Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34678 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 34678 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI CATANIA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a AVOLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/04/2023 del TRIBUNALE di SIRACUSA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
uOit’ci il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO
COGNOME
D ci:14 ha concluso chiedendo GLYPH ‘VI tra O 0
udito il Mensore
RITENUTO IN FATTO
1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania ha proposto ricorso per cassazione per saltum avverso la sentenza resa dal Tribunale di Siracusa, in data 11 aprile 2023, con cui è stato dichiarato non doversi procedere nei confronti di COGNOME in ordine al reato di furto aggravato di energia, per mancanza di querela. L’imputato è stato tratto a giudizio per rispondere del predetto furto, formalmente contestato come aggravato ai sensi dell’art. 625, n. 2 cod. pen. per essere stato commesso mediante un allaccio abusivo alla rete di RAGIONE_SOCIALE. Alla prima udienza, fissata al 25 ottobre 2022, l’imputato veniva dichiarato assente. Alla successiva udienza dell’il aprile 2023, attesa l’entrata in vigore dell disposizione della c.d. riforma Cartabia (d. Igs. n. 150 del 2022) che aveva mutato il regime di procedibilità del reato di furto aggravato, come contestato, assoggettandolo alla querela di parte, il Pubblico Ministero di udienza, preso atto della applicabilità della nuova disciplina anche al reato di cui al procedimento in corso, effettuava la contestazione suppletiva della circostanza aggravante di cui all’art. 625, n. 7, cod. pen., idonea a rendere il furto nuovamente procedibile di ufficio. Il Tribunale, ritenuta la tardività della contestazione suppletiva essend ormai maturata la causa di improcedibilità, disponeva in conformità.
Il Procuratore della Repubblica ricorrente ha lamentato l’inosservanza e erronea applicazione della legge penale sottolineando che è facoltà esclusiva e insindacabile del pubblico ministero quella di modificare l’imputazione in udienza senza il consenso dell’imputato e delibazione alcuna da parte del giudice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Il Pubblico Ministero ricorrente deduce la piena efficacia della contestazione suppletiva volta a far mutare il regime di procedibilità.
Tale questione, necessariamente, presuppone la soluzione della questione ad essa preliminare e pregiudiziale e cioè quella della individuazione dei casi in cui tale contestazione suppletiva si riveli non necessaria perché l’individuazione del regime di procedibilità ha trovato già, nella dinamica processuale, una soluzione autonoma e diversa.
Anche dopo la modifica operata dall’ art. 2 d. Igs. n. 150 del 2022 in ordine alla procedibilità a querela di parte della generalità dei reati di fu aggravato, con riferimento al furto aggravato ex art. 625, n. 7, cod. pen. (per le ipotesi diverse da quelle dell’aggravante della destinazione a pubblica fede), assieme ad alcune altre ipotesi indicate nello stesso art. 624 cod.pen., è pacifico
– atteso l’inequivoco dato letterale dell’art. 624, comma terzo, cod.pen. – che sia sopravvissuta la procedibilità di ufficio.
Orbene, ritiene il Collegio che, nel caso concreto, il capo di imputazione sia stato ab origine formulato con riferimento a una serie di elementi descrittivi e qualificativi che hanno reso pienamente esercitabili i diritti di difesa anche relazione alla circostanza aggravante della destinazione del bene sottratto a pubblico servizio.
Ed invero, in tema di furto di energia elettrica, con principio destinato a valere anche nel caso a giudizio, può ritenersi legittimamente contestata in fatto, senza la necessità di una specifica ed espressa formulazione, la circostanza che il furto in questione sia stato perpetrato su un bene funzionalmente destinato a un pubblico servizio, essendo sufficiente l’individuazione, contenuta nel capo di imputazione, della parte offesa nell’RAGIONE_SOCIALE, società che, pur se formalmente privata, gestisce su base nazionale, anche se non in forma di monopolio, il servizio pubblico di erogazione dell’energia (Sez. 5, n. 2505 del 29/11/2023, dep. 2024, Rv. 285844-01; Sez. 4, n. 48529 del 7/11/2023, Rv. 285422-02). Al riguardo, il Collegio condivide – e intende ribadire – l’esegesi già espressa, argomentando sulla scorta di Sez. U, n. 24906 del 18/04/2019, Sorge, Rv. 275436 – 01, da Sez. 5, n. 14890 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286291 – 01 secondo cui: – la circostanza aggravante dell’essere il bene, oggetto di furto, destinato a pubblico servizio, è «connotata da componenti di natura valutativa», non potendo considerarsi «autoevidente»; – essa, tuttavia, è «idoneamente contestata quando si faccia ricorso a perifrasi che siano una univoca esemplificazione», potendosi «concludere per la idoneità, accanto alla contestazione formale della aggravante, di un tipo di contestazione non formale, seppur doverosamente indicativa della finalità in gioco: e cioè quella di rendere manifesto all’imputato che dovrà difendersi dalla accusa di avere sottratto un bene posto al servizio di un interesse della intera collettività e diretto vantaggio della stessa» (Sez. 5, n. 14890/2024, cit.). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tale opzione interpretativa seguita con riferimento all’aggravante di che trattasi, invero, non è unanimamente condivisa nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità. In senso diverso, infatti, si è affermato che non poss considerarsi legittimamente contestata in fatto e ritenuta in sentenza l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., costituit dall’essere i beni oggetto di sottrazione destinati a pubblico servizio, nel caso in cui nell’imputazione tale natura non sia esposta in modo esplicito, direttamente o mediante l’impiego di formule equivalenti ovvero attraverso l’indicazione della relativa norma (v., tra le massimate, Sez. 4, n. 46859 del 26/10/2023, Rv.
285465 – 01; Sez. 5, n. 26511 del 13/04/2021, Rv. 281556 – 01; Sez. 5, n. 3741 del 22/01/2024, Rv. 285878).
Ciò precisato, condivisa la prima opzione interpretativa e ritenuto quindi che nel caso di specie non si appalesi necessaria la contestazione suppletiva, corre l’obbligo di evidenziare, in ogni caso, con riferimento alla censura espressamente veicolata con il ricorso che, anche ove si aderisse al diverso orientamento, ha errato il Tribunale nel ritenere tardiva la contestazione suppletiva. Ed invero, il Collegio ritiene meritevole di adesione la diversa esegesi che la giurisprudenza ha elaborato proprio in materia di furto di energia elettrica e di contestazione suppletiva dell’aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 7, cod. pen., in virtù della quale, «in tema di reati divenuti perseguibili a quere per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, consentito al pubblico ministero, ove sia il termine per proporre la querela di cui all’art. 85 del d.lgs. citato» (decorrente, in forza della ste norma transitoria, dall’entrata in vigore del medesimo decreto n. 150), «modificare l’imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio» (Sez. 5, n. 14890 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286291-02; Sez. 5, n. n. 17532 del 11/04/2024, COGNOME, Rv. 286448), in quanto in tale ipotesi «non si è realizzato alcun effetto preclusivo definitivo che imponga al giudice una pronuncia “ora per allora”, dato che, nel caso di declaratoria di improcedibilità, a differenza dell’ipotesi di estinzione del reato, anche i fatti sopravvenu assumono rilievo e i requisiti della pronuncia vanno accertati nel momento in cui la stessa deve essere resa» (cfr. pure Sez. 4, n. 17455 del 27/03/2024, Midolo, Rv. 286344 – 01). Nel caso di intervenuto decorso del termine previsto all’art. 85 del d.lgs. citato senza che sia stata proposta la querela, deve dunque ritenersi consentito al pubblico ministero di modificare l’imputazione in udienza mediante la contestazione di una circostanza aggravante, per effetto della quale il reato divenga procedibile di ufficio e ciò in quanto il pubblico ministero è investit anche in difetto di sopravvenienze dibattimentali rilevanti a tale fine, de potere dovere di esercitare l’azione penale per un reato correttamente circostanziato (Sez. F, n. 43255 del 22/08/2023, Di Lanno, Rv. 285216.) . Il potere di procedere nel dibattimento alla modifica dell’imputazione o alla formulazione di nuove contestazioni va, infatti, riconosciuto al pubblico ministero senza specifici limiti temporali o di fonte, in quanto l’imputato ha facoltà d chiedere al giudice un termine per contrastare l’accusa, esercitando ogni prerogativa difensiva come la richiesta di nuove prove o il diritto ad essere rimesso in termini per chiedere riti alternativi o l’oblazione (ex multis, Sez. 6, n. 18749 del 11/04/2014, B., Rv. 262614). «L’esercizio del potere di contestazione Corte di Cassazione – copia non ufficiale
suppletiva della aggravante, come riconosciuto dall’art. 517 cod. proc. pen. non prevede decadenze o limitazioni, neppure nel caso in cui l’elemento di fatto aggravatore fosse emerso già prima dell’esercizio della azione penale» (Sez. 5, n. 14890/2024, cit.) e tale potere/dovere a fortiori può esplicarsi «quando l’aporia da correggere risulti del tutto immune da sospetti di negligenza o intempestività del titolare della azione penale» come nel caso in esame in cui la prima udienza (già indicata nel decreto di citazione, reso prima dell’entrata in vigore del d. Igs. n. 150 del 2022 – ossia il 30 dicembre 2022 -, sia stata rinviat dal giudice ad un momento successivo a quello di maturazione effettiva della nuova causa di improcedibilità e il pubblico ministero non abbia potuto «assumere l’iniziativa necessaria per adeguare il processo alle nuove regole» (Sez. 5, n. 14890/2024, cit.).
In conclusione, sulla scorta di quanto appena esposto deve essere accolto il ricorso per saltum del Pubblico ministero e la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio, ai sensi dell’art. 569, comma 4, cod. proc. pen., alla Corte di appello di Catania per il relativo giudizio.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Catania.
Roma, 24 maggio 2024
CORTE DI CASSAZIONE
V SEZIONE PENALE