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Contestazione suppletiva e querela: il PM può agire

La Cassazione chiarisce che il PM può effettuare una contestazione suppletiva per aggiungere un’aggravante che renda un reato procedibile d’ufficio, anche dopo l’entrata in vigore della Riforma Cartabia che ha introdotto la necessità della querela per il furto aggravato di energia. La Corte ha annullato la decisione del Tribunale che aveva dichiarato l’improcedibilità per mancanza di querela, ritenendo tardiva la modifica dell’imputazione.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione Suppletiva: la Cassazione fa chiarezza sulla procedibilità post-Cartabia

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 34678/2024 offre un’importante chiave di lettura sull’applicazione della Riforma Cartabia, in particolare riguardo alla modifica del regime di procedibilità per alcuni reati. Il caso analizzato riguarda il furto di energia elettrica e il potere del Pubblico Ministero di effettuare una contestazione suppletiva per superare la nuova necessità della querela di parte. Questa decisione chiarisce che il PM ha il potere di modificare l’imputazione in corso di dibattimento per garantire la prosecuzione del processo, anche quando una modifica normativa interviene a cambiare le carte in tavola.

I Fatti del Caso: Furto di Energia e la Riforma Cartabia

Un individuo veniva tratto a giudizio per furto aggravato di energia elettrica, commesso tramite un allaccio abusivo alla rete di una società di distribuzione nazionale. Con l’entrata in vigore della cosiddetta Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022), il regime di procedibilità per tale reato è mutato: da procedibile d’ufficio è diventato procedibile a querela di parte.

Nel corso del processo, e dopo l’entrata in vigore della riforma, il Pubblico Ministero, per evitare una declaratoria di improcedibilità per mancanza di querela, ha effettuato una contestazione suppletiva. Nello specifico, ha aggiunto all’imputazione la circostanza aggravante di aver sottratto un bene destinato a pubblico servizio (art. 625, n. 7, cod. pen.), una condizione che avrebbe reso il reato nuovamente procedibile d’ufficio.

La Decisione del Tribunale e il Ricorso del Pubblico Ministero

Il Tribunale di primo grado ha respinto l’iniziativa del PM, ritenendo la contestazione suppletiva tardiva. Secondo il giudice, la causa di improcedibilità (la mancanza di querela) si era già consolidata, e pertanto ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti dell’imputato.

Contro questa decisione, il Procuratore ha proposto ricorso diretto in Cassazione (il cosiddetto ricorso per saltum), sostenendo che il potere di modificare l’imputazione in udienza è una facoltà esclusiva e insindacabile del Pubblico Ministero, non soggetta a termini di decadenza, specialmente in un contesto normativo in evoluzione.

L’Analisi della Corte di Cassazione sulla Contestazione suppletiva

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Procuratore, annullando la sentenza del Tribunale. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi fondamentali che rafforzano il ruolo dell’accusa nel processo penale e garantiscono l’adattabilità del processo stesso ai mutamenti legislativi. L’uso della contestazione suppletiva si rivela uno strumento cruciale in questo scenario.

Le Motivazioni della Sentenza

In primo luogo, la Corte ha osservato che l’aggravante della destinazione a pubblico servizio poteva considerarsi già implicitamente contenuta nell’originaria imputazione. Il furto di energia ai danni del gestore della rete nazionale, per sua natura, riguarda un bene funzionale a un servizio pubblico essenziale. Di conseguenza, non sarebbe stata neppure strettamente necessaria una modifica formale dell’accusa, in quanto gli elementi per riconoscere la procedibilità d’ufficio erano già presenti negli atti.

In secondo luogo, e in via dirimente, la Cassazione ha ribadito che il potere del PM di effettuare contestazioni suppletive, ai sensi dell’art. 517 del codice di procedura penale, non è soggetto a limitazioni temporali o decadenze. Questo potere-dovere serve a conformare l’accusa alla realtà processuale che emerge nel dibattimento. Nel caso specifico, la modifica normativa ha creato una nuova situazione processuale (‘aporia’) che il PM ha legittimamente cercato di risolvere. Ritenere ‘tardiva’ tale contestazione sarebbe un errore, poiché il PM ha il diritto, e il dovere, di adeguare il processo alle nuove regole per esercitare correttamente l’azione penale. La Corte sottolinea che l’imputato è comunque tutelato, avendo la facoltà di chiedere un termine a difesa per contrastare la nuova accusa.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di notevole importanza pratica: di fronte a modifiche normative che cambiano il regime di procedibilità di un reato, il Pubblico Ministero può legittimamente utilizzare lo strumento della contestazione suppletiva per introdurre aggravanti che assicurino la procedibilità d’ufficio. Questa facoltà non è tardiva anche se esercitata dopo la maturazione del termine per la presentazione della querela, perché l’improcedibilità va valutata al momento della decisione e non è un effetto preclusivo definitivo. La pronuncia, dunque, garantisce la flessibilità dell’azione penale e la sua capacità di adattarsi alle riforme legislative, salvaguardando al contempo i diritti di difesa dell’imputato.

Cosa succede se un reato diventa procedibile a querela mentre il processo è in corso?
Se una nuova legge, come la Riforma Cartabia, trasforma un reato da procedibile d’ufficio a procedibile a querela, il processo non può continuare se la persona offesa non presenta una querela entro i termini stabiliti. Tuttavia, come chiarisce questa sentenza, esistono strumenti per superare questa impasse.

Il Pubblico Ministero può aggiungere un’aggravante durante il processo per evitare l’improcedibilità?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il Pubblico Ministero ha il potere di modificare l’imputazione in udienza (contestazione suppletiva) per aggiungere una circostanza aggravante che renda il reato nuovamente procedibile d’ufficio. Questo potere non è considerato tardivo anche se il termine per la querela è già scaduto.

Il furto di energia elettrica da un gestore nazionale è sempre considerato un furto aggravato per destinazione a pubblico servizio?
La sentenza suggerisce di sì. La Corte ritiene che l’accusa di furto di energia ai danni di una società che gestisce il servizio pubblico di erogazione su base nazionale contenga implicitamente gli elementi dell’aggravante della destinazione a pubblico servizio, rendendo il reato procedibile d’ufficio anche senza una menzione esplicita nell’imputazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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