Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4549 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4549 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI CATANIA nel procedimento a carico di:
NOME nato a ADRANO il 08/04/1967
avverso la sentenza del 04/07/2024 del TRIBUNALE di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore generale COGNOME
COGNOME che ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza emessa il 4 luglio 2024, il Tribunale di Catania ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME NOMECOGNOME in relazione al reato di
cui agli artt. 624 e 625, n. 2 e n. 7, cod. pen., per mancanza della necessaria querela.
Secondo l’ipotesi accusatoria, l’imputato, «con violenza consistita nella posizione di un tubo multistrato alla condotta di distribuzione, si impossessava … di quantitativi di acqua sottraendoli alla società “RAGIONE_SOCIALE“, alla cui rete allacciava l’impianto di INDIRIZZO, di cui aveva la disponibilità». Con le aggravanti «di avere commesso il fatto con violenza sulle cose, consistita nel porre in essere le manovre necessarie a realizzare il suddetto allaccio diretto al flusso idrico, attraverso il punto di accesso alla rete, esposto quest’ultimo per necessità e consuetudine alla pubblica fede».
Il Tribunale ha osservato che: per effetto di quanto disposto dal d.lgs. n. 150 del 2022, la fattispecie originariamente contestata rientrava tra quelle divenute perseguibili a querela; alla scadenza del termine previsto dal regime transitorio dettato dall’art. 85 del d.lgs. citato, non era stata presentata alcuna istanza di punizione da parte della persona offesa; l’inutile decorso del termine relativo alla proposizione della querela imponeva l’immediata declaratoria dell’improcedibilità dell’azione penale.
Non prendeva in considerazione la contestazione suppletiva operata in udienza dal pubblico ministero, avente a oggetto la circostanza aggravante prevista dall’art. 625, n.7, cod. pen.
Avverso la sentenza del Tribunale, il Procuratore generale presso la Corte di appello di Catania ha proposto ricorso per cassazione.
2.1. Con un unico motivo, deduce il vizio di inosservanza di erronea applicazione della legge penale.
Sostiene che il Tribunale avrebbe errato nel non dare rilievo alla contestazione suppletiva, legittimante operata in udienza dal pubblico ministero, esercitando un potere specificamente attribuitogli dagli artt. 516 e ss. cod. proc. pen.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza impugnata.
Il ricorso deve essere accolto.
L’unico motivo di ricorso è fondato, risultando contestata la circostanza aggravante di avere commesso il fatto su bene destinato a pubblico servizio.
4.1. Va premesso che, a seguito della modifica dell’art. 624, comma 3, cod. pen., intervenuta per effetto dell’art. 2, comma 1, lett. i), d.lgs. 10 ottobre 2022 n.150, in vigore dal 30 dicembre 2022, il delitto di furto anche se aggravato o pluriaggravato ai sensi dell’art. 625 cod. pen. (prima procedibile di ufficio) è
divenuto punibile a querela della persona offesa, tranne che nei seguenti casi: se la persona offesa è incapace, per età o per infermità; se ricorre taluna delle circostanze di cui all’art. 625, numero 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede (il reato, quindi, è procedibile di ufficio anche quando il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza); se ricorre taluna delle circostanze di cui all’art. 625, numero 7-bis.
In relazione ai fatti commessi prima della data di entrata in vigore della suddetta modifica legislativa, l’art. 85 del d.lgs. n. 150 del 2022 ha stabilito che il termine per la presentazione della querela (pari a tre mesi ex art. 124, comma 1, cod. pen.) decorra dalla predetta data (30 dicembre 2022), se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato.
La novità normativa riguardante il regime di procedibilità, dunque, trova applicazione anche in ordine a fatti commessi prima del 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022
4.2. Venendo al caso in esame, va rilevato che: il reato è stato commesso prima dell’entrata in vigore della riforma Cartabia; nel termine previsto dall’art. 85 del d.lgs. n. 150 del 2022, la persona offesa non ha presentato querela; il pubblico ministero, alla prima udienza utile, subito dopo la costituzione delle parti, ha contestato l’aggravante di avere commesso il fatto su bene destinato a pubblico servizio.
4.3. Come già affermato da questa Corte, la circostanza aggravante in questione è sicuramente connotata da componenti di natura valutativa, poiché impone una verifica di ordine giuridico – sulla natura della res, sulla sua specifica destinazione e sul concetto di “pubblico servizio” – che si basa su considerazioni in diritto che non sono rese palesi dal mero riferimento all’oggetto sottratto. Accanto alla contestazione formale della aggravante, tuttavia, può ritenersi consentita anche un tipo di contestazione non formale, che, però, deve essere configurata in maniera tale da rendere manifesto all’imputato che dovrà difendersi dall’accusa di avere sottratto un bene posto al servizio di un interesse dell’intera collettività e diretto a vantaggio della stessa (cfr. Sez. 5, n. 14890 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286291; Sez. 5, n. 35873 del 23/05/2024, COGNOME, Rv. 286943; Sez. 5, n. 37142 del 12/06/2024, COGNOME, Rv. 287060; Sez. 5, n. 34061 del 28/06/2024, COGNOME, Rv. 286937).
Deve, dunque, ritenersi consentita una sua contestazione “non formale”, «seppur doverosamente indicativa della finalità in gioco: e cioè quella di rendere manifesto all’imputato che dovrà difendersi dall’accusa di avere sottratto un bene
posto al servizio di un interesse dell’intera collettività e diretto a vantaggio della stessa» (Sez. 5, n. 14890 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286291).
Tale scopo appare raggiunto quando – come nel caso in esame – nel capo di imputazione si faccia riferimento a una condotta di furto di acqua posta in essere mediante allaccio diretto alla condotta di distribuzione dell’ente gestore; condotta che garantisce l’erogazione di un “servizio” e destinata a raggiungere le utenze terminali di un numero indeterminato di persone, per soddisfare un’esigenza di sicura rilevanza pubblica.
Tale affermazione si pone in perfetta coerenza con l’orientamento formatosi con riferimento all’analoga fattispecie del furto di energia elettrica, in relazione al quale questa Corte ha precisato che la circostanza aggravante in questione è da ritenersi adeguatamente contestata ove venga addebitata una condotta di furto posta in essere mediante allaccio diretto alla rete di distribuzione dell’ente gestore, la quale garantisce l’erogazione di un “servizio” destinato a raggiungere le utenze terminali di un numero indeterminato di persone, per soddisfare un’esigenza di rilievo pubblico (cfr. Sez. 5, n. 14890 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286291; Sez. 5, n. 35873 del 23/05/2024, COGNOME, Rv. 286943; Sez. 5, n. 37142 del 12/06/2024, COGNOME, Rv. 287060; Sez. 5, n. 34061 del 28/06/2024, COGNOME, Rv. 286937). Il collegamento diretto alla condotta di distribuzione dell’acqua, invero, al pari dell’allaccio diretto alla rete di distribuzione dell’ente gestore, rende evidente l’erogazione di un “servizio” destinato a raggiungere le utenze terminali di un numero indeterminato di persone, per soddisfare un’esigenza di rilevanza “pubblica”.
Discende che il Tribunale, a fronte di un capo di imputazione che specificava che il furto di acqua era stato realizzato mediante allaccio diretto alla condotta di distribuzione dell’ente gestore, ha fatto un uso errato della regola di giudizio posta dall’art. 129 cod. proc. pen., poiché, pur in presenza della contestazione “non formale” di un’aggravante idonea a rendere il reato perseguibile di ufficio, ha invece ritenuto decisivo il dato della mancanza di querela della persona offesa.
La violazione di legge, come denunciata in ricorso, va analizzata e valutata anche con riferimento allo specifico angolo prospettico evidenziato dal ricorrente, che contesta la decisione del Tribunale di ritenere priva di «valenza processuale» la contestazione suppletiva operata in udienza dal pubblico ministero.
5.1. Il collegio non condivide l’impostazione del Tribunale, ritenendo di aderire all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, «in tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di cui all’art. 85 del d.lgs. citato, modificare l’imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un’aggravante che rende il reato
procedibile d’ufficio» (Sez. 5, n. 14890 del 14/03/2024, COGNOME, Sez. 4, n. 17455 del 27/03/2024, COGNOME, Rv. 286344; Rv. 286291; Sez. 5 n. 17532 del 11/04/2024, COGNOME, Rv. 286448; Sez. 5, n. 33657 del 02/05/2024, COGNOME, Rv. 286890).
Una lettura coordinata degli artt. 517 cod. proc. pen. e 85 d.lgs. n. 150 del 2022, che tenga conto del potere di contestazione suppletiva, come riconosciuto dal codice di rito, senza decadenze o limitazioni, induce a ritenere consentito l’esercizio di tale potere, nella prima udienza utile fissata dopo il 30 marzo 2023.
In conformità al richiamato orientamento giurisprudenziale, il Collegio ritiene che: il pubblico ministero può validamente effettuare la contestazione suppletiva di una circostanza aggravante che renda il reato procedibile di ufficio, avendone il potere e l’occasione (la prima udienza dopo il 30 marzo 2023); con la contestazione suppletiva, il thema decidendi si estende alla circostanza aggravante e viene eliminato l’ostacolo processuale al prosieguo dell’azione penale; il giudice non ha ragione di emettere una sentenza di proscioglimento, poiché non si è realizzato alcun effetto preclusivo definitivo che imponga una pronuncia “ora per allora”, dato che, nel caso di mancanza della condizione di procedibilità, a differenza dell’ipotesi di estinzione del reato, non si è in presenza di un reato venuto meno nella dimensione sostanziale, che non può rivivere.
Il complesso del rapporto così ricostruito fra contestazione suppletiva e mancanza della condizione di procedibilità porta a concludere nel senso che deve essere riconosciuta piena efficacia giuridica e operativa alla contestazione suppletiva effettuata in udienza dal pubblico ministero, quantomeno in relazione all’ambito temporale sopra evidenziato e alla novità rappresentata dalla riforma Cartabia sul tema.
5.2. Nel caso in esame, il pubblico ministero, alla prima udienza utile, subito dopo la costituzione delle parti, ha contestato l’aggravante di avere commesso il fatto su bene destinato a pubblico servizio. Tale contestazione, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, aveva piena efficacia giuridica e aveva reso il reato procedibile di ufficio. Il processo, pertanto, andava proseguito, previa notifica dell’estratto del verbale di udienza, nella parte relativa alla modifica della contestazione, all’imputato assente. La sentenza impugnata, conseguentemente, deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Catania per il relativo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Catania.
Così deciso, il 14 novembre 2024.