Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14888 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14888 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI SIRACUSA nel procedimento a carico di:
NOME NOME a MODICA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME NOME BIANCAVILLA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a NOTO il DATA_NASCITA
NOME COGNOME NOME a NOTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/06/2023 del TRIBUNALE di SIRACUSA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
udite le requisitorie dei Sostituti Procuratori Generali, COGNOME e COGNOME, i quali, riportandosi alla memoria scritta depositata, hanno chiesto l’accoglimento del ricorso;
lette la memoria del difensore degli imputati NOME COGNOME e NOME COGNOME, AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO NOME COGNOME, la quale ha chiesto la conferma della pronuncia impugnata;
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RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Siracusa dichiarava non doversi procedere nei confronti degli imputati per il delitto di furto di energia elettrica.
In particolare, secondo il capo di imputazione, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME si erano impossessati di un quantitativo imprecisato di energia elettrica, sottraendola all’RAGIONE_SOCIALE, mediante allaccio diretto alla rete realizzato collegando due cavetti privati alla presa d alimentazione RAGIONE_SOCIALE, in modo tale da escludere la registrazione dei consumi di energia elettrica. di un
Avverso la richiamata sentenza il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO presso il Tribunale di Siracusa ha proposto ricorso immediato per cassazione deducendo inosservanza ed erronea applicazione della legge penale poiché all’udienza del 23 giugno 2023 era stata effettuata contestazione suppletiva della circostanza aggravante della commissione dell’azione furtiva su bene destiNOME a pubblico servizio.
Di qui, stante la procedibilità d’ufficio del delitto di furto, anche ai sensi vigente art. 624, terzo comma, cod. pen., come aggiunto dall’art. 2, lett. i), del d.lgs. n. 150 del 2022, se aggravato dalla sottrazione del bene alla destinazione ad un pubblico sevizio, la decisione censurata sarebbe erronea per aver ritenuto tardiva la contestazione suppletiva compiuta all’udienza del 23 giugno 2023, non considerando che la stessa, espressione dell’obbligo di esercizio dell’azione penale, sancito dall’art. 112 Cost., può essere effettuata sino alla conclusione del dibattimento.
Per l’odierna udienza, fissata nelle forme della trattazione orale, la Procura Generale ha fatto pervenire articolate note, che poi ha illustrato.
Ha concluso chiedendo, in via principale, l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata sul presupposto che è stata erroneamente dichiarata la improcedibilità per mancanza di querela, relativamente ad una contestazione di reato, invece, procedibile di ufficio. L’imputazione, così come formulata, e cioè con il riferimento al furto di energia, doveva ritenersi inclusiva anche della contestazione della aggravante della destinazione del bene a pubblico servizio in quanto l’energia elettrica è, di per sé, bene destiNOME a pubblico servizio.
In via subordinata ha chiesto, sul punto, la rimessione alle Sezioni unite, essendo in atto un contrasto giurisprudenziale.
In via ancora gradata, per l’ipotesi di mancato accoglimento delle prime richieste, ha chiesto affermarsi il principio della corretta ed efficace contestazione
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suppletiva come effettuata dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO di udienza dinanzi al giudice a quo.
Infine, per il caso di mancato accoglimento anche della terza richiesta, ha chiesto sollevarsi questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3 112 Cost., degli artt. 129 e 517 cod. proc. pen., ove letti nel senso che è preclusa la rilevanza della contestazione suppletiva di una circostanza aggravante dalla quale dipenda la procedibilità di ufficio di un reato, anche quando la procedibilità a querela di questo sia derivata da una norma sopravvenuta alla formulazione dell’imputazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO deve essere accolto.
Occorre premettere a riguardo che, sebbene il ricorso sia fondato solo sulla violazione degli artt. 129 e 517 cod. proc. pen., questa Corte può, essendo giudice del fatto processuale, vagliare direttamente il capo dì imputazione onde considerare la questione, preliminare a quella sottesa all’impugnazione proposta, dell’avvenuta contestazione nell’originaria prospettazione accusatoria della circostanza aggravante della destinazione del bene sottratto ad un pubblico servizio.
Come noto, tale profilo è prioritario in ordine logico rispetto al secondo, stante che, in presenza di tale aggravante, il delitto di furto è procedibile d’uffici anche nel sistema attuale riveniente dalle novità introdotte nell’art. 624, terzo comma, cod. pen. dal d.lgs. n. 150 del 2022, in punto di regime di procedibilità del delitto in questione.
1.1.Sempre in premessa, è noto al collegio che rispetto alle modalità con le quali deve essere contestata la circostanza aggravante in esame si registrano, allo stato, variegati orientamenti nella giurisprudenza di legittimità.
Secondo una prima impostazione interpretativa, infatti, in tema di furto di energia elettrica, può ritenersi legittimamente contestata in fatto e ritenuta ìn sentenza, senza la necessità di una specifica ed espressa formulazione, la circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., in quanto l’energia elettrica, su cui ricade la condotta di sottrazione, è un bene funzionalmente destiNOME a un pubblico servizio (v., tra le altre, Sez. 5, n. 2505 del 29/11/2023, dep. 2024, PMT c. COGNOME, Rv. 285844 – 01; Sez. 4, n. 48529 del 07/11/2023, PG c. Marcì, Rv. 285422 – 02).
Secondo, invece, un altro orientamento, non può considerarsi legittimamente contestata in fatto e ritenuta in sentenza la circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., configurata
dall’essere i beni oggetto di sottrazione destinati a pubblico servizio, qualora nell’imputazione tale natura non sia esposta in modo esplicito, direttamente o mediante l’impiego di formule equivalenti ovvero mediante l’indicazione della relativa norma. Ciò in quanto la predetta citata circostanza aggravante ha natura valutativa, poiché impone una verifica di ordine giuridico sulla natura della “res”, sulla sua specifica destinazione e sul concetto di pubblico servizio, la cui nozione è variabile in quanto condizionata dalle mutevoli scelte del legislatore (v., tra le altre, Sez. 5, n. 3741 del 22/01/2024, COGNOME, Rv. 285878 – 01; Sez. 4, n. 46859 del 26/10/2023, PG c. RAGIONE_SOCIALE, Rv. 285465 – 01; Sez. 5, n. 26511 del 13/04/2021, COGNOME, Rv. 281556 – 01).
La differenza tra le due posizioni sinteticamente richiamate si fonda sulla possibilità di ritenere, o meno, la circostanza aggravante inerente la destinazione del bene ad un pubblico servizio di natura auto-evidente, situazione nella quale soltanto detta circostanza aggravante potrebbe essere contestata in fatto secondo l’insegnamento recato da Sez. U, n. 24906 del 18/04/2019, Sorge, Rv. 275436 – 01.
1.2. Il collegio ritiene che, proprio alla luce delle indicazioni provenienti dall richiamata decisione delle Sezioni Unite, debba essere riaffermato che la circostanza aggravante della destinazione del bene ad un pubblico servizio ha natura valutativa.
Invero, tale pronuncia ha osservato che «la contestazione in fatto non dà luogo a particolari problematiche di ammissibilità per le circostanze aggravanti le cui fattispecie, secondo la previsione normativa, si esauriscono in comportamenti descritti nella loro materialità, ovvero riferiti a mezzi o oggetti determinati nel loro caratteristiche oggettive. In questi casi, invero, l’indicazione di tali f materiali è idonea a riportare nell’imputazione la fattispecie aggravatrice in tutti suoi elementi costitutivi, rendendo possibile l’adeguato esercizio dei diritti di difesa dell’imputato» (Sez. U, n. 24906 del 18/04/2019, Sorge, cit.). Diversamente avviene «con riguardo alle circostanze aggravanti nelle quali, in luogo dei fatti materiali o in aggiunta agli stessi, la previsione normativa include componenti valutative; risultandone di conseguenza che le modalità della condotta integrano l’ipotesi aggravata ove alle stesse siano attribuibili particolari connotazioni qualitative o quantitative. Essendo tali, dette connotazioni sono ritenute o meno ricorrenti nei singoli casi in base ad una valutazione compiuta in primo luogo dal pubblico ministero nella formulazione dell’imputazione, e di seguito sottoposta alla verifica del giudizio. Ove il risultato di questa valutazione non sia esplicitato nell’imputazione, con la precisazione della ritenuta esistenza delle connotazioni di cui sopra, la contestazione risulterà priva di una compiuta indicazione degli elementi costitutivi della fattispecie circostanziale. Né può
esigersi dall’imputato, pur se assistito da una difesa tecnica, l’individuazione dell’esito qualificativo che connota l’ipotesi aggravata in base ad un autonomo compimento del percorso valutativo dell’autorità giudiziaria sulla base dei dati di fatto contestati, trattandosi per l’appunto di una valutazione potenzialmente destinata a condurre a conclusioni diverse».
Orbene, se è indubbia la rilevanza pubblicistica di un bene come l’energia, tuttavia ciò che rileva ai fini della sussistenza dell’aggravante è la concreta destinazione (piuttosto che la natura) del bene ad un pubblico servizio.
La pluralità di destinazioni che il bene-energia può avere, e che ha storicamente avuto (ed è suscettibile di avere in futuro con la sempre maggiore diffusione di forme di autoproduzione di energia), comporta che la destinazione dello stesso ad un pubblico servizio non possa essere considerata alla stregua di un connotato intrinseco e auto-evidente del bene medesimo, atteso che, per essere affermato o negato, richiede una valutazione da parte dell’interprete, valutazione che può in alcuni casi rilevarsi complessa implicando talora la considerazione di norme extra-penali sulle quali si registra, peraltro, una continua evoluzione.
E che la destinazione del bene-energia possa essere mutevole lo dimostra plasticamente la compresenza, all’interno della disposizione normativa di cui all’art. 625, di due diverse ipotesi di aggravanti, quelle previste dal n. 7 e dal n 7 -bis, legate da rapporto di specialità (cfr. Sez. 5, n. 26511 del 13/04/2021, COGNOME, Rv. 281556 – 01).
1.3. Ritenuta, dunque, la natura “valutativa”, secondo i principi sanciti dalla sentenza delle Sezioni Unite “Sorge” della circostanza aggravante in esame, ciò che rileva è se il capo di imputazione sia stato formulato con riferimento ad una serie di elementi descrittivi e qualificativi che hanno reso pienamente esercitabili i diritti di difesa degli imputati, anche in relazione alla circostanza aggravante dell’essere stato, il bene sottratto, destiNOME a pubblico servizio.
Peculiare rilievo assume, quindi, nella struttura della più volte evocata sentenza delle Sezioni Unite “Sorge”, la collocazione del tema della contestazione della circostanza aggravante nel perimetro della necessità di una informazione dettagliata, diretta all’imputato, circa la natura del fatto che vale ad aggravare le conseguenze sanzioNOMErie. Necessità che deriva non solo dalla inequivoca formulazione delle plurime norme codicistiche che descrivono la modalità con le quali deve essere effettuata la contestazione del fatto e delle sue aggravanti, ma anche e soprattutto dal livello di tutela preteso a riguardo all’art. 6, par. 3, le a), della Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali laddove individua, tra i canoni dell’equo processo, quello che l’imputato sia reso edotto della prospettazione accusatoria formulata a suo
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carico, ciò che è prodromico all’esercizio, da parte dello stesso, del fondamentale diritto di difesa.
D’altra parte, la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo ha posto in rilievo tali esigenze difensive dell’imputato, rispetto a modifiche in peius “a sopresa”, ossia non precedute da una adeguata contestazione, nella fondamentale sentenza c.d. Drassich I c. Italia, la quale in una fattispecie nella quale l’imputato era stato condanNOME per un reato (la corruzione in atti giudiziari) che non era menzioNOME nel provvedimento di rinvio a giudizio e che non gli era stato comunicato in nessuna fase del procedimento e la riqualificazione aveva avuto luogo solo al momento della deliberazione della Corte di cassazione e non era stata evocata da alcuna delle controparti o dei giudici in una fase anteriore del procedimento, ha ritenuto integrata una violazione dell’art. 6, § 3, della Convenzione EDU (Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza dell’Il dicembre 2007, Drassich c. Italia, §§ 34 ss.).
Lo scopo di rendere in concreto l’imputato edotto della prospettazione accusatoria in tutte le sue componenti, ossia anche in quelle che investono gli elementi accessori del fatto, come quelli circostanziali, è raggiunto quando egli possa in forza della lettura del capo di imputazione esercitare efficacemente il proprio diritto di difesa.
In altre e più chiare parole, un tale scopo è raggiunto tutte le volte che la contestazione della circostanza aggravante consenta di rendere manifesto all’imputato che dovrà difendersi dalla prospettazione accusatoria per come aggravata, ossia, nel caso in esame, per aver sottratto un bene posto al servizio di un interesse della intera collettività e diretto a vantaggio della stessa.
1.4. Orbene, nella fattispecie per cui è processo, tale scopo è stato in concreto raggiunto poiché, come emerge dalla lettura del capo di imputazione, in esso il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha fatto riferimento alla condotta di furto di energia posta in essere mediante allaccio diretto alla rete di distribuzione dell’ente gestore, rete che, per l’appunto, fornisce un “servizio” destiNOME a raggiungere le utenze terminali di un numero indetermiNOME di persone, per soddisfare una esigenza di rilevanza “pubblica”.
Di qui l’errore nel quale è incorsa la pronuncia impugnata che, pur in presenza di un’adeguata contestazione della circostanza aggravante in esame, idonea a rendere il reato perseguibile di ufficio, ha invece erroneamente ritenuto che nel caso di specie la stessa mancasse.
La ritenuta natura valutativa della circostanza aggravante della destinazione del bene ad un pubblico servizio e, dunque, l’esigenza che la questione venga riguardata, di volta in volta, in considerazione degli elementi
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descrittivi della fattispecie enucleati nel capo di imputazione, rende opportuno per il Collegio un esame anche del motivo di ricorso specificamente proposto dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO e ripercorso anche nelle diffuse memorie della Procura Generale e nel corso della discussione orale.
Come si è già evidenziato, è stata dedotta la violazione del combiNOME disposto degli artt. 517 e 129 cod. proc. pen., atteso che la pronuncia censurata ha ritenuto prevalente la virtuale operatività della sopravvenuta causa di improcedibilità per mancanza di querela, rispetto alla efficacia che avrebbe dovuto invece essere riconosciuta alla previa contestazione suppletiva della aggravante della destinazione del bene-energia al pubblico servizio, contestazione volta a configurare ex novo una fattispecie aggravatrice idonea a determinare la procedibilità di ufficio, e effettuata dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO all’udienza di discussione del 23 giugno 2023, dopo che il processo era stato rinviato dall’udienza del 21 ottobre 2022, nel corso della quale erano stati esaminati i testimoni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO.
In sostanza, la sentenza impugnata, pur avendo rimarcato l’ammissibilità della contestazione suppletiva al lume del consolidato principio per il quale essa può intervenire fino alla conclusione del dibattimento, ha ritenuto, tuttavia, che detta contestazione non potesse spiegare, per tardività, i propri effetti, essendo questi inibiti dalla ormai sopravvenuta causa di improcedibilità del reato per mancata presentazione della querela, ad opera della persona offesa, entro la data del 30 marzo 2023, secondo quanto previsto dall’art. 85, primo comma, del d.lgs. n. 150 del 2022.
2.2. La pronuncia del Tribunale di Siracusa è erronea anche sotto tale aspetto.
La questione all’esame del collegio attiene ai complessi rapporti tra la possibilità per il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO di effettuare la contestazione suppletiva nel corso del processo, ai sensi dell’art. 517 cod. proc. pen., e il dovere del giudice di rilevare immediatamente una causa di proscioglimento sancito dall’art. 129 cod. proc. pen.
In proposito, alcune decisioni di questa Corte che sono state chiamate a confrontarsi con la problematica in esame, hanno gia’ posto in rilievo che l’art. 517 cod. proc. pen., regolante la possibilità di effettuare nel giudizio dibattimentale la contestazione all’imputato di una circostanza aggravante, non sottopone ad alcun tipo di limite il potere-dovere del pubblico ministero di operare tale modifica dell’imputazione, se non quella che vi sia un’istruttoria dibattimentale in atto, trattandosi di un potere-dovere correlato all’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale che deve essere considerato immanente e non
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limitabile e – dunque – esercitabile in tutte le fasi del procedimento (Sez. 4, n. 47769 del 22/11/2023, PMT c. D’Amico Maria, Rv. 285421 – 01).
In effetti, come ha evidenziato con estrema chiarezza e in coerenza con il potere di contestazione del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO quale estrinsecazione dell’obbligatorietà nell’esercizio dell’azione penale alla luce dell’art. 107 Cost., Sez. U, n. 4 del 28/10/1998, dep. 1999, Barbagallo, Rv. 212757 – 01, la modifica dell’imputazione di cui all’art. 516 cod. proc. pen. e la contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante di cui all’art. 517 del medesimo codice possono essere effettuate anche in base ad atti già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari.
Di peculiare interesse è, inoltre, Sez. 4, n. 48537 del 22/11/2023, P.M.T. in proc. Scalora, n.m., la quale si è confrontata espressamente con il problema correlato alla rilevata possibilità del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO di svolgere contestazioni suppletive sino alla conclusione del dibattimento con la regola espressa dall’art. 129 cod. proc. pen., osservando che detta regola di giudizio deve essere modulata a seconda della fase del procedimento in cui si prospetta o interviene la causa di non punibilità in quanto, se è sempre consentito il proscioglimento predibattimentale dell’imputato ai sensi dell’art.469 cod. proc. pen. laddove non sia utile il vaglio dibattimentale in quanto l’azione penale non deve essere iniziata o proseguita, una volta che il contraddittorio è costituito nella sua massima pienezza, il ricorso alla pronuncia in rito deve rispettare detto principio mediante una preventiva interlocuzione tra le parti che manca se viene radicalmente impedito al AVV_NOTAIO di effettuare la nuova contestazione ritenendo all’uopo dirimente la circostanza che sono maturati i presupposti di cui all’art. 129 cod. proc. pen.
Tale pronuncia applica, invero, i fondamentali principi di carattere più generale ritraibili dalla sentenza delle Sezioni Unite “De COGNOME“, la quale – nel sancire l’illegittimità della pronuncia resa ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. da GIP con il rito de plano in motivazione ha posto in rilievo che la causa deve essere rinvenuta, da un lato, nel rilievo per il quale l’art. 129 cod. proc. pen. non attribuisce al giudice un potere ulteriore ed autonomo al di fuori di quello già riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano l’epilogo proscioglitivo nelle varie fasi e nei diversi gradi del processo (artt. 425, 469, 529, 530 e 531 stesso codice): epilogo che dunque deve avvenire con le precisate cadenze e modalità procedimentali e non in modo disancorato da queste; da un altro, nel fatto che una pronuncia estemporanea ed anticipata della causa di non punibilità incide negativamente sulla partecipazione al procedimento del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, al quale viene precluso l’esercizio delle facoltà tese eventualmente a meglio definire e suffragare l’accusa, anche mediante le contestazioni suppletive, e determina la
violazione del diritto di difesa dell’imputato, al quale viene precluso l’esercizio d facoltà esperibili solo nell’ambito della fase o grado in essere (Sez. U, sentenza n. 12283 del 25/01/2005, COGNOME, massimata su altri profili).
Ponendosi espressamente nel solco di tale precedente, la più recente sentenza delle stesse Sezioni Unite “Domingo” ha tuttavia ritenuto di individuare, alla luce del principio della ragionevole durata del processo, nonché dell’esigenza di evitare che l’imputato venga discrimiNOME rispetto al AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO (non potendo il primo ottenere lo svolgimento di un’attività istruttoria a fronte dell’emersione di una causa che consente un esito di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.), un “correttivo” rispetto a tale enunciazione nell’ipotesi in cui al momento della contestazione suppletiva sia già maturata una causa idonea a determinare detto esito. In particolare, tale decisione, pur non impedendo in questo caso al AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO di effettuare la contestazione suppletiva, ne ha nella sostanza sterilizzato gli effetti, non potendo, comunque, il giudice fare altro che rilevare la causa di proscioglimento (Sez. U, n. 49935 del 28/09/2023, Domingo, Rv. 285517 – 01).
2.3. Senonché occorre vagliare come i principi espressi nel tempo dalla ripercorsa giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, quanto al delicato rapporto tra il potere del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO di svolgere contestazioni suppletive dopo l’esercizio dell’azione penale e il potere/dovere del giudice di emanare immediatamente una sentenza ex art. 129 cod. proc. pen., in virtù della peculiare situazione normativa che si è venuta a creare per effetto del mutamento del regime di procedibilità del delitto di furto a seguito delle novità introdotte dal d.lgs. n. 150 del 2022.
In altre e più chiare parole, nel caso in esame occorre verificare come detti principi possano declinarsi rispetto ad una causa di improcedibilità sopravvenuta sia al momento nel quale è stata formulata l’imputazione, sia all’ultima udienza che si era celebrata dinanzi al Tribunale prima di quella in cui è stata effettuata la contestazione suppletiva della circostanza aggravante dell’assoggettamento del bene sottratto a un pubblico servizio.
Appare in effetti opportuno, a questo punto, richiamare, sinteticamente, le norme nelle quali la questione deve essere collocata.
Più in particolare, occorre considerare che, sino alle novità introdotte dall’art. 2, primo comma, lett. i), del d.lgs. n. 150 del 2022, l’art. 624, ter comma, cod. pen., stabiliva che: «Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle circostanze di cui agli articoli 61, numero 7) e 625».
Talché, in presenza di ciascuna delle numerose circostanze aggravanti contemplate dall’art. 625 cod. pen., il reato di furto era procedibile d’ufficio.
Per effetto della richiamata riforma normativa, lo stesso art. 624, terzo comma, cod. pen., è stato invece riformulato nel senso che: «Il delitto è punibile a querela della persona offesa. Si procede, tuttavia, d’ufficio se la persona offesa è incapace, per età o per infermità ovvero se ricorre taluna delle circostanze di cui all’articolo 625, numeri 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e 7-bis)».
E’ stato previsto, poi, dall’art. 85, primo comma, dello stesso d.lgs. n. 150 del 2022, un regime transitorio in virtù del quale: «Per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato».
Talché, considerato che la riforma è entrata in vigore il 30 dicembre 2022, il termine per la presentazione della querela per la persona offesa scadeva il 30 marzo 2023.
In sostanza, dunque, nel modificare il regime di procedibilità del reato, è stato espressamente concessa alla persona offesa che non aveva presentato querela, facendo affidamento (in tesi) sulla procedibilità d’ufficio del delitto furto, la facoltà di presentare la stessa onde evitare l’improcedibilità dell’azione penale.
Nessuna disposizione normativa ha riguardato, di contro, la posizione del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO che, analogamente, avrebbe potuto trovarsi nella situazione di non aver contestato sin dall’origine tutte le circostanze aggravanti caratterizzanti il delitto di furto, facendo affidamento (sempre in tesi) sulla procedibilità d’uffic di tale delitto anche al ricorrere di una sola (o, rectius, di una qualunque) delle circostanze aggravanti contemplate dall’art. 625 cod. pen.
Tuttavia, tale omessa previsione è dovuta semplicemente al fatto che al AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO il sistema processuale riservava, e riserva, uno speculare e ordinario mezzo per il ripristino della procedibilità, ossia lo strumento della contestazione suppletiva della circostanza aggravante nella prima occasione utile (da intendersi, nel corso del processo, come prima udienza utile).
Sarebbe infatti per un verso discrimiNOMErio e per un altro irragionevole, poiché la procedibilità del delitto verrebbe a dipendere dalla fissazione, o meno, di un’udienza utile alla contestazione suppletiva prima della data del 30 marzo 2023, fare piana applicazione in questa peculiare situazione dei pur condivisibili principi espressi dalla già richiamata sentenza delle Sezioni Unite “Domingo”.
In altri termini, tenuto conto del momento in cui si è posto, per effetto della novella, il tema della nuova procedibilità del reato, e della durata del conseguente regime transitorio disegNOME per la iniziativa anche fuori udienza della persona offesa, la eventuale inattività processuale durante tale periodo di fatto impedisce al AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO di reagire in tempo e di prevenire il rischio della declaratoria di improcedibilità del reato. Sicché non sarebbe ragionevole impedirgli il potere di contestazione suppletiva della circostanza aggravante nella prima udienza utile, anche se fissata, come nella fattispecie per cui è processo, dopo la data del 30 marzo 2023.
D’altra parte, e infine, occorre considerare, su un piano generale, che i principi sanciti dalle Sezioni Unite nella richiamata pronuncia “Domingo” sono stati affermati con riferimento all’ipotesi della maturata prescrizione del delit rispetto alla contestazione suppletiva, dopo la prescrizione, della circostanza aggravante della recidiva che ne avrebbe impedito la maturazione.
Il collegio ritiene, in effetti, che sia compatibile con la struttura dell’art. cod. proc. pen. l’assoggettamento a valutazioni non necessariamente unitario delle ben differenti situazioni processuali evocate da tale disposizione.
E, invero, è lo stesso art. 129 cod. proc. pen. a suggerire tale soluzione, nella misura in cui regola diversamente gli epiloghi decisori favorevoli all’imputato nei primi due commi.
In particolare, in base al comma 1, la pronuncia di non doversi procedere per mancanza di querela costituisce una conclusione processuale che opera al pari di quella sostanziale per proscioglimento nel merito o per estinzione, e, di per sé, inibisce anche qualsiasi ulteriore attività istruttoria, o “qualsiasi a indagine in fatto” anche diretta all’accertamento della assenza di responsabilità, come attestano le sentenze che, in presenza di tale causa di non punibilità non ritengono consentita la comparata valutazione sulla contestuale sussistenza delle cause di proscioglimento nel merito (v., ex ceteris, oltre a Sez. U, n. 49783 del 24/09/2009, COGNOME, Rv. 245163 – 01, Sez. 6, n. 5455 del 20/10/2020, dep. 2021, Rv. 280784 – 01; Sez. 2, n. 45160 del 22/10/2015, Rv. 265098 01; Sez. 2, n. 9803 del 07/05/1984 Rv. 166567 – 01). Diversamente, il comma 2 dell’art. 129 cod. proc. pen., prevede la declaratoria di non doversi procedere per cause di estinzione del reato che, dal canto loro, sono assoggettate alla regola della prevalenza del proscioglimento nel merito, quando essa è evidente, a differenza della causa di improcedibilità per mancanza di querela che, infatti, nel medesimo comma non è menzionata.
Vi è peraltro che la sentenza di non doversi procedere per mancanza di condizione di procedibilità ha effetti diversi nei confronti dell’imputato rispetto a quelli della sentenza che rileva l’estinzione del reato. A differenza della sentenza che dichiara la prescrizione e che è idonea a dare luogo al divieto di ne bis in idem, la sentenza che dichiara non doversi procedere per mancanza di querela può dare luogo ad un giudicato instabile e non impedisce il nuovo esercizio dell’azione penale ai sensi dell’art. 345 cod. proc. pen. non solo se la querela sia in seguito presentata ma anche quando sia già stata regolarmente presentata, sia pure in un altro procedimento (Sez. 1, n. 2405 del 10/11/1967, Gargani, Rv. 106379 – 01).
Tutto ciò premesso, e dovendosi ribadire che la ragione dell’accoglimento del ricorso del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, come detto, è nel caso concreto quella della ritenuta attitudine della originaria contestazione di reato a renderlo procedibile di ufficio, la sentenza impugnata deve essere annullata e il rinvio va disposto, ai sensi dell’art. 569, comma 4, cod. proc. pen., alla Corte di appello di Catania per il relativo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Catania per il relativo giudizio.
Così deciso in Roma il 14 marzo 2024 Il Consigliere Estensore COGNOME
Il Presidente