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Contestazione suppletiva: il potere del PM nel processo

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di non doversi procedere per furto di energia elettrica. Il tribunale aveva erroneamente negato al Pubblico Ministero la possibilità di effettuare una contestazione suppletiva, aggiungendo un’aggravante che avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio, superando così la mancanza di querela. La Suprema Corte ha ribadito che il giudice non può sindacare preventivamente il potere del PM di modificare l’imputazione in dibattimento.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione Suppletiva: Il Potere Intoccabile del PM nel Processo Penale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 15105/2024) ha riaffermato un principio cardine della procedura penale: il potere del Pubblico Ministero di effettuare una contestazione suppletiva durante il dibattimento è insindacabile da parte del giudice. Questa decisione nasce da un caso di furto di energia elettrica, reso complesso dalle recenti modifiche normative che hanno cambiato il regime di procedibilità del reato. La pronuncia chiarisce la netta separazione dei ruoli tra accusa e organo giudicante, garantendo la piena attuazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale.

I Fatti di Causa

Il caso riguardava un procedimento per furto di energia elettrica, aggravato dall’uso di un mezzo fraudolento. A seguito della Riforma Cartabia, questa tipologia di reato è diventata procedibile a querela della persona offesa. Nel corso del dibattimento, il Tribunale ha rilevato che era decorso il termine per la presentazione della querela da parte della società erogatrice del servizio elettrico. Di conseguenza, il giudice si apprestava a dichiarare l’improcedibilità dell’azione penale con una sentenza di non doversi procedere ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale.

La Contestazione Suppletiva del PM e il Rifiuto del Tribunale

Di fronte a questa prospettiva, il Pubblico Ministero presente in udienza ha richiesto di modificare il capo d’imputazione. In particolare, ha chiesto di effettuare una contestazione suppletiva aggiungendo la circostanza aggravante prevista dall’art. 625, n. 7, del codice penale, relativa all’aver commesso il fatto su cose destinate a pubblico servizio. La presenza di tale aggravante avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio, superando di fatto la necessità della querela e l’imminente declaratoria di improcedibilità.

Sorprendentemente, il Tribunale ha rigettato la richiesta del PM, ritenendola tardiva. Secondo il giudice di primo grado, essendo ormai scaduti i termini per la querela, l’azione penale era divenuta improcedibile e, pertanto, non era più possibile per il PM esercitare il potere di modifica dell’imputazione. Il Tribunale ha quindi emesso la sentenza di non doversi procedere sulla base dell’imputazione originaria.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione, investita del ricorso del Procuratore, ha completamente ribaltato la decisione del Tribunale, giudicandola illegittima. La Suprema Corte ha chiarito che il potere di effettuare nuove contestazioni in dibattimento, previsto dagli articoli 516 e 517 del codice di procedura penale, è un potere-dovere esclusivo del Pubblico Ministero, inerente all’esercizio dell’azione penale garantito dall’art. 112 della Costituzione.

Il giudice non può esercitare alcun sindacato preventivo sull’ammissibilità o sulla tempestività di tale modifica. Il suo ruolo è quello di prendere atto della nuova contestazione e di garantire i diritti della difesa, ad esempio concedendo un termine a difesa all’imputato come previsto dall’art. 519 c.p.p. La decisione del Tribunale di bloccare la contestazione suppletiva si è tradotta in un’indebita ingerenza nelle prerogative dell’accusa e ha determinato un’ingiustificata e prematura chiusura del processo, violando il principio del contraddittorio.

La Corte ha specificato che il potere di modifica dell’imputazione può essere esercitato fino alla chiusura dell’istruzione dibattimentale. La sopravvenuta improcedibilità per mancanza di querela non paralizza questo potere, specialmente quando, come nel caso di specie, la modifica mira proprio a contestare un’aggravante che incide sul regime di procedibilità, riconducendo il fatto nell’alveo della punibilità d’ufficio. Il Tribunale avrebbe dovuto ammettere la nuova contestazione e solo all’esito del dibattimento, valutando nel merito anche la sussistenza della nuova aggravante, decidere sulla responsabilità penale dell’imputato.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza rafforza la netta distinzione dei ruoli nel processo penale accusatorio. Il Pubblico Ministero è il dominus dell’azione penale e ha il potere di precisare e modificare l’accusa nel corso del dibattimento per adeguarla alle risultanze processuali. Il giudice ha il compito di valutare nel merito l’imputazione, così come cristallizzata alla fine dell’istruzione dibattimentale, e non può precludere l’esercizio dei poteri dell’accusa. La decisione del Tribunale è stata annullata senza rinvio e gli atti sono stati restituiti allo stesso ufficio giudiziario, in diversa composizione, per la prosecuzione del giudizio sulla base dell’imputazione correttamente modificata.

Può un giudice impedire al Pubblico Ministero di modificare un’imputazione durante il processo?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice non ha il potere di sindacare preventivamente l’ammissibilità di una contestazione suppletiva proposta dal PM ai sensi dell’art. 517 c.p.p., poiché si tratta di un potere-dovere esclusivo dell’organo di accusa.

Fino a quando il Pubblico Ministero può effettuare una contestazione suppletiva?
Il Pubblico Ministero può modificare l’imputazione o contestare una nuova circostanza aggravante dopo l’apertura del dibattimento e prima che si concluda l’istruzione dibattimentale, ovvero la fase di assunzione delle prove.

Una contestazione suppletiva può sanare un’improcedibilità per mancanza di querela?
Sì. Se il Pubblico Ministero, tramite contestazione suppletiva, introduce una circostanza aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio, l’azione penale può proseguire legittimamente, superando l’originario ostacolo della mancanza di querela.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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