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Contestazione suppletiva: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso, confermando la legittimità della contestazione suppletiva effettuata dal Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 517 c.p.p. L’ordinanza chiarisce che la scelta di aggiungere un’aggravante in corso di causa è una facoltà processuale non sindacabile nel merito, se esercitata nel rispetto dei termini di prescrizione. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione Suppletiva: Quando il PM può Modificare l’Accusa in Corso di Causa

L’istituto della contestazione suppletiva rappresenta uno strumento cruciale nel processo penale, consentendo al Pubblico Ministero di adeguare l’imputazione alle risultanze emerse durante il dibattimento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini e la legittimità di tale potere, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato che ne contestava l’esercizio. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello, ha presentato ricorso per Cassazione lamentando una presunta violazione di legge. Il punto centrale della sua doglianza riguardava la decisione del Pubblico Ministero di aggiungere, nel corso del processo di primo grado, una circostanza aggravante specifica, quella prevista per aver commesso un reato su un bene destinato a pubblico servizio. Secondo il ricorrente, tale scelta era illegittima. La difesa ha sostenuto che la natura valutativa della circostanza e le strategie processuali del PM rendessero la contestazione non valida.

La Valutazione della Corte sulla Contestazione Suppletiva

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente le argomentazioni del ricorrente, definendo il motivo di ricorso ‘manifestamente infondato’. La decisione si basa su una serie di punti chiari e inequivocabili che delineano la portata del potere del Pubblico Ministero.

In primo luogo, i giudici hanno sottolineato che l’articolo 517 del codice di procedura penale conferisce esplicitamente al Pubblico Ministero la facoltà di procedere a una contestazione suppletiva. Non si tratta di un’anomalia, ma di un potere riconosciuto dal codice di rito.

In secondo luogo, la Corte ha specificato che le motivazioni strategiche che spingono il PM a effettuare tale contestazione sono irrilevanti ai fini della sua legittimità. L’organo dell’accusa agisce nell’esercizio di una facoltà discrezionale che la legge gli attribuisce.

Infine, sono stati verificati due presupposti formali essenziali: la contestazione era avvenuta prima che scadesse il termine di prescrizione del reato e, di conseguenza, non vi era alcun motivo di appello valido fondato sulla presunta illegittimità della scelta processuale del PM.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte risiede nella netta distinzione tra la legalità di un atto processuale e l’opportunità strategica dello stesso. Il ricorso dell’imputato si concentrava su quest’ultimo aspetto, criticando la scelta del PM, ma senza riuscire a dimostrare una violazione di legge. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: finché il Pubblico Ministero esercita una facoltà prevista dalla legge (come la contestazione suppletiva ex art. 517 c.p.p.) nel rispetto delle regole procedurali (come i termini di prescrizione), la sua scelta non è sindacabile nel merito. L’insistenza del ricorrente sulla natura ‘valutativa’ dell’aggravante è stata giudicata irrilevante, poiché ciò che conta è che la contestazione sia stata formalmente effettuata.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida l’orientamento secondo cui il potere di contestazione suppletiva del Pubblico Ministero è ampio e discrezionale, purché esercitato nei binari della legalità formale. Per la difesa, ciò significa che contestare la scelta del PM sul piano della mera opportunità o della strategia processuale è una via destinata al fallimento. L’unica strada percorribile per contrastare una contestazione di questo tipo è dimostrare una violazione di specifiche norme procedurali. La decisione si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a conferma della palese infondatezza delle sue censure.

Può il pubblico ministero aggiungere una circostanza aggravante durante il processo?
Sì, in base all’articolo 517 del codice di procedura penale, il pubblico ministero ha la facoltà di effettuare una ‘contestazione suppletiva’ per aggiungere un’aggravante emersa durante l’istruttoria dibattimentale, a condizione che ciò avvenga prima che sia decorso il termine di prescrizione.

È possibile fare ricorso contro la scelta strategica del pubblico ministero di aggiungere un’aggravante?
No, secondo questa ordinanza, la scelta di effettuare una contestazione suppletiva è una facoltà processuale del pubblico ministero. Se l’atto è formalmente legittimo e tempestivo, non può essere oggetto di ricorso basato sulla sua presunta inopportunità o sulla strategia processuale adottata dall’accusa.

Cosa comporta la dichiarazione di ‘manifesta infondatezza’ di un ricorso in Cassazione?
Comporta che il ricorso venga dichiarato inammissibile, ovvero la Corte non esamina il merito della questione. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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