiedere al giudice un termine per contrastare l’accusa, esercitando ogni prerogativa difensiva come la richiesta di nuove prove o il diritto ad essere rimesso in termini per chiedere riti alternativi o l’oblazione (ex multis Sez. 6, n. 18749 del 11/04/2014, B., Rv. 262614; Sez. 5, n. 8631 del 21/09/2015, dep. 2016, Scalia, Rv. 266081). La sentenza COGNOME, dunque, non ha inteso limitare la possibilità di effettuare la contestazione supplettiva prima della formale apertura del dibattimento all’ipotesi di mero errore materiale nella formulazione dell’originaria imputazione, come sostenuto dal giudice del merito.
Deve dunque concludersi che la contestazione supplettiva dell’aggravante in grado di rendere perseguibile d’ufficio il reato imputato alla Lisitano era stata ritualmente effettuata dal pubblico ministero e che il Tribunale doveva tenerne conto ai fini della propria decisione.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata e deve essere disposto il rinvio per il giudizio ai sensi dell’art. 569 comma 4 c.p. alla Corte d’appello Catania.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per il giudizio alla Corte di appello di Catania.