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Contestazione suppletiva: potere del PM e limiti

Un tribunale dichiara improcedibile un’accusa di furto di energia per mancanza di querela. La Cassazione annulla la decisione, affermando che il giudice non può impedire al PM la contestazione suppletiva di un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio. Il potere del PM di modificare l’imputazione durante il processo è un dovere non sindacabile dal giudice.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione suppletiva: il PM può sempre modificare l’accusa in dibattimento?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 15104/2024) riaccende i riflettori su un tema cruciale della procedura penale: il potere del Pubblico Ministero di modificare l’imputazione nel corso del processo. La decisione chiarisce i confini dell’intervento del giudice di fronte a una contestazione suppletiva, specialmente quando questa incide sulle condizioni di procedibilità del reato. Il caso, nato da un’accusa di furto di energia elettrica, offre spunti fondamentali per comprendere l’equilibrio tra i poteri dell’accusa e i diritti della difesa.

I fatti del caso: un furto di energia e la questione della procedibilità

Il procedimento penale aveva ad oggetto un’accusa di furto di energia elettrica, realizzato tramite un allaccio abusivo alla rete di distribuzione. Inizialmente, il reato era contestato ai sensi degli articoli 624 e 625 n. 2 del codice penale. Tuttavia, a seguito della Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), la procedibilità per tale reato è stata subordinata alla presentazione di una querela da parte della persona offesa, da sporgere entro 90 giorni.

Nel corso del dibattimento, il Tribunale rilevava che il termine per la presentazione della querela era scaduto senza che la società erogatrice dell’energia avesse agito. Di conseguenza, il reato sembrava non più perseguibile. A questo punto, il Pubblico Ministero manifestava la volontà di effettuare una contestazione suppletiva, aggiungendo all’imputazione l’aggravante prevista dall’articolo 625 n. 7 c.p., ovvero l’aver sottratto un bene (l’energia elettrica) destinato a un pubblico servizio. Tale aggravante avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio, superando l’ostacolo della mancata querela.

La decisione del Tribunale: richiesta del PM tardiva

Il Tribunale di Siracusa rigettava la richiesta del PM, ritenendola tardiva. Secondo il giudice di primo grado, una volta divenuta improcedibile l’azione penale per la mancata querela, si esaurisce ogni potere di indagine e di modifica dell’accusa. Pertanto, il Tribunale dichiarava il non doversi procedere nei confronti dell’imputato, senza consentire la modifica dell’imputazione. Contro questa decisione, il Procuratore della Repubblica proponeva ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge.

Il potere di contestazione suppletiva secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore, annullando la sentenza del Tribunale. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio fondamentale: il potere del PM di effettuare una contestazione suppletiva ai sensi dell’art. 517 c.p.p. (per circostanze aggravanti o reati connessi emersi nel dibattimento) è un “potere-dovere” che non può essere sottoposto a un sindacato preventivo di ammissibilità da parte del giudice. Il giudice del dibattimento, di fronte a tale richiesta, non può rifiutarla ma deve prenderne atto, modificare il capo d’imputazione e proseguire il processo, garantendo ovviamente i diritti della difesa.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che il potere di modificare l’imputazione è espressione del principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale (art. 112 Cost.). Il suo scopo è quello di adeguare l’accusa a quanto emerge dalle prove raccolte durante il dibattimento, assicurando la necessaria correlazione tra l’imputazione e la sentenza finale. Impedire al PM di esercitare questo potere equivale a una illegittima limitazione della sua funzione.

Secondo la Cassazione, il Tribunale ha errato nel dichiarare immediatamente l’improcedibilità. Avrebbe dovuto, invece, ammettere la nuova contestazione e solo all’esito del processo, dopo la riapertura del contraddittorio e la valutazione delle prove, decidere sulla fondatezza sia del reato base sia della nuova aggravante. Il giudice non ha il potere di bloccare “ora per allora” una contestazione su un’imputazione che non è più attuale, ma deve decidere sulla base della regiudicanda come risultante dalla legittima modifica operata dal PM.

La Corte ha sottolineato che l’imputato è pienamente tutelato, in quanto l’art. 519 c.p.p. gli concede il diritto di chiedere un termine a difesa (non inferiore a 20 giorni) per preparare la sua strategia processuale sulla nuova accusa, potendo anche richiedere nuove prove o l’accesso a riti alternativi. Pertanto, l’esercizio del potere del PM non crea uno squilibrio processuale, ma adegua l’accusa alla realtà emersa, nel pieno rispetto del contraddittorio.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante promemoria sulla dinamica processuale e sulla ripartizione dei poteri tra giudice e Pubblico Ministero. Viene riaffermato che il processo penale è un percorso dinamico, in cui l’accusa può e deve essere precisata fino alle fasi conclusive del dibattimento. Il giudice non può anticipare una decisione di proscioglimento basata su una condizione di procedibilità venuta meno, se il PM, nell’esercizio delle sue prerogative, modifica l’imputazione in modo da superare tale ostacolo. La decisione finale sulla colpevolezza e sulla sussistenza delle aggravanti spetta al giudice, ma solo al termine di un dibattimento completo e basato su un’imputazione correttamente formulata e, se necessario, integrata.

Può un giudice impedire al Pubblico Ministero di aggiungere una circostanza aggravante durante il processo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il giudice non può esercitare un sindacato preventivo sull’ammissibilità della contestazione di una circostanza aggravante proposta dal PM ai sensi dell’art. 517 c.p.p. Si tratta di un potere-dovere dell’accusa che il giudice deve recepire, proseguendo il dibattimento sull’imputazione modificata.

Cosa succede se la nuova aggravante modifica il regime di procedibilità del reato (ad esempio, da querela a d’ufficio)?
La modifica è pienamente legittima. Se la contestazione suppletiva dell’aggravante rende il reato procedibile d’ufficio, il processo deve continuare sulla base della nuova imputazione, superando l’ostacolo della eventuale mancanza o tardività della querela. Il giudice non può dichiarare l’improcedibilità basandosi sull’imputazione originaria.

La modifica dell’imputazione da parte del PM può avvenire in qualsiasi momento del dibattimento?
La contestazione di nuove aggravanti o reati connessi può essere effettuata dopo l’apertura del dibattimento e prima della chiusura dell’istruttoria dibattimentale. Questo potere può essere esercitato anche sulla base di elementi già presenti negli atti delle indagini preliminari e non necessariamente emersi per la prima volta in aula.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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