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Contestazione suppletiva tardiva: furto non punibile

La Corte di Cassazione ha stabilito che una contestazione suppletiva, finalizzata a introdurre un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio, è inefficace se interviene quando il termine per la presentazione della querela è già scaduto. Nel caso di furto di energia elettrica, il Pubblico Ministero non ha potuto ‘salvare’ il processo con una nuova contestazione, poiché la condizione di procedibilità era già venuta meno, imponendo il proscioglimento dell’imputato.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione suppletiva tardiva: furto non punibile se la querela è assente

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13776 del 2024, affronta un tema cruciale di procedura penale: i limiti temporali della contestazione suppletiva. Il caso riguarda un furto di energia elettrica e chiarisce che non è possibile ‘sanare’ la mancanza di una querela con una modifica dell’imputazione se i termini per presentare la querela stessa sono già scaduti. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Corte.

I Fatti del Caso: Il Furto di Energia Elettrica

Il procedimento penale nasceva a carico di un individuo accusato del reato di furto di energia elettrica, aggravato dall’uso di un mezzo fraudolento. Nello specifico, l’imputato aveva collegato dei conduttori privati direttamente alla presa di alimentazione del contatore, bypassandolo per evitare la registrazione dei consumi.

Il Tribunale di primo grado, tuttavia, dichiarava di non doversi procedere. Il motivo? Mancava una condizione fondamentale per poter proseguire con il processo: la querela da parte della società elettrica danneggiata. A seguito della Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022), infatti, alcune ipotesi di furto sono diventate procedibili solo a querela di parte.

L’Iter Giudiziario e il Ricorso del Pubblico Ministero

Contro la decisione del Tribunale, il Pubblico Ministero ha proposto ricorso immediato per cassazione. La sua tesi si basava su un evento accaduto durante l’udienza del 30 giugno 2023: in quella sede, l’accusa aveva effettuato una contestazione suppletiva, aggiungendo all’imputazione originaria una nuova aggravante. Si trattava della circostanza di aver commesso il furto su una cosa destinata a pubblico servizio, ovvero l’energia elettrica.

Questa aggravante, secondo le nuove norme, rende il reato di furto procedibile d’ufficio, superando così la necessità della querela. Il PM sosteneva quindi che il giudice avrebbe dovuto prendere atto della nuova contestazione e proseguire con il processo, anziché dichiararlo improcedibile.

Le Motivazioni della Cassazione: I Limiti della Contestazione Suppletiva

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero, confermando la decisione del Tribunale. Le motivazioni della sentenza sono estremamente importanti perché fissano un paletto invalicabile al potere di modifica dell’imputazione da parte dell’accusa.

Il Principio delle Sezioni Unite ‘Domingo’

La Corte richiama una sua precedente e fondamentale pronuncia a Sezioni Unite (la sentenza ‘Domingo’, n. 49935/2023). Questo precedente ha stabilito un principio cardine: il potere di contestare efficacemente una circostanza aggravante si arresta nel momento in cui è già maturata una condizione che impone al giudice di prosciogliere l’imputato, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.

L’Impossibilità di ‘Reviviscenza’ dell’Azione Penale

Applicando questo principio al caso specifico, i Giudici hanno osservato che la contestazione suppletiva era avvenuta il 30 giugno 2023. A quella data, però, era già ampiamente scaduto il termine che la legge (art. 85 del d.lgs. n. 150/2022) concedeva alla persona offesa per presentare la querela per i reati divenuti procedibili a querela con la riforma.

In altre parole, nel momento in cui il PM ha tentato di modificare l’accusa, l’azione penale era già ‘morta’ per mancanza della sua condizione di procedibilità. La contestazione, quindi, è stata ritenuta tardiva e inefficace, poiché non può far ‘rivivere’ un’azione penale che la legge considera già estinta.

Le Conclusioni: Quando una Contestazione è Inefficace

La sentenza ribadisce un concetto fondamentale di garanzia e di certezza del diritto: le modifiche all’imputazione sono possibili fino alla chiusura del dibattimento, ma non possono essere utilizzate come strumento per aggirare decadenze già maturate. Se manca una condizione di procedibilità e i termini per sanarla sono scaduti, il processo deve concludersi con una sentenza di non doversi procedere. La contestazione suppletiva non può fungere da ‘macchina del tempo’ per rimettere in gioco un’azione penale ormai compromessa.

È possibile modificare l’accusa durante un processo per aggiungere un’aggravante che rende un reato procedibile d’ufficio?
Sì, in linea di principio il Pubblico Ministero può effettuare una contestazione suppletiva per aggiungere un’aggravante fino alla conclusione del dibattimento.

Qual è il limite temporale per effettuare una contestazione suppletiva efficace?
La contestazione suppletiva è inefficace se interviene dopo che è già maturata una causa di improcedibilità del reato. Non può essere utilizzata per ‘salvare’ un processo quando la condizione per proseguire (in questo caso, la querela) è già definitivamente venuta meno per decorrenza dei termini.

Una contestazione suppletiva può sanare la mancata presentazione della querela nei termini di legge?
No. Secondo la sentenza, se il termine per presentare la querela è scaduto, l’azione penale diventa improcedibile. Una successiva contestazione di un’aggravante non può ‘far rivivere’ il procedimento e risulta, pertanto, giuridicamente inefficace.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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