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Contestazione suppletiva: il PM può modificare l’accusa

La Corte di Cassazione ha stabilito che il pubblico ministero può procedere a una contestazione suppletiva di una circostanza aggravante per superare il difetto di querela, anche dopo la scadenza del termine concesso alla persona offesa dalla Riforma Cartabia. Il caso riguardava un furto di energia elettrica, dove il giudice di primo grado aveva prosciolto l’imputato per mancanza di querela, ritenendo tardiva la contestazione dell’aggravante della destinazione a pubblico servizio. La Cassazione ha annullato la sentenza, affermando che il potere del PM di adeguare l’imputazione ai fatti precede la verifica sulla condizione di procedibilità, salvaguardando così l’azione penale per reati che mantengono una rilevanza pubblica.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione Suppletiva: il PM può sempre modificare l’accusa per superare il difetto di querela

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18861 del 2025, ha affrontato un’importante questione procedurale sorta a seguito della Riforma Cartabia. In particolare, ha chiarito se il Pubblico Ministero possa effettuare una contestazione suppletiva per un’aggravante al fine di rendere un reato procedibile d’ufficio, anche dopo la scadenza del termine concesso alla persona offesa per presentare querela. La risposta della Suprema Corte è stata affermativa, rafforzando i poteri dell’accusa nel perseguire reati di rilevanza pubblica.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un procedimento per furto di energia elettrica. A seguito dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), il reato di furto, anche aggravato, è diventato procedibile a querela della persona offesa, salvo alcune specifiche eccezioni. Nel caso di specie, la società erogatrice di energia non aveva sporto querela entro i termini previsti dalla normativa transitoria.

Durante l’udienza, il Giudice del Tribunale di Trani, rilevata la mancanza della condizione di procedibilità, ha prosciolto l’imputato. Questa decisione è stata presa nonostante il Pubblico Ministero, nella stessa udienza, avesse tentato di effettuare una contestazione suppletiva, aggiungendo all’accusa la circostanza aggravante della destinazione a pubblico servizio del bene sottratto. Tale aggravante avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio, superando così la necessità della querela. Il Giudice, tuttavia, ha ritenuto tale contestazione tardiva e, di conseguenza, inefficace.

Il Pubblico Ministero ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo l’erroneità della decisione del Tribunale e rivendicando la pienezza del suo potere di modificare l’imputazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, annullando con rinvio la sentenza di proscioglimento. I giudici di legittimità hanno stabilito che il potere del PM di effettuare una contestazione suppletiva non è precluso dalla scadenza del termine per la presentazione della querela. La verifica sulla condizione di procedibilità, infatti, deve avvenire solo dopo che l’imputazione è stata definitivamente cristallizzata, anche a seguito di eventuali modifiche da parte dell’accusa.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha basato la sua decisione su un’attenta analisi del rapporto tra l’articolo 129 c.p.p. (obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità) e l’articolo 517 c.p.p. (potere di contestazione di una circostanza aggravante emersa nel dibattimento).

La natura della contestazione suppletiva e il suo rapporto con la procedibilità

Il punto centrale della motivazione risiede nella natura della declaratoria di improcedibilità per difetto di querela. A differenza della prescrizione, che estingue il reato e ha un effetto retroattivo, l’improcedibilità è una statuizione processuale che fotografa la situazione al momento della decisione. Se, in quel momento, un ostacolo alla prosecuzione dell’azione penale viene rimosso, il giudice non può ignorarlo.

La Corte ha chiarito che il potere del Pubblico Ministero di modificare l’imputazione, garantito dall’art. 517 c.p.p., è uno strumento fondamentale per assicurare la corrispondenza tra l’accusa e le risultanze processuali. Questo potere deve essere esercitato prima che il giudice valuti le condizioni di procedibilità. Di conseguenza, il giudice di primo grado ha errato nel ritenere ‘tardiva’ la contestazione del PM. Avrebbe dovuto, invece, prima prendere atto della modifica dell’imputazione e solo successivamente verificare se, alla luce della nuova accusa (comprensiva dell’aggravante), fosse ancora presente un difetto di procedibilità.

Poiché la contestazione dell’aggravante della destinazione a pubblico servizio rende il furto procedibile d’ufficio, l’ostacolo processuale sarebbe venuto meno, consentendo al processo di proseguire.

Il bilanciamento tra le prerogative delle parti

La sentenza sottolinea anche come un’interpretazione diversa creerebbe una irragionevole asimmetria. La persona offesa, grazie alla finestra temporale della Riforma, ha potuto decidere delle sorti del processo presentando querela. Negare al PM la possibilità di esercitare il proprio potere di contestazione, basato sugli elementi emersi, significherebbe privare lo Stato della possibilità di perseguire un reato che, proprio a causa dell’aggravante, mantiene una connotazione di interesse pubblico che trascende quello della singola vittima.

Le Conclusioni

Con questa importante pronuncia, la Corte di Cassazione consolida un principio fondamentale: il potere del Pubblico Ministero di adeguare l’accusa alle risultanze processuali tramite la contestazione suppletiva prevale sulla valutazione immediata della condizione di procedibilità. La declaratoria di improcedibilità per difetto di querela deve essere l’esito finale della valutazione del quadro accusatorio completo, non un ostacolo preliminare che impedisca all’accusa di definire compiutamente il proprio perimetro. La decisione ha implicazioni significative, specialmente nel contesto della transizione normativa introdotta dalla Riforma Cartabia, garantendo che i reati con un intrinseco disvalore pubblico non sfuggano alla giustizia per mere questioni procedurali.

Il Pubblico Ministero può aggiungere un’aggravante per procedere anche senza querela?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il pubblico ministero conserva il potere di effettuare una contestazione suppletiva di una circostanza aggravante (che renda il reato procedibile d’ufficio) anche dopo la scadenza del termine concesso alla persona offesa per presentare querela. Tale potere precede la verifica del giudice sulla condizione di procedibilità.

La contestazione dell’aggravante della destinazione a pubblico servizio è sempre implicita nel furto di energia elettrica?
No. La Corte ha ribadito che questa aggravante non ha natura ‘autoevidente’ ma valutativa. Pertanto, per essere considerata validamente contestata fin dall’inizio, deve essere indicata esplicitamente nell’imputazione o descritta con perifrasi che ne siano univoca esemplificazione, cosa che nel caso di specie non era avvenuta.

Qual è l’impatto di questa sentenza sulla Riforma Cartabia?
La sentenza chiarisce che la nuova disciplina sulla procedibilità a querela introdotta dalla Riforma Cartabia non ha indebolito il potere del pubblico ministero di modificare l’imputazione. Anche se la persona offesa non si attiva, il PM può intervenire per assicurare la prosecuzione del processo per fatti che, a causa di specifiche aggravanti, mantengono una rilevanza per l’intera collettività.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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