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Contestazione suppletiva: furto di energia e querela

La Cassazione annulla una sentenza di improcedibilità per furto di energia. Sancito che la contestazione suppletiva di un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio è ammissibile anche se interviene dopo la scadenza del termine per la querela, introdotto dalla Riforma Cartabia. Decisiva la natura del bene sottratto (energia elettrica) e il potere-dovere del PM di modificare l’imputazione fino alla fine del dibattimento.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione Suppletiva: la Cassazione sul Furto di Energia dopo la Riforma Cartabia

Con la sentenza n. 14889 del 2024, la Corte di Cassazione affronta una questione procedurale di grande attualità, generata dalle modifiche al regime di procedibilità del furto introdotte dalla Riforma Cartabia. La decisione chiarisce i limiti e le facoltà del Pubblico Ministero nell’effettuare una contestazione suppletiva quando, a seguito di una novella legislativa, un reato diventa procedibile a querela. Il caso specifico riguarda un furto di energia elettrica, dove la tardiva contestazione dell’aggravante della destinazione del bene a pubblico servizio si è scontrata con la sopravvenuta causa di improcedibilità per mancata querela.

I fatti del caso: il furto di energia elettrica

Il procedimento ha origine dall’accusa mossa a un individuo di essersi impossessato di un’ingente quantità di energia elettrica (circa 170.700 KWh), sottraendola al gestore della rete. La condotta illecita consisteva nell’allaccio diretto alla linea di distribuzione tramite un cavo, bypassando così i sistemi di registrazione e fatturazione dei consumi. A seguito della Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022), il delitto di furto semplice è diventato procedibile solo a querela di parte. Nel caso di specie, la querela non era stata presentata entro il termine transitorio previsto dalla legge (30 marzo 2023).

La decisione del Tribunale e il ricorso del Pubblico Ministero

Il Tribunale di Napoli Nord, rilevata la mancanza della querela, dichiarava l’improcedibilità dell’azione penale. Questa decisione è stata presa nonostante, nel corso di un’udienza successiva alla scadenza del termine per la querela, il Pubblico Ministero avesse effettuato una contestazione suppletiva, aggiungendo l’aggravante della sottrazione di un bene destinato a pubblico servizio. Tale aggravante avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio, superando l’ostacolo della mancata querela. Il Tribunale, tuttavia, ha ritenuto tale contestazione tardiva e inefficace, poiché intervenuta quando la causa di improcedibilità si era già consolidata.
Il Pubblico Ministero ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo l’erronea applicazione della legge penale e processuale. A suo avviso, il potere di effettuare contestazioni suppletive può essere esercitato fino alla conclusione del dibattimento, e tale potere avrebbe dovuto prevalere sulla sopravvenuta causa di improcedibilità.

La contestazione suppletiva e il diritto di difesa

La Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso, svolge una duplice analisi. In primo luogo, valuta se l’aggravante della destinazione a pubblico servizio non fosse già implicitamente contenuta nell’originaria imputazione. Descrivere un furto di energia elettrica tramite allaccio abusivo alla “rete di distribuzione dell’ente gestore” implica, secondo la Corte, una chiara indicazione fattuale che il bene sottratto è parte di un servizio destinato a una collettività indeterminata. Tale descrizione è sufficiente a porre l’imputato nelle condizioni di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa anche su questo aspetto qualificante del fatto, rendendo la contestazione di fatto già adeguata fin dall’inizio a rendere il reato procedibile d’ufficio.

Il potere di modifica dell’imputazione e la Riforma Cartabia

In secondo luogo, e in via dirimente, la Corte affronta la questione del rapporto tra il potere di contestazione suppletiva (art. 517 c.p.p.) e il dovere del giudice di dichiarare immediatamente le cause di non punibilità (art. 129 c.p.p.). La sentenza sottolinea che il potere del PM di modificare l’imputazione è un’estrinsecazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale e non subisce limitazioni temporali se non la conclusione del dibattimento. L’errore del Tribunale è stato quello di “inibire” questo potere sulla base della maturata improcedibilità, senza considerare il contesto normativo eccezionale creato dalla Riforma. La novella ha concesso un termine alla persona offesa per presentare la querela, ma non ha previsto uno strumento analogo per il PM. Lo strumento ordinario a disposizione dell’accusa è proprio la contestazione suppletiva, e sarebbe irragionevole e discriminatorio precluderne l’uso solo perché l’udienza utile si è tenuta dopo la scadenza del termine per la querela.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di bilanciare il dovere di dichiarare l’improcedibilità con il potere-dovere del Pubblico Ministero di esercitare l’azione penale in modo completo. La Cassazione distingue nettamente la situazione in esame da quella della prescrizione maturata, dove le Sezioni Unite (“Domingo”) hanno dato prevalenza all’esigenza di non protrarre un processo ormai inutile. Nel caso della mancanza di querela, la situazione è diversa: la condizione di procedibilità è un requisito esterno al fatto, e il legislatore stesso ha creato un regime transitorio che deve essere interpretato in modo da non creare ingiustificate disparità. Impedire al PM di adeguare l’imputazione alla luce di elementi già presenti negli atti, solo per una casualità del calendario giudiziario, rappresenterebbe una violazione dei principi di ragionevolezza e di effettività dell’azione penale. La Corte, pertanto, riafferma che la nuova contestazione, se effettuata nel corso del dibattimento, deve poter spiegare i suoi effetti, rendendo il reato procedibile d’ufficio e superando la causa di improcedibilità.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli. Il principio di diritto che emerge è duplice: da un lato, la contestazione del furto di energia elettrica dalla rete pubblica può già di per sé contenere in fatto gli elementi dell’aggravante della destinazione a pubblico servizio; dall’altro, e più in generale, il potere del PM di effettuare una contestazione suppletiva per un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio non può essere paralizzato dalla sopravvenuta scadenza del termine per la presentazione della querela, introdotto da una riforma legislativa. Questa decisione garantisce coerenza al sistema processuale, salvaguardando le prerogative dell’accusa di fronte a mutamenti normativi che incidono sul regime di procedibilità dei reati.

È possibile per il Pubblico Ministero aggiungere un’aggravante (contestazione suppletiva) dopo che è scaduto il termine per presentare la querela?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il potere del Pubblico Ministero di effettuare una contestazione suppletiva ai sensi dell’art. 517 c.p.p. può essere esercitato fino alla conclusione del dibattimento. Questo potere non è inibito dalla circostanza che, a causa di una modifica normativa (come la Riforma Cartabia), sia nel frattempo maturata una causa di improcedibilità per mancanza di querela.

Il furto di energia elettrica dalla rete pubblica è sempre un reato aggravato?
La sentenza chiarisce che la descrizione nell’imputazione di un furto di energia commesso tramite allaccio diretto alla “rete di distribuzione dell’ente gestore” è di per sé sufficiente a includere gli elementi di fatto dell’aggravante della destinazione del bene a pubblico servizio (art. 625, n. 7, c.p.). Questo rende il reato procedibile d’ufficio, in quanto l’imputato è messo in condizione di difendersi anche da tale specifica qualificazione del fatto.

Una sentenza di improcedibilità per mancanza di querela impedisce un nuovo processo se la querela viene poi presentata?
No. La sentenza ricorda che, a differenza di una declaratoria di prescrizione che ha efficacia di giudicato (ne bis in idem), la pronuncia di non doversi procedere per mancanza di querela dà luogo a un giudicato “instabile”. Essa non impedisce il nuovo esercizio dell’azione penale qualora la querela venga successivamente presentata, come previsto dall’art. 345 c.p.p.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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