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Contestazione suppletiva: potere-dovere del PM

La Cassazione ha stabilito che il Pubblico Ministero ha il potere e il dovere di modificare l’imputazione in dibattimento tramite la contestazione suppletiva, ad esempio aggiungendo una circostanza aggravante. Il giudice non può dichiarare tardiva tale richiesta né bloccarla, anche se ciò influisce sulla procedibilità del reato. La Corte ha annullato la decisione di un Tribunale che aveva dichiarato l’improcedibilità per mancanza di querela, ignorando la richiesta del PM di contestare un’aggravante che avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio. Tale decisione è stata considerata illegittima perché viola il potere esclusivo del PM nell’esercizio dell’azione penale.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione suppletiva: il potere-dovere del PM che il giudice non può sindacare

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine del processo penale: il Pubblico Ministero ha il potere, che è anche un dovere, di modificare l’imputazione nel corso del dibattimento attraverso la contestazione suppletiva. Il giudice non può opporsi a tale modifica, neanche se questa incide sul regime di procedibilità del reato. La pronuncia chiarisce i confini tra le funzioni dell’accusa e quelle del giudice, specialmente alla luce delle recenti riforme che hanno ampliato i reati procedibili a querela.

I fatti di causa

Il caso nasce da un procedimento per furto di energia elettrica. A seguito della Riforma Cartabia, questo reato è diventato procedibile a querela di parte, salvo la presenza di specifiche aggravanti. Nel corso del processo, il Tribunale aveva rilevato che era scaduto il termine per presentare la querela. Di conseguenza, si apprestava a dichiarare l’improcedibilità dell’azione penale.

Tuttavia, il Pubblico Ministero, durante l’udienza, aveva chiesto di effettuare una contestazione suppletiva, aggiungendo all’accusa la circostanza aggravante della destinazione del bene (l’energia elettrica) a un pubblico servizio. Tale aggravante avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio, superando così l’ostacolo della mancanza di querela. Il Tribunale, però, rigettava la richiesta del PM, ritenendola tardiva, e pronunciava sentenza di non doversi procedere. Contro questa decisione, il Procuratore ha proposto ricorso per cassazione.

Il potere di contestazione suppletiva del Pubblico Ministero

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, censurando duramente la decisione del Tribunale. I giudici supremi hanno ribadito che, in tema di nuove contestazioni in dibattimento, il giudice non può esercitare alcun sindacato preventivo sull’ammissibilità della richiesta del PM. La contestazione suppletiva, prevista dagli articoli 516 e 517 del codice di procedura penale, è un potere esclusivo dell’organo di accusa, inerente all’esercizio dell’azione penale garantito dall’articolo 112 della Costituzione.

Questo potere serve a far sì che l’imputazione sia sempre aderente a quanto emerge dalle prove raccolte durante il processo, garantendo la necessaria correlazione tra l’accusa e la sentenza. Il PM può modificare l’imputazione o aggiungere un’aggravante in qualsiasi momento dopo l’apertura del dibattimento e prima della chiusura dell’istruzione dibattimentale. Il giudice non ha il potere di autorizzare o negare tale atto; il suo compito è prenderne atto e garantire i diritti della difesa, concedendo all’imputato, se richiesto, un termine per preparare le proprie controdeduzioni.

La contestazione suppletiva e la procedibilità

La Corte ha chiarito che l’errore del Tribunale è stato quello di considerare la richiesta del PM “tardiva” basandosi su un presupposto errato: il decorso del termine per la querela. La modifica dell’imputazione con l’aggiunta di un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio è proprio uno degli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione del PM per adeguare l’azione penale alle risultanze processuali. Dichiarare l’improcedibilità prima di consentire al PM di esercitare questo potere-dovere costituisce una violazione di legge e una limitazione indebita dell’iniziativa dell’accusa.

Le motivazioni

La Cassazione ha fondato la sua decisione su un consolidato orientamento giurisprudenziale, anche delle Sezioni Unite. La facoltà del Pubblico Ministero di procedere a nuove contestazioni in dibattimento non ha limiti temporali specifici, se non quello della chiusura dell’istruzione dibattimentale. Questo potere può essere esercitato anche sulla base di elementi già presenti negli atti di indagine ma non considerati inizialmente. Il giudice non può arrogarsi un potere, che nessuna norma gli riconosce, di negare al PM il compimento di un atto obbligatorio e insindacabile come la contestazione di una circostanza aggravante. La decisione del Tribunale, anticipando la declaratoria di improcedibilità e bloccando la contestazione, ha determinato un vulnus (una lesione) al contraddittorio e all’integrità del processo, limitando ingiustificatamente il potere delle parti. Pertanto, la sentenza impugnata è stata annullata con rinvio al Tribunale per un nuovo giudizio, dopo aver dichiarato la prescrizione per una parte dei reati contestati.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma con forza la separazione dei ruoli tra giudice e Pubblico Ministero nel processo penale. Il potere di modificare l’accusa durante il dibattimento è una prerogativa fondamentale e incoercibile dell’accusa, finalizzata a garantire che il processo si concentri sulla verità processuale che emerge dalle prove. Il giudice ha il ruolo di arbitro terzo e imparziale, garante dei diritti di tutte le parti, inclusi quelli dell’imputato a difendersi da una nuova accusa, ma non può interferire con le scelte strategiche e le prerogative dell’organo che esercita l’azione penale.

Un giudice può rifiutare la richiesta del Pubblico Ministero di aggiungere un’aggravante in dibattimento ritenendola tardiva?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il giudice non può esercitare alcun sindacato preventivo sull’ammissibilità della contestazione suppletiva proposta dal PM. Rifiutarla per tardività è illegittimo, poiché la legge non pone limiti temporali specifici all’esercizio di tale potere, se non la chiusura dell’istruttoria dibattimentale.

Cosa succede se la nuova aggravante contestata cambia la condizione di procedibilità del reato (ad esempio, da procedibile a querela a procedibile d’ufficio)?
La modifica è pienamente legittima. La contestazione suppletiva serve proprio ad adeguare l’accusa a quanto emerso nel processo. Se l’aggiunta dell’aggravante rende il reato procedibile d’ufficio, il processo deve proseguire sulla base della nuova imputazione, superando l’eventuale mancanza di querela.

Quali sono le garanzie per l’imputato in caso di contestazione suppletiva?
L’articolo 519 del codice di procedura penale garantisce il diritto di difesa dell’imputato. A seguito di una nuova contestazione, l’imputato ha il diritto di chiedere al giudice la concessione di un termine, non inferiore a venti giorni, per preparare la propria difesa sulla nuova accusa o sull’aggravante contestata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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