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Contestazione suppletiva: il PM può modificare l’accusa

Un imputato per furto di energia elettrica viene prosciolto in primo grado per mancanza di querela a seguito della Riforma Cartabia. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza, stabilendo che il giudice di merito ha illegittimamente negato al Pubblico Ministero la possibilità di effettuare una contestazione suppletiva per una circostanza aggravante. Tale contestazione, se effettuata, avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio, superando la necessità della querela. La Suprema Corte ha ribadito che il potere di modificare l’imputazione nel corso del dibattimento è una prerogativa insindacabile del PM, che il giudice non può impedire preventivamente.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione suppletiva: la Cassazione chiarisce i poteri del PM nel processo penale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 15110/2024) ha riaffermato un principio cardine del processo penale: il potere del Pubblico Ministero di modificare l’imputazione durante il dibattimento attraverso una contestazione suppletiva è una prerogativa fondamentale e non può essere bloccata dal giudice. Questo intervento chiarisce i delicati equilibri tra accusa, difesa e organo giudicante, soprattutto alla luce delle recenti riforme che hanno modificato la procedibilità di molti reati.

I Fatti del Caso: Furto di Energia e la Riforma Cartabia

Il caso ha origine da un’accusa di furto di energia elettrica. L’imputato era accusato di essersi impossessato illecitamente di elettricità tramite un allaccio abusivo alla rete di distribuzione. Durante il processo, è entrata in vigore la cosiddetta Riforma Cartabia, che ha reso il reato di furto semplice procedibile solo a querela di parte.

Nel corso di un’udienza, il Tribunale ha rilevato che era trascorso il termine di novanta giorni per presentare la querela da parte della società erogatrice dell’energia, senza che questa fosse stata sporta. Di conseguenza, il reato non era più procedibile. Tuttavia, il Pubblico Ministero ha immediatamente chiesto di poter effettuare una contestazione suppletiva, aggiungendo all’accusa la circostanza aggravante prevista per il furto di beni destinati a pubblico servizio (art. 625 n. 7 c.p.). La presenza di tale aggravante avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio, superando così l’ostacolo della mancanza di querela.

La Decisione del Tribunale e il Ricorso del PM

Contrariamente alle aspettative, il Tribunale ha rigettato la richiesta del PM, definendola ‘tardiva’. Secondo il giudice di primo grado, essendo ormai divenuta improcedibile l’azione penale per la contestazione originaria, non era più possibile modificarla. Sulla base di questa interpretazione, il Tribunale ha dichiarato il non doversi procedere nei confronti dell’imputato.

Il Procuratore della Repubblica ha impugnato questa decisione, ricorrendo direttamente in Cassazione. La Procura ha sostenuto che il Tribunale avesse errato nel negare l’esercizio di un potere-dovere, quello della contestazione suppletiva, che la legge consente di esercitare fino alla chiusura dell’istruttoria dibattimentale. Negare tale facoltà equivale a un’indebita ingerenza del giudice nell’esercizio dell’azione penale, che spetta esclusivamente al Pubblico Ministero.

Il Ruolo della contestazione suppletiva secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso del Pubblico Ministero, annullando la sentenza del Tribunale. I giudici supremi hanno ribadito con forza che il giudice del dibattimento non ha alcun potere di sindacato preventivo sull’ammissibilità di una contestazione suppletiva proposta dal PM ai sensi dell’art. 517 c.p.p.

Questo potere è espressione del principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale (art. 112 Cost.) e serve a garantire la necessaria correlazione tra l’accusa e le risultanze processuali. Il PM ha il dovere di adeguare il capo d’imputazione a ciò che emerge dalle prove raccolte durante il dibattimento, in modo che la decisione finale del giudice possa basarsi su una fattispecie completa e corretta.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che la decisione del Tribunale è illegittima perché si arroga un potere che nessuna norma gli riconosce. Il giudice non può negare al PM il compimento di un atto, come la contestazione suppletiva di un’aggravante, che è definito ‘imperativo, insindacabile e obbligatorio’. Il ruolo del giudice è quello di decidere sul merito dell’imputazione così come modificata, non di impedire la modifica stessa.

Impedendo la contestazione, il Tribunale ha di fatto anticipato la sua decisione finale, basandola su un’imputazione ‘superata’ e violando il principio del contraddittorio. Una volta che il PM esercita il suo potere, l’imputazione originaria cede il passo a quella nuova, e il processo deve proseguire su quest’ultima. All’imputato sono naturalmente garantiti tutti i diritti di difesa, come la possibilità di chiedere un termine per preparare la propria strategia sulla nuova accusa (art. 519 c.p.p.).

La Cassazione ha concluso che il Tribunale, negando l’esercizio di questo potere-dovere al PM, ha commesso una nullità di ordine generale, limitando l’esercizio dell’azione penale e svuotando di significato il contraddittorio. La sentenza è stata quindi annullata e gli atti sono stati restituiti al Tribunale, in diversa composizione, per la prosecuzione del giudizio sulla base dell’imputazione come modificata dalla contestazione dell’aggravante.

Conclusioni

Questa pronuncia riafferma la netta distinzione dei ruoli nel processo penale accusatorio. Il Pubblico Ministero è il titolare esclusivo dell’azione penale e ha il potere di precisarne l’oggetto durante il dibattimento. Il giudice ha il compito di valutare nel merito l’accusa, una volta definita, garantendo il pieno rispetto dei diritti della difesa. La decisione del Tribunale di bloccare la contestazione suppletiva è stata vista come un’invasione di campo che altera gli equilibri processuali. La sentenza, quindi, non solo corregge un errore procedurale, ma rafforza i principi fondamentali del giusto processo e della separazione delle funzioni tra accusa e giudizio.

Un giudice può rifiutare una contestazione suppletiva di una circostanza aggravante proposta dal Pubblico Ministero durante il dibattimento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il giudice non può esercitare alcun sindacato preventivo sull’ammissibilità della contestazione, che è un potere-dovere esclusivo e insindacabile del Pubblico Ministero. Il giudice dovrà pronunciarsi sul merito dell’imputazione come modificata.

Fino a quale momento del processo il Pubblico Ministero può effettuare una contestazione suppletiva?
Il Pubblico Ministero può modificare l’imputazione o contestare una nuova circostanza aggravante in qualsiasi momento dopo l’apertura del dibattimento e prima che sia terminata l’istruttoria dibattimentale, ovvero la fase di assunzione delle prove.

Cosa succede se un reato diventa procedibile a querela, ma il PM contesta un’aggravante che lo rende procedibile d’ufficio?
Se il PM contesta validamente una circostanza aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio, la mancanza della querela diventa irrilevante. Il processo deve proseguire sulla base della nuova imputazione aggravata, e il giudice non può dichiarare l’improcedibilità basandosi sulla contestazione originaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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