Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 39178 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 39178 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI TORRE
ANNUNZIATA
nel procedimento a carico dì:
COGNOME NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/12/2023 dei TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale di Torre Annunziata, ha dichiarato non doversi procedere ai sensi dell’art. 129 cod.proc.pen. nei confronti di COGNOME NOME perché l’azione non doveva essere proseguita per mancanza di querela in relazione al reato di cui all’art. 624 e 625 n. 2 cod.pen., perché, al fine di trarne profitto, in qualità di conduttrice dell’appartamento si in Torre Annunziata alla INDIRIZZO, si impossessava dell’energia elettrica per un valore complessivo stimato di circa 4.717.966 sottraendoli all’RAGIONE_SOCIALE. Con l’aggravante della violenza sulle cose e precisamente mediante allaccio abusivo sulla montante RAGIONE_SOCIALE a mezzo di un cavo. Con la recidiva di cui all’art. 99 cod.pen. Commesso in Torre Annunziata in data 10.06.2022.
1.1. Il Tribunale aveva rilevato che era decorso infruttuosamente il termine di novanta giorni per la proposizione della querela, così come previsto dall’art. 85 D.Ivo 150/2022; che il Pubblico ministero aveva proceduto tardivamente alla contestazione suppletiva di cui al n. 7 dell’art. 625 cod.pen., dopo i perfezionamento dei termini di improcedibilità del reato.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata per violazione dell’art. 178 lett. b) cod.proc.pen.
Deduce in particolare che erratamente il Tribunale aveva fissato un termine di decadenza per il PM ai fini della contestazione di cui all’art. 517 cod.proc.pen. che può essere validamente effettuata fino alla chiusura del dibattimento e tale potere deriva dal principio di obbligatorietà dell’azione penale previsto dall’art 103 della costituzione e non incorre in nessuna preclusione con l’unico limite della pronuncia della sentenza.
Evidenzia che nel caso di specie, effettuata la contestazione dell’aggravante suppletiva del furto su cosa destinata a pubblico servizio, il Tribunale doveva procedere ai sensi dell’art. 520 cod. proc.pen., disponendone l’ inserimento nel verbale di udienza, con notifica all’imputato, sospensione del dibattimento e fissazione di nuova udienza per il prosieguo. La preclusione dedotta dal Giudice è inconferente perché il reato a seguito della contestazione suppletiva è divenuto perseguibile di ufficio.
Il Procuratore generale ha presentato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’annullamento e la restituzione degli atti al Tribunale di Torre Annunziata per il prosieguo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
È assorbente il rilievo in ordine alla illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto la tardività della contestazione suppletiva da parte del Pubblico ministero, asseritamente in quanto intervenuta oltre il termine per proporre la querela, in relazione al reato per come originariamente contestato.
Sulla questione – divenuta di stretta attualità a seguito della cd. riforma Cartabia, in relazione ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 – si riscontrano due diversi orientamenti da parte della giurisprudenza di legittimità.
Secondo un primo orientamento (risalente, per quanto consta, a Sez. F, n. 43255 del 22/08/2023, Rv. 285216 – 01), è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all’art. 85 del d.lgs. citato, modificare l’imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio (cfr. successivamente, fra le tante, Sez. 4, n. 50258 del 22/11/2023, Rv. 285471 – 01, in una fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione d proscioglimento sul rilievo che il Tribunale non aveva consentito al pubblico ministero di contestare, in via suppletiva, l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., già descritta nell’imputazione, che avrebbe reso il delitto, avente ad oggetto un bene funzionalmente destinato a pubblico servizio, procedibile d’ufficio).
Tale orientamento, in sintesi, valorizza il disposto di cui all’art. 517 cod. proc. pen., per affermare che il Pubblico ministero è sempre legittimato ad effettuare la contestazione suppletiva di una circostanza aggravante che modifichi il regime di procedibilità del reato, indipendentemente dall’avvenuto decorso del termine per proporre querela in relazione al reato originariamente contestato. Tale facoltà dell’accusa, espressamente prevista dal codice di rito, impone al Giudice di decidere sulla rimodulata regiudicanda, onde verificare la sussistenza dei presupposti della contestata circostanza aggravante, traendone le relative conseguenze in tema di procedibilità del reato. D’altra parte prosegue tale orientamento – il giudicante, a norma del codice di rito, non può esercitare alcun sindacato preventivo sull’ammissibilità della contestazione del fatto diverso da come è descritto nel decreto che dispone il giudizio o del reato concorrente o della circostanza aggravante non menzionati in tale decreto, dovendo invece provvedere sul capo d’imputazione come modificato, stabilendo se sussiste o meno la responsabilità penale dell’imputato (cfr. Sez. 2, n. 9039 del 17/01/2023, Rv. 284289 – 01).
5. Un secondo orientamento, invece, ha stabilito che, in tema di reati divenuti procedibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ove sia decorso il termine previsto dall’art. 85 d.lgs. citato senza che sia stata proposta la querela, il giudice è tenuto, ex art. 129 cod. proc. pen., a pronunciare sentenza di improcedibilità, non essendo consentito al pubblico ministero la modifica dell’imputazione ex art. 517 cod. proc. pen. mediante contestazione di un’aggravante che renda il reato procedibile d’ufficio (cfr. Sez. 4, n. 44157 del 03/10/2023, Rv. 285647 – 01; in una fattispecie relativa a furto di energia elettrica, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di improcedibilità, sul rilievo che il contestato furto con violenza sulle cose fosse divenuto procedibile a querela).
Tale orientamento, in sintesi, valorizza i principi espressi dalla giurisprudenza di questa Corte, in base ai quali l’accertato difetto – originario o sopravvenuto – di una condizione di procedibilità, preclude lo svolgimento di qualsiasi attività processuale di parte e di qualsiasi ulteriore accertamento in punto di fatto, comportando quindi l’obbligo in capo al giudice, ai sensi dell’art.129 cod. proc. pen., di dichiarare l’immediata improcedibilità dell’azione penale (cfr. Sez. U, n. 49783 del 24/09/2009, COGNOME, Rv. 245163; Sez. 2, n. 45160 del 22/10/2015, NOME, Rv. 265098).
Facendo poi riferimento al parallelo filone interpretativo, secondo cui l’avvenuto decorso del termine prescrizionale preclude la successiva contestazione della circostanza aggravante (da cui deriverebbe un termine più lungo di prescrizione), in quanto il reato si sarebbe già estinto e la nuova contestazione non potrebbe avere l’effetto di farlo rivivere, residuando unicamente l’obbligo di immediata declaratoria della causa di estinzione codificato dall’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 55748 del 14/09/2017, Rv. 271745; Sez. 6 n. 47499 del 22/09/2015, Rv. 265560 ed altre), il citato orientamento ha affermato che il potere del PM, sancito dall’art. 517 cod. proc. pen. sarebbe da ritenersi precluso o comunque esaurito, allorché la nuova contestazione intervenga in un momento in cui il reato sia già estinto ovvero quando l’azione penale non sia più proseguibile, stante l’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità (fra cui quelle di improcedibilità) ex art 129 cod. proc. pen.
A conforto di tale ricostruzione, veniva anche richiamata la notizia di decisione delle Sezioni Unite di questa Corte in data 28.9.2023, le quali, all’epoca, avevano reso noto di avere adottato una soluzione negativa al quesito: “Se, ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l’aumento di pena per la recidiva che integri una circostanza aggravante ad effetto speciale
rilevi anche se la stessa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il reato come originariamente contestato”. Si tratta della nota sentenza delle Sez. Unite “Domingo”, secondo cui, ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l’aumento di pena per la recidiva che integri una circostanza aggravante ad effetto speciale non rileva se la stessa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il reato come originariamente contestato (cfr. Sez. U, n. 49935 del 28/09/2023, Rv. 285517 – 01).
Il detto orientamento è stato ribadito (cfr. Sez. 5, n. 13775 del 24/01/2024, Rv. 286224 – 01) anche a seguito del deposito delle motivazioni delle S.U. Domingo, sostanzialmente equiparando l’esigenza, affermata dalle citate S.U., di immediata declaratoria della causa di non punibilità derivante dall’intervenuta estinzione del reato (in data antecedente alla contestazione suppletiva del PM), con quella di immediata declaratoria della causa di improcedibilità del reato derivante dalla mancanza della querela al momento della (successiva) contestazione della circostanza aggravante che renderebbe il reato procedibile d’ufficio.
6. Il Collegio ritiene di dover condividere il primo orientamento, sulla scorta di argomentazioni in parte diverse da quelle dianzi accennate, adeguatamente sviluppate in una recente sentenza di legittimità (cfr. Sez. 5, n. 17532 del 11/04/2024), la quale ha svolto alcune importanti precisazioni sulla questione in disamina, valutando il rapporto esistente fra l’art. 129 cod. proc. pen. e l’art. 517 cod. proc. pen.
In primo luogo, è stata convincentemente esclusa la validità dell’operata equiparazione fra l’istituto della estinzione del reato (per prescrizione) con quello della improcedibilità del reato per mancanza di querela, ribadendosi la facoltà del PM ex art. 517 cod. proc. pen. di formulare la contestazione suppletiva della circostanza aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio.
In proposito, è stato acutamente osservato come la pronuncia delle Sezioni Unite Domingo, riguardante un caso di contestazione suppletiva a fronte della maturata causa di estinzione del reato per prescrizione, non abbia escluso i poteri di cui il PM è titolare ai sensi del citato art. 517, ma abbia costruito rapporto fra contestazione suppletiva e causa di estinzione precedentemente perfezionatasi in termini di prevalenza della seconda che, per effetto della sentenza, acquisisce forza giuridica “ora per allora” con riferimento non al momento della sua dichiarazione formale ma a quello della sua maturazione.
Per contro, Sez. 5 n. 17532/2024 ha opinato che, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all’art. 85 del d.lgs. citato, è consentito al pubblic
ministero di modificare l’imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un’aggravante che renda il reato procedibile d’ufficio, non essendosi realizzato alcun effetto preclusivo definitivo che imponga al giudice una pronuncia “ora per allora”, dato che, nel caso di declaratoria di improcedibilità, a differenza dell’ipotesi di estinzione del reato, anche i fatti sopravvenuti assumono rilievo e i requisiti della pronuncia vanno accertati nel momento in cui la stessa deve essere resa (cfr. Sez. 5, n. 17532 del 11/04/2024, Rv. 286448 – 01).
A supporto di tale interpretazione, sono state valorizzate le recenti modifiche normative introdotte dalla riforma Cartabia, con particolare riguardo all’art. 554bis cod. proc. pen., il quale, fra le altre cose, regolamenta le modalità attraverso le quali è possibile (ma anche doveroso) operare una modifica dell’imputazione al fine di consentire che la stessa contenga la descrizione del fatto e delle circostanze in termini corrispondenti a quanto emerge dal fascicolo, così da far garantire, alla fine del giudizio, il rispetto del principio di corrispondenza fr “chiesto” e “pronunciato”.
Il comma 6 dell’art. 554-bis cit., infatti, dispone: “Al fine di consentire che i fatto, la definizione giuridica, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, siano indicati in termini corrispondenti a quanto emerge dagli atti, il giudice, anche d’ufficio, sentite le parti, invita il pubblico ministero ad apportare le necessarie modifiche e, ove lo stesso non vi provveda, dispone, con ordinanza, la restituzione degli atti al pubblico ministero. Quando il pubblico ministero modifica l’imputazione, procede alla relativa contestazione e la modifica dell’imputazione è inserita nel verbale di udienza”.
La contestazione suppletiva della aggravante, come riconosciuto dall’art. 517 cod. proc. pen., non prevede decadenze o limitazioni, neppure nel caso in cui l’elemento di fatto aggravatore fosse emerso già prima dell’esercizio della azione penale. Pertanto, tenuto conto del momento in cui, per effetto della novella, si è posto il tema della nuova procedibilità del reato, e della durata del conseguente regime transitorio disegnato per l’iniziativa anche fuori udienza della persona offesa, la eventuale inattività processuale durante tale periodo impedisce di fatto al pubblico ministero di reagire in tempo e di prevenire il rischio della declaratoria di improcedibilità del reato. Sicché non appare ragionevole inibirgli il potere di contestazione suppletiva della aggravante nella prima udienza utile fissata dopo il 30 marzo 2023 (così, in motivazione, Sez. 5, n. 17532 del 11/04/2024).
In altri termini, l’effetto di improcedibilità del reato, maturato dopo la dat indicata a seguito della mancata presentazione della querela, si realizza indiscutibilmente con riferimento all’originario capo di imputazione, ma nulla
vieta al PM di operare, alla prima udienza utpe,successiva e nel contraddittorio delle parti, una modifica dell’imputazione a mezzo della contestazione suppletiva della circostanza aggravante risultante dagli atti (nel caso, art. 625, n. 7, cod. pen., in relazione al furto di cose destinate a pubblico servizio).
In definitiva, l’impianto della novella legislativa introdotta con la riforma Cartabia conferma che il PM non solo può, ma deve – ove richiesto dal giudice – procedere, alla prima udienza utile, alla contestazione suppletiva dell’aggravante che, nella specie, rende il reato procedibile d’ufficio, avendone il potere e l’occasione (offerta dal segmento processuale dell’udienza nel contraddittorio delle parti, che deve sempre precedere l’assunzione della decisione); una volta formulata la contestazione, il thema decidendi si estende alla circostanza aggravante e viene eliminato l’ostacolo processuale al prosieguo dell’azione penale; il giudice non ha ragione di emettere una sentenza di improcedibilità, poiché non si è realizzato alcun effetto preclusivo definitivo che imponga una pronuncia “ora per allora”, dato che, nel caso di declaratoria di improcedibilità – a differenza dell’ipotesi di estinzione di un reato che, essendo venuto meno nella dimensione sostanziale, non può rivivere – anche i fatti sopravvenuti assumono rilievo e la decisione deve verificare la situazione al momento in cui è resa.
Dalle COGNOME superiori COGNOME considerazioni COGNOME discende COGNOME che COGNOME il Tribunale COGNOME ha illegittimamente precluso al Pubblico ministero il potere-dovere di esercitare e proseguire l’azione penale per il fatto-reato oggetto della contestazione suppletiva, in tal modo incorrendo nella nullità assoluta di ordine generale ex artt. 178 e 179 cod. proc. pen., concernente la formulazione dell’imputazione ad opera della parte pubblica nell’esercizio dell’azione penale.
A tale nullità consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con trasmissione degli atti al Tribunale di Torre Annunziata, in diversa composizione, per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Torre Annunziata per il giudizio.
Così deciso il 3.10.2024