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Contestazione suppletiva: la Cassazione sul furto

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di non doversi procedere per furto di energia elettrica, originariamente basata sulla mancanza di querela. La Suprema Corte ha stabilito che la contestazione suppletiva di una circostanza aggravante, che rende il reato procedibile d’ufficio, è legittima anche dopo la scadenza dei termini per la presentazione della querela introdotti dalla Riforma Cartabia. Inoltre, ha chiarito che l’aggravante della destinazione del bene a pubblico servizio può ritenersi implicitamente contestata quando la descrizione dei fatti, come l’allaccio alla rete pubblica, ne contenga già tutti gli elementi.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione Suppletiva nel Furto: La Cassazione e la Procedibilità dopo la Riforma Cartabia

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 14888/2024) offre chiarimenti cruciali sulla contestazione suppletiva e sul regime di procedibilità del reato di furto, specialmente alla luce delle modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia. La decisione interviene su un caso di furto di energia elettrica, stabilendo principi fondamentali sul potere del Pubblico Ministero di modificare l’imputazione in corso di causa per superare la sopravvenuta mancanza di querela.

I Fatti del Caso: Il Furto di Energia e la Decisione del Tribunale

Il caso ha origine da un procedimento a carico di alcuni imputati per il reato di furto di energia elettrica. L’accusa era di essersi impossessati di energia sottraendola a una nota società fornitrice mediante un allaccio diretto alla rete di distribuzione, eludendo così la registrazione dei consumi.
Con l’entrata in vigore della Riforma Cartabia (D.Lgs. n. 150/2022), il reato di furto semplice è diventato procedibile a querela di parte. La riforma ha previsto un termine transitorio (scaduto il 30 marzo 2023) per consentire alle persone offese di presentare querela per i reati commessi prima della sua entrata in vigore.
Nel caso di specie, in assenza di querela, il Tribunale di Siracusa aveva dichiarato il “non doversi procedere” per improcedibilità dell’azione penale. Tale decisione è stata presa nonostante il Pubblico Ministero, durante l’udienza del 23 giugno 2023, avesse effettuato una contestazione suppletiva, aggiungendo la circostanza aggravante della destinazione del bene (l’energia elettrica) a un pubblico servizio. Tale aggravante avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio, superando la necessità della querela. Il Tribunale, tuttavia, ha ritenuto tardiva e inefficace tale contestazione.

Il Ricorso del PM e la questione della contestazione suppletiva

Il Pubblico Ministero ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando l’erronea applicazione della legge penale. Il fulcro del ricorso si basava su due argomenti principali:
1. La contestazione suppletiva di una circostanza aggravante è un potere esercitabile dal PM fino alla conclusione del dibattimento, in attuazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale.
2. L’aggravante della destinazione a pubblico servizio, nel caso di furto di energia dalla rete pubblica, doveva considerarsi già implicita nella descrizione originaria dei fatti, rendendo il reato procedibile d’ufficio fin dall’inizio.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, annullando la sentenza impugnata e fornendo un’analisi dettagliata delle questioni procedurali.

La Contestazione in Fatto dell’Aggravante

In primo luogo, la Cassazione ha stabilito che lo scopo primario della contestazione è informare l’imputato per permettergli un’efficace difesa. Nel caso specifico, la descrizione della condotta – un allaccio diretto alla rete di distribuzione di un ente gestore che fornisce un “servizio” a un numero indeterminato di utenti – conteneva già tutti gli elementi fattuali dell’aggravante della destinazione a pubblico servizio. L’imputato era quindi pienamente consapevole di doversi difendere anche da questo aspetto. Di conseguenza, il Tribunale ha errato nel ritenere mancante la contestazione dell’aggravante, che era idonea a rendere il reato procedibile d’ufficio sin dall’origine.

Il Potere di Contestazione Suppletiva e la Riforma Cartabia

Anche superando il primo punto, la Corte ha affermato l’erroneità della decisione del Tribunale riguardo alla tardività della contestazione suppletiva. I giudici di legittimità hanno ribadito che il potere del PM di modificare l’imputazione ai sensi dell’art. 517 c.p.p. è espressione del principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale e può essere esercitato fino alla conclusione del dibattimento.
Impedire al PM di effettuare tale contestazione, ritenendola vanificata dalla sopravvenuta causa di improcedibilità (mancanza di querela), si tradurrebbe in una violazione di tale principio. La regola che impone al giudice di dichiarare immediatamente una causa di proscioglimento (art. 129 c.p.p.) deve essere coordinata con i poteri delle parti. Sarebbe irragionevole e discriminatorio, specialmente nel contesto transitorio della Riforma Cartabia, precludere al PM l’uso di uno strumento processuale ordinario (la contestazione suppletiva) per ripristinare la procedibilità, nella prima udienza utile dopo la scadenza del termine per la querela.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha concluso che il Tribunale ha commesso un duplice errore. In primo luogo, non ha riconosciuto che l’aggravante della destinazione a pubblico servizio era già sufficientemente descritta nei fatti contestati. In secondo luogo, ha illegittimamente neutralizzato il potere del Pubblico Ministero di procedere a una contestazione suppletiva, ritenendola tardiva. La sentenza stabilisce un principio di fondamentale importanza: il potere del PM di adeguare l’imputazione alle risultanze processuali non può essere paralizzato da una causa di improcedibilità sopravvenuta, soprattutto quando il sistema ha previsto un meccanismo per sanare la situazione. La sentenza è stata quindi annullata con rinvio alla Corte d’Appello per il proseguimento del giudizio.

Quando una circostanza aggravante si considera già contestata nei fatti?
Si considera già contestata quando la descrizione della condotta nell’imputazione originaria contiene tutti gli elementi materiali che la costituiscono, anche senza menzionare esplicitamente la norma di legge, mettendo così l’imputato in condizione di difendersi pienamente su quell’aspetto.

Il Pubblico Ministero può fare una contestazione suppletiva per rendere un reato procedibile d’ufficio dopo la scadenza del termine per la querela?
Sì, secondo la sentenza, il Pubblico Ministero può legittimamente effettuare una contestazione suppletiva per aggiungere una circostanza aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio, anche se il termine transitorio per la presentazione della querela, introdotto da una riforma, è già scaduto.

La regola che impone al giudice di dichiarare subito l’improcedibilità (art. 129 c.p.p.) prevale sul potere di contestazione del PM (art. 517 c.p.p.)?
No, la Corte ha chiarito che il dovere del giudice di dichiarare immediatamente una causa di non punibilità deve essere coordinato con i poteri processuali delle parti. Non può impedire al Pubblico Ministero di esercitare il suo potere-dovere di effettuare una contestazione suppletiva, che è un’estrinsecazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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