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Contestazione suppletiva: potere del PM e nullità

In un caso di furto di energia elettrica, la Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di non doversi procedere per mancanza di querela. Il tribunale di merito aveva erroneamente negato al Pubblico Ministero la possibilità di effettuare una contestazione suppletiva, aggiungendo un’aggravante che avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio. La Suprema Corte ha ribadito che la modifica dell’imputazione è un potere esclusivo e insindacabile del PM, e il rifiuto del giudice costituisce una violazione del contraddittorio che determina la nullità della sentenza.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione Suppletiva: Il Potere Intangibile del Pubblico Ministero

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 652/2024) ha riaffermato un principio cruciale della procedura penale: il potere del Pubblico Ministero di effettuare una contestazione suppletiva durante il dibattimento è esclusivo e non può essere impedito dal giudice. La decisione nasce da un caso di furto di energia elettrica, dove una modifica legislativa aveva cambiato le regole sulla procedibilità del reato, portando il tribunale a una declaratoria di improcedibilità che la Suprema Corte ha ritenuto illegittima e causa di nullità.

I Fatti del Caso

Il procedimento vedeva imputata una persona per il reato di furto aggravato, accusata di essersi impossessata di energia elettrica per un valore di oltre 4.000 euro tramite un allaccio abusivo alla rete di distribuzione. Inizialmente, il reato era procedibile d’ufficio. Tuttavia, a seguito dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), la fattispecie è diventata perseguibile solo a querela di parte.

Nel caso specifico, la società erogatrice dell’energia, pur essendo persona offesa, non aveva presentato alcuna querela entro i termini previsti dalla nuova normativa transitoria.

La Decisione del Tribunale e il Ricorso del PM

Di fronte alla palese mancanza della condizione di procedibilità, il Tribunale di Napoli Nord ha dichiarato il “non doversi procedere” nei confronti dell’imputata. Questa decisione è stata presa nonostante il Pubblico Ministero, proprio durante l’udienza, avesse chiesto di modificare il capo d’imputazione. L’intenzione del PM era di effettuare una contestazione suppletiva ai sensi dell’art. 517 c.p.p., aggiungendo la circostanza aggravante della destinazione del bene a “pubblico servizio” (art. 625, n. 7 c.p.).

L’aggiunta di tale aggravante avrebbe avuto un effetto decisivo: il reato sarebbe tornato a essere procedibile d’ufficio, superando così l’ostacolo della querela mancante. Il Tribunale, però, ha respinto la richiesta, considerandola un’attività processuale non consentita in quella fase e procedendo immediatamente alla declaratoria di improcedibilità. Il Pubblico Ministero ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il giudice non avesse il potere di bloccare la sua iniziativa.

La Contestazione Suppletiva e il Potere del PM secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso del Pubblico Ministero, annullando la sentenza impugnata. I giudici supremi hanno chiarito che il potere di effettuare una contestazione suppletiva è una prerogativa esclusiva dell’accusa, strettamente legata all’esercizio dell’azione penale, la cui obbligatorietà è sancita dall’art. 112 della Costituzione.

La Corte ha specificato che, a norma dell’art. 517 c.p.p., il PM “contesta” all’imputato la circostanza aggravante emersa dagli atti, senza che la legge preveda alcuna autorizzazione o sindacato preventivo da parte del giudice. Un potere di autorizzazione del giudice è previsto solo in casi diversi, come per la contestazione di un fatto nuovo (art. 518 c.p.p.), ma non per l’aggiunta di un’aggravante.

Violazione del Contraddittorio e Nullità della Sentenza

Impedendo al PM di modificare l’imputazione e accelerando verso una conclusione del processo de plano, il Tribunale ha commesso un grave errore procedurale. Ha violato il principio del contraddittorio, impedendo alle parti di discutere pienamente su tutti gli aspetti del procedimento, inclusa la nuova contestazione e le sue conseguenze. Questa decisione ha compresso ingiustificatamente l’iniziativa dell’accusa e ha portato a una sentenza viziata da nullità di ordine generale, come previsto dagli artt. 178 e 179 c.p.p.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che il giudice del dibattimento, di fronte alla richiesta di contestazione suppletiva, non può arrogarsi un potere che la legge non gli conferisce. Il suo compito è quello di prendere atto della modifica e garantire che il processo prosegua nel rispetto dei diritti della difesa, come previsto dall’art. 519 c.p.p. (che concede all’imputato un termine a difesa e la facoltà di chiedere nuove prove). Dichiarare immediatamente il non doversi procedere, ignorando la richiesta del PM, significa anticipare una decisione finale senza aver completato l’istruttoria e senza aver consentito un pieno dibattito processuale. La Corte ha ribadito che, anche in presenza di una causa di improcedibilità sopravvenuta, il processo deve consentire al PM di esercitare i suoi poteri per superarla, qualora la legge lo consenta, come nel caso di una contestazione che modifichi il regime di procedibilità.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza afferma un principio cardine: il potere del Pubblico Ministero di modificare l’imputazione in dibattimento tramite contestazione suppletiva di una circostanza aggravante è insindacabile e imperativo. Il giudice non può rifiutarsi di prenderne atto. Un’eventuale decisione contraria, che anticipi la chiusura del processo basandosi sull’imputazione originaria, è illegittima e determina la nullità della sentenza per violazione del contraddittorio e delle norme sull’esercizio dell’azione penale. La causa deve quindi tornare al tribunale di primo grado per un nuovo giudizio che tenga conto della corretta procedura.

Può un giudice impedire al Pubblico Ministero di modificare un’imputazione in dibattimento aggiungendo un’aggravante?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la contestazione suppletiva di una circostanza aggravante (art. 517 c.p.p.) è un potere esclusivo e insindacabile del Pubblico Ministero. Il giudice non può esercitare alcun controllo preventivo o rifiutarsi di prenderne atto.

Cosa succede se un reato diventa procedibile a querela durante il processo e la querela manca?
Il Pubblico Ministero può ancora modificare l’imputazione contestando una circostanza aggravante che renda il reato nuovamente procedibile d’ufficio. Il processo non può essere dichiarato immediatamente improcedibile senza prima aver consentito al PM di esercitare questo suo potere.

Qual è la conseguenza di una sentenza che impedisce la contestazione suppletiva e dichiara subito il non doversi procedere?
La sentenza è nulla. Secondo la Corte, un simile comportamento del giudice costituisce una violazione del principio del contraddittorio e delle norme che regolano l’esercizio dell’azione penale, viziando insanabilmente la decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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