Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 652 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 652 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE RAGIONE_SOCIALE PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI NAPOLI NORD nel procedimento a carico di:
NOME nato a NAPOLI il 25/03/1971
avverso la sentenza del 07/04/2023 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del PG, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata
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RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Napoli Nord ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME per mancanza della necessaria condizione di procedibilità costituita dalla querela, in relazione al reato contestato ai sensi degli artit. 624 e 625, n.2, cod.pen., per essersi impossessata – nella qualità di intestataria e utilizzatrice di una fornitura ENEL installata presso la propria abitazione – di energia elettrica dal valore di C 4.264,76 mediante allaccio abusivo e diretto alla rete di distribuzione, sottraendola all’ente erogatore e con l’aggravante di aver commesso il fatto con mezzo fraudolento.
Il Tribunale ha osservato che, all’esito dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n.150, la fattispecie contestata rientrava tra quelle divenute perseguibili a querela; ha rilevato che, in riferimento al regime transitorio dettato dall’art.85 del d.lgs. citato e alla conseguente decorrenza del termine per proporre querela dalla data di entrata in vigore della riforma, non era stata presentata alcuna istanza di punizione da parte della persona offesa RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, che anzi aveva manifestato e mezzo del proprio rappresentante pro tempore la volontà di non esercitare il relativo diritto; ha quindi rilevato che sussistevano i presupposti previsti dall’art.129 cod.proc.pen. per la pronuncia immediata di una sentenza di non doversi procedere nei confronti dell’imputata per la mancanza della necessaria condizione di procedibilità, situazione preclusiva di qualsiasi attività processuale e istruttoria di carattere ulteriore.
Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord, articolando un unitario motivo di impugnazione, con il quale ha dedotto l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale.
Ha censurato la decisione del Tribunale – risultante dalla lettura del verbale di udienza del 7/04/2023 – di non consentire la richiesta modifica del capo di imputazione in riferimento alla circostanza aggravante prevista dall’art.625, n.7, cod.pen., da operare ai sensi dell’art.517 cod.proc.pen., ritenendo che non si trattasse di un’attività processuale ulteriore rispetto a quelle effettivamente consentite; ha rilevato che la contestazione delle circostanze aggravanti era appannaggio esclusivo del Pubblico ministero 4 , i! quale, una volta instaurato il giudizio, poteva provvedere alla contestazione suppletiva anche anteriormente all’inizio dell’istruzione dibattimentale; ha censurato quindi la valutazione del Tribunale in ordine alla sussistenza dei presupposti previsti dall’art.129
cod.proc.pen., argomentando che il non avere consentito la suddetta contestazione suppletiva aveva impedito una reale indagine in ordine all’effettivo regime di procedibilità della fattispecie in contestazione.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Va necessariamente premesso che, in tema di nuove contestazioni in dibattimento, il giudice non può esercitare alcun sindacato preventivo sull’ammissibilità della contestazione del fatto diverso da come è descritto nel decreto che dispone il giudizio o del reato concorrente o della circostanza aggravante non menzionati in tale decreto, proposta dal pubblico ministero ai sensi degli artt. 516 e 517 cod. proc. pen., dovendo invece provvedere sul capo d’imputazione come modificato, stabilendo se sussiste o meno la responsabilità penale dell’imputato (Sez. 2 n. 9039 del 17/01/2023, COGNOME, RV. 284289).
2.1 Tale affermazione si inserisce in un costante orientamento già ribadito da precedenti pronunce (Sez. 6, n. 37577 del 15/10/2010, COGNOME, Rv. 248539 – 01 in motivazione)/ secondo cui gli artt. 516 e ss. cod.proc.pen., inseriti sotto la rubrica “Nuove contestazioni”, disciplinano l’esercizio dell’azione penale nel corso del dibattimento, mirando a salvaguardare il principio della necessaria correlazione tra accusa e sentenza.
Difatti, ai sensi delle disposizioni citate, il Pubblico ministero interviene sull’imputazione enunciata nell’atto che instaura il giudizio, per adeguarla a quanto emerge dalle prove raccolte, in modo che il dibattimento possa proseguire e la decisione conformarsi alla fattispecie concreta corretta e/o ampliata.
Conseguendone che effettuare una nuova contestazione è un potere esclusivo del pubblico ministero, inerente all’esercizio dell’azione penale, la cui obbligatorietà è prescritta dall’art. 112 Cost.; inoltre, nell’ipotesi in esame (art 517 cod.proc.pen.), non è richiesto né il consenso dell’imputato e nemmeno l’autorizzazione del giudice; pertanto, la decisione del giudice del dibattimento che, arrogandosi un potere che nessuna norma gli riconosce, nega al Pubblico ministero il compimento di un atto imperativo, insindacabile e obbligatorio qualf è la rt i contestazione della circostanza aggravante, deve considerarsi contra GLYPH alle disposizioni processuali di riferimento.
Nello stesso senso si era già affermato che “avvenuta, infatti, la contestazione del reato connesso da parte del pubblico ministero, il giudice che procede ha l’obbligo di provvedere in ordine al nuovo capo di imputazione, stabilendo se sussiste o meno la responsabilità penale dell’imputato, ovvero dichiarando la propria incompetenza perché il fatto appartiene a quella di un giudice superiore. E ove il giudicante ometta di decidere nel senso su riferito, la sentenza da lui resa potrà essere utilmente impugnata in quanto non si è pronunciata su di un capo di imputazione. Anzi, è proprio questo l’unico rimedio a disposizione del rappresentante della pubblica accusa avverso il rifiuto del giudicante a provvedere sulla contestazione effettuata ai sensi dell’articolo 517 cod.proc.pen., dal momento che la possibilità di procedere autonomamente da taluni prospettata è data per il reato connesso, ma non per la circostanza ac;lgravante” (Sez. 2, n. 5180 del 5/11/1999, COGNOME, RV. 215184, in motivazione).
A conferma di tale principio è sufficiente osservare che l’ad. 517 stabilisce esclusivamente che il pubblico ministero “contesta all’imputato” d reato connesso o la circostanza aggravante emersa dagli atti del dibattimento, senza prevedere alcun potere di intervento per l’organo giudicante, come fa invece l’art. 518 cod. proc. pen. con riferimento alla contestazione di un fatto nuovo, stabilendo che il presidente del collegio “può autorizzarla”; emerge pertanto evidente come, dalla ricognizione delle norme di riferimento, in presenza di una circostanza aggravante al giudice che procede è preclusa qualsiasi attività discrezionale posto che l’unico titolare dell’azione penale, il pubblico ministero, può procedere alla modifica dell’imputazione.
2.2 Ulteriore argomento si trae dalla lettura della motivazione della sentenza della Corte costituzionale del 9 luglio 2015 n. 139 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 517 del cod.proc.pen., nella parte in cui nel caso di contestazione di una circostanza aggravante che già risultava dagli atti di indagine al momento dell’esercizio dell’azione penale, non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al reato oggetto della nuova contestazione e che ha precisato che: la contestazione “tardiva” di circostanze aggravanti, è idonea a determinare «un significativo mutamento del quadro processuale», potendo incidere in modo rilevante sull’entità della sanzione – tanto più quando si tratti di circostanze ad effetto speciale – e talvolta sullo stesso regime di procedibilità del reato.
La Corte ha osservato, inoltre, che l’imputato che si veda contestare in dibattimento una circostanza aggravante già risultante dagli al:ti di indagine si trova in situazione non dissimile da quella del destinatario della contestazione “tardiva” di un fatto diverso: sicché, una volta divenuta ammissibile la richiesta di patteggiamento nel caso di modificazione dell’imputazione a norma dell’art. 516
cod. proc. pen., la preclusione di essa nel caso di contestazione di una nuova circostanza aggravante, ai sensi dell’art. 517 cod. proc. pen., risulta foriera di ingiustificate disparità di trattamento al pari della richiesta di giudizio abbreviato.
2.3 In conclusione deve affermarsi che il potere del pubblico ministero di procedere alla contestazione di una circostanza aggravante non è soggetta a preclusioni temporali fino alla chiusura dell’istruttoria dibattimentale di primo grado, né a limiti di fonte potendo essere utilizzati a tale fine elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari, ovvero nella udienza preliminare, nonché quelli emersi nel corso dell’istruttoria dibattimentale e, come emerge dal chiaro tenore dell’art. 517 cod.proc.pen., non è sottoposto a condizioni o all’autorizzazione da parte del giudice del dibattimento e, semmai, impone il rispetto del contraddittorio in favore dell’imputato e l’esercizio da parte di questi delle facoltà riconosciute dall’art. 519 cod.proc.pen..
2.4 Tale principio è stato quindi affermato specificamente da questa Corte proprio in relazione alla fattispecie concreta in esame e attinente al tema dei reati divenuti perseguibili a querela a seguito della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, essendo stato ritenuto che – nel caso di intervenuto decorso del termine previsto all’art. 85 del d.lgs. citato senza che sia stata proposta la querela – sia consentito al pubblico ministero di n -iodificare l’imputazione in udienza mediante la contestazione di una circostanza aggravante per effetto della quale il reato divenga procedibile di ufficio, essendo lo stesso investito, anche in difetto di sopravvenienze dibattimentali rilevanti a tale fine, del potere-dovere di esercitare l’azione penale per un reato correttamente circostanziato (Sez. F, n. 43255 del 22/08/2023, COGNOME, Rv. 285216; Sez.4, n.48347 del 04/10/2023, COGNOME, n.m.; Sez.4, n.47769 del 22/11/2023, COGNOME, n.m.).
Va altresì rilevata, nel caso di specie, anche una violazione dei principi dettati dall’art.129, comma 1, cod.proc.pen. in tema di obbligatoria declaratoria immediata – tra le altre causali – del difetto di una condizione di procedibilità; profilo in ordine al quale vanno richiamate, dovendosi integralmente condividere, le argomentazioni espresse nella citata Sez.4, n,48347 del 04/10/2023.
Va difatti rilevato che l’ambito di intervento della predetta disposizione risulta modulato in base alla fase del procedimento in cui si prospetta o interviene la causa di non punibilità in quanto, se risulta consentito il proscioglimento predíbattimentale dell’imputato ai sensi dell’art.469 cod.proc.pen. allorquando non sia utile il vaglio dibattimentale in quanto l’azione penale non deve essere iniziata o più proseguita, ovvero in ipotesi di estinzione del reato, una volta che il contraddittorio risultp costituito nella sua massima pienezza, il ricorso alla pronuncia in rito deve sottostare al rispetto del principio del contraddittorio in
quanto in tale sede, così come nel giudizio di appello, il giudice è in grado di valutare la scelta della formula più favorevole per l’imputato iessendosi realizzata la piena dialettica processuale delle parti, ovvero, quando si prospetti una definizione in rito, di considerare la necessità di ultimare Ot’ istruzione dibattimentale, ovvero di sollecitare la definizione del giudizio soltanto all’esito di una preventiva interlocuzione dei contraddittori su tutti i temi processuali e probatori emersi o sollevati nel corso del giudizio.
Sotto questo profilo deve ribadirsi che il rispetto del principio del contraddittorio assume rilievo costituzionale e rango pregiudiziale ampiamente valorizzato dalla giurisprudenza EDU, la cui violazione costituisce la fonte di tutte le forme di nullità previste dal codice di rito.
Ne consegue pertanto che “la sentenza emessa senza la preventiva interlocuzione delle parti processuali integra necessariamente la massima violazione del contraddittorio e, quindi risulta viziata da nullità assoluta e insanabile” (Sez. U, Sentenza n. 28954 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 269809).
Deve quindi ritenersi che il Tribunale, nel pronunciare sentenza di immediata declaratoria del proscioglimento dell’imputata per mancanza della condizione di procedibilità del reato di furto pluriaggravato abbia violato i principi sopra evidenziati, sia per avere sostanzialmente escluso, nel corso del dibattimento, la facoltà del Pubblico ministero di procedere alla contestazione suppletiva della circostanza aggravante della destinazione “a pubblico servizio” di cui all’art.625 comma 1 n.7 ultima parte cod.pen., sia per avere anticipato la decisione, pervenendo ad una declaratoria ai sensi dell’art.129 cod.proc.pen, dettando, ancor prima della chiusura della istruzione dibattimentale, i termini della discussione finale (limitata alla ricorrenza di un mutamento del regime della procedibilità del reato ascritto), nonostante fosse stato sollevato dall’organo della procura l’incidente relativo alla contestazione suppletiva.
In sostanza, pertanto, il Tribunale non ha considerato che il Pubblico ministero aveva formulato una contestazione suppletiva la quale – in astratto – avrebbe consentito di ricondurre la fattispecie nell’alveo della punibilità di ufficio omettendo del tutto di riconoscere all’imputato le garanzie previste dall’art.519 cod.proc.pen. una volta che la contestazione suppletiva era divenuta patrimonio del processo, omettendo di valutare le sopravvenienze istruttorie, pure intervenute nel corso del giudizio, le quali avrebbero potuto concorrere a confortare la plausibilità della contestazione suppletiva medesima limitandosi a rilevare la sopravvenuta improcedibilità dell’azione penale per mancata presentazione della querela da parte della persona offesa entro il termine di legge e invitando le parti a confrontarsi solo su tale tema, riconosciuto come pregiudiziale.
Orbene, la stessa disposizione di cui all’art.469 cod.proc.pen. consente al giudice di pronunciare il proscioglimento predibattimentale per alcune specifiche ipotesi (quali la improcedibilità dell’azione penale) dopo avere sentito le parti, soltanto quando per accertare la causa di proscioglimento “non è necessario procedere al dibattimento”; nel caso di specie il mutamento della procedibilità non solo era sopravvenuto alla instaurazione del giudizio in cui era già stata in parte svolta istruzione dibattimentale, ma la pronuncia di improcedibilità non costituiva neppure il pacifico approdo dell’applicazione di una disposizione sopravvenuta, laddove è rimasto del tutto inesplorato l’ambito di operatività della ipotesi ancora procedibile di ufficio a seguito della introduzione dell’art.2, comma 1, lett.i) del D.Lgs. n.150 del 2022 e la sua compatibilità con il contenuto della imputazione (art.625 comma 1 n.7 cod.pen. e cioè se l’energia elettrica sottratta possa essere ritenuta destinata a pubblico servizio o a pubblica utilità) e del tutto irrisolto e non oggetto della discussione finale il tema della contestazione suppletiva, pure legittimamente formulata dal Pubblico ministero, a seguito dell’invito rivolto alle parti di confrontarsi solo con l’argomento della sopravvenuta improcedibilità dell’azione penale.
Ne consegue che l’ingiustificata accelerazione verso l’epilogo de plano del giudizio, come sopra evidenziato, ha determinato un rilevante vuThus alla pienezza del contraddittorio sui temi che formavano oggetto del procedimento, determinandone un ingiustificata compressione una volta che lo stesso era giunto al naturale epilogo dibattimentale e, al contempo, ha limitato l’iniziativa dell’ufficio del Pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale in una prospettiva di precisazione-integrazione del capo di imputazione, con riferimen1:o alla ricorrenza di una circostanza aggravante, la quale, se effettivamente riconosciuta come esistente anche a seguito di contestazione suppletiva, avrebbe assicurato la resistenza della fattispecie incriminatrice al mutamento delle condizioni di procedibilità pure introdotto, a fare data dal 30 dicembre 2022, dalla disciplina della riforma Cartabia.
4. Le inosservanze in cui è incorso il Tribunale sono riconducibili a ipotesi di nullità di ordine generale di cui all’art.178 cod.prciic.pen. laddove attengono ai limiti dell’esercizio dell’azione penale ai sensi dell’art.179 in relazione all’art.178 lett.b) cod.proc.pen. e al conseguente diritto delle parti private di contraddire sul punto; esse peraltro si atteggiano altresì quali vulnus alla stessa integrità del contraddittorio nel corso del giudizio, in quanto hanno determinato una ingiustificata limitazione al potere di intervento delle parti su 1:emi decisivi del giudizio.
In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli Nord per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli Nord, per l’ulteriore corso.
Così deciso il 7 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente