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Contestazione suppletiva: furto di gas e procedibilità

Un soggetto era accusato di furto di gas tramite allaccio abusivo. Il tribunale di primo grado aveva dichiarato il non luogo a procedere per mancanza di querela, a seguito della Riforma Cartabia. La Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che la descrizione dell’allaccio alla rete di distribuzione pubblica costituiva di per sé una contestazione di fatto dell’aggravante della destinazione a pubblico servizio, rendendo il reato procedibile d’ufficio. La Corte ha inoltre ritenuto valida ed efficace anche la contestazione suppletiva effettuata dal PM in udienza.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione Suppletiva e Furto di Gas: Quando il Reato Resta Procedibile d’Ufficio

La recente Riforma Cartabia ha modificato il regime di procedibilità per numerosi reati, tra cui il furto, subordinandolo alla presentazione di querela. Questa modifica ha sollevato complesse questioni interpretative, specialmente per i processi in corso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 34682/2024) affronta un caso emblematico di furto di gas, chiarendo i poteri del Pubblico Ministero e il ruolo della contestazione suppletiva per garantire la procedibilità d’ufficio. La pronuncia offre spunti fondamentali sulla differenza tra contestazione formale e “contestazione in fatto” di una circostanza aggravante.

I Fatti del Caso: Il Furto di Gas e la Decisione del Tribunale

Il procedimento riguardava un imputato accusato di furto di gas, aggravato dalla violenza sulle cose. Il furto era stato commesso tramite un allaccio abusivo e diretto alla rete di distribuzione di una società erogatrice.

Con l’entrata in vigore della Riforma Cartabia, il delitto di furto è diventato procedibile a querela, salvo la presenza di specifiche aggravanti. Nel caso di specie, il termine per presentare la querela era scaduto senza che la società offesa si fosse attivata. Di conseguenza, il Tribunale di primo grado, ritenendo tardiva una contestazione suppletiva del PM volta a introdurre l’aggravante della destinazione a pubblico servizio (art. 625 n. 7 c.p.), aveva dichiarato di non doversi procedere per difetto della condizione di procedibilità.

L’Appello del Pubblico Ministero e la Questione della Contestazione Suppletiva

Il Procuratore Generale ha impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge. Secondo l’accusa, il Tribunale aveva erroneamente esercitato un sindacato non consentito sulla contestazione suppletiva e, di conseguenza, aveva emesso una sentenza nulla, senza valutare correttamente la sussistenza della procedibilità d’ufficio. Il fulcro del ricorso si basava su due argomenti principali: la validità della contestazione aggiuntiva operata in udienza e la tesi che l’aggravante fosse già implicitamente contenuta nella descrizione originaria dei fatti.

La Decisione della Cassazione: Analisi della Procedibilità

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso, annullando la sentenza e rinviando il processo al Tribunale. La decisione si articola su due livelli di analisi interconnessi.

Tempestività della Contestazione Suppletiva dopo la Riforma

In primo luogo, la Corte ha affermato che il Pubblico Ministero può procedere alla contestazione suppletiva anche dopo la scadenza del termine per la presentazione della querela, purché ciò avvenga alla prima occasione utile di contraddittorio. La sopravvenuta causa di improcedibilità (mancanza di querela) non paralizza il potere del PM di adeguare l’imputazione a quanto emerge dagli atti, specialmente quando tale potere è esercitato per far valere un regime, quello della procedibilità d’ufficio, che tutela interessi pubblici. Negare tale facoltà sarebbe irragionevolmente discriminatorio e in contrasto con il principio di obbligatorietà dell’azione penale.

La “Contestazione in Fatto”: Quando la Descrizione Sostituisce la Norma

Il punto più interessante della sentenza riguarda però la cosiddetta “contestazione in fatto”. La Corte ha stabilito che, anche prima della modifica formale dell’imputazione, il reato era già procedibile d’ufficio. L’aggravante della destinazione del bene a pubblico servizio, infatti, era già integrata nella descrizione originaria della condotta.

Secondo gli Ermellini, la menzione di un “allaccio diretto alla rete di distribuzione dell’ente gestore” è una perifrasi sufficiente a rendere manifesto all’imputato che il bene sottratto (il gas) era inserito in un servizio destinato a soddisfare un’esigenza di rilevanza pubblica, a vantaggio di un numero indeterminato di utenti. Questa descrizione è un’espressione evocativa che permette all’imputato di comprendere appieno l’accusa e di difendersi adeguatamente, rendendo superflua la citazione esplicita dell’articolo di legge.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su un’attenta ponderazione tra garanzie difensive e principi costituzionali. Se da un lato è necessario assicurare che l’imputato sia informato in modo dettagliato sulla natura e i motivi dell’accusa, dall’altro non si può permettere che un formalismo eccessivo frustri il principio di obbligatorietà dell’azione penale. La Corte distingue tra aggravanti “autoevidenti” e aggravanti “valutative”. Quella della destinazione a pubblico servizio rientra in questa seconda categoria, poiché richiede un’analisi complessa della natura del bene e del servizio. Tuttavia, quando l’imputazione descrive fatti che in modo univoco esemplificano tale destinazione (come l’allaccio alla rete pubblica del gas), la contestazione si ritiene validamente effettuata “in fatto”. Il Tribunale, pertanto, ha commesso un errore nel ritenere rilevante la mancanza di querela, poiché avrebbe dovuto riconoscere la procedibilità d’ufficio del reato sin dall’origine.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante punto di equilibrio nell’applicazione delle nuove norme sulla procedibilità introdotte dalla Riforma Cartabia. Essa riafferma la centralità del diritto di difesa, ma lo ancora alla sostanza dei fatti contestati piuttosto che a mere formule sacramentali. Si chiarisce che il Pubblico Ministero mantiene il potere di adeguare l’imputazione anche a fronte di modifiche normative che impattano sulla procedibilità. Soprattutto, si valorizza la descrizione del fatto storico come elemento cruciale per definire l’ambito dell’accusa, riconoscendo che una “contestazione in fatto”, chiara e precisa, equivale a una contestazione formale ai fini della procedibilità.

Dopo la Riforma Cartabia, è possibile per il PM fare una contestazione suppletiva per rendere un reato procedibile d’ufficio dopo la scadenza del termine per la querela?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che il Pubblico Ministero può legittimamente effettuare una contestazione suppletiva, aggiungendo un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio, anche dopo la scadenza del termine per la querela, a condizione che ciò avvenga alla prima occasione utile di contraddittorio.

Per il furto di gas, è necessario che l’aggravante della destinazione a pubblico servizio sia esplicitamente indicata nel capo d’imputazione affinché il reato sia procedibile d’ufficio?
No, non è strettamente necessario. Secondo la Corte, se la descrizione dei fatti nel capo d’imputazione (ad esempio, “allaccio diretto alla rete di distribuzione dell’ente gestore”) è sufficientemente chiara da evocare in modo inequivocabile la destinazione del bene a un servizio pubblico, l’aggravante si considera “contestata in fatto” e il reato è procedibile d’ufficio anche senza la menzione specifica dell’articolo di legge.

Cosa intende la Corte per “contestazione in fatto” di un’aggravante?
Per “contestazione in fatto” si intende una situazione in cui, pur mancando nell’imputazione il riferimento normativo esplicito a una circostanza aggravante, la descrizione della condotta delittuosa contiene già tutti gli elementi fattuali che la costituiscono. Questo permette all’imputato di comprendere pienamente l’accusa e di esercitare il proprio diritto di difesa, rendendo la contestazione valida a tutti gli effetti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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