Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 33657 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 33657 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI ENNA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a ENNA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/12/2023 del TRIBUNALE di ENNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata
RITENUTO IN FATTO
1. Il pubblico ministero della Procura della Repubblica di Enna impugna, per violazione degli artt. 516 e ss. cod. proc. pen., nonché dell’art. 624, comma 3, cod. pen., sentenza del Tribunale di Enna che ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputata NOME COGNOME, perché l’azione non poteva essere proseguita per difetto di querela, in relazione al reato di furto di energia elettrica, aggravato dalla violenza cose, alla luce dell’entrata in vigore della nuova formulazione dell’art. 624, comma 3 cod. pen., introdotta dall’art. 2, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 150 del 2022.
2. Il pubblico ministero ricorrente evidenzia che, nonostante il rappresentante dell’accusa abbia dichiarato, all’udienza del 6.12.2023, la propria volontà di voler contesta l’aggravante prevista dall’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. dell’essere la cos provento di furto destinata ad un pubblico servizio – aggravante che avrebbe reso procedibile d’ufficio il reato, come stabilito dal nuovo testo del citato art. 624, comm cod. proc. pen. -, il giudice monocratico l’ha ritenuta tardiva e inammissibile, presupposto di un principio di antecedenza logica e cronologica dell’accertamento della mancanza di condizione di procedibilità sul potere del pubblico ministero di proporre contestazione suppletiva. Secondo il giudice, poi, la sola indicazione della natura del ben sottratto e della persona offesa non sono sufficienti a ritenere richiamata già di f l’aggravante della destinazione della cosa sottratta al pubblico servizio.
Entrambe tali prospettive sono errate a giudizio del pubblico ministero ricorrente.
Anzitutto, si evidenzia che il potere-dovere di modifica dell’imputazione da parte d pubblico ministero è cogente ed immanente, secondo la definizione della giurisprudenza di legittimità: il suo esercizio non può soggiacere a specifici limiti temporali o di fo quanto l’imputato ha facoltà di chiedere al giudice un termine per contrastare l’accus esercitando ogni prerogativa difensiva. Anche la Corte costituzionale – secondo la Cassazione – condivide tale conclusione, poiché il regime processuale delle contestazioni suppletive è volto a scongiurare la celebrazione di un nuovo dibattimento in ordine ad ulteriori o nuove evenienze, in linea con i principi di immediatezza e di concentrazion posti a base del “giusto processo” (sentenza n. 177 del 1996 Corte cost.). Il diritto difesa esteso in caso di modifica della contestazione chiude il cerchio (si richiamano l sentenze n. 241 del 1992, n. 265 del 1994, n. 333 del 2009, n. 237 del 2012, n. 530 del 1995 della Corte costituzionale).
Inoltre, anche richiamando recente giurisprudenza, il pubblico ministero fa rilevare ch l’aggravante dovrebbe considerarsi adeguatamente contestata quando, come accaduto nel caso di specie, vi siano riferimenti diretti nell’imputazione alla natura del bene ogg
di reato, vale a dire l’energia elettrica sottratta da una rete pubblica che costituisce oggettivamente destinato ad utilità collettiva.
3. Il AVV_NOTAIO, ispirandosi alla recente sentenza Sez. 5, n. 14888 del 2024, ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, dovendo ritenersi contestata utilmente l’aggravante che rende procedibile d’ufficio il reato, prevista dall’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., della destinaz del bene energia elettrica a pubblico servizio. E tale conclusione è valida sia che si acced alla tesi secondo cui l’aggravante in esame ha natura valutativa sia che la si riteng contestabile “in fatto”, secondo la distinzione delle Sezioni Unite, operata nella senten Sez. U, n. 24906 del 18/4/2019, COGNOME, Rv. 275436.
3.1. La difesa dell’imputata COGNOME COGNOME memoria con cui chiede che sia rigettato il ricorso del pubblico ministero di Enna, non potendosi ritenere legittimamen contestata in fatto l’aggravante della destinazione a pubblico servizio del bene sottrat
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Il Collegio intende ribadire i recenti approdi della giurisprudenza della Quinta Sezion Penale in casi analoghi (tra le molte, Sez. 5, n. 14890 del 14/3/2024, COGNOME, Rv. 286291; Sez. 5, n. 14888 del 14/3/2024 e, successivamente alla presente decisione, Sez. 5, n. 28108 del 7/6/2024), secondo cui l’aggravante con natura “valutativa” dell’essere la cosa sottratta destinata a pubblico servizio (art. 625, comma primo, n. cod. pen.) è da ritenersi adeguatamente contestata anche ove venga evocata non esplicitamente ma con perifrasi o espressioni che la riguardino puntualmente, idonee a consentire all’imputato di difendersi e, per questo, utili a prendere il posto contestazione formale.
Ciò perché le Sezioni Unite, nella sentenza Sez. U, n. 24906 del 18/4/2019, COGNOME, Rv. 275436, distinguendo tra aggravanti contestabili in fatto ed aggravanti con natura “valutativa”, che hanno bisogno di essere specificamente evocate nell’imputazione per potersi ritenere validamente contestate, ricostruiscono in modo articolato, e non con una soluzione rigida, la questione riguardante le modalità di contestazione delle aggravanti che non presentano la caratteristica di essere “autoevidenti”, vale a dire immediatamente percepibili da un agente “medio” nella loro portata aggravatrice del trattament sanzionatorio, sì da potersi legittimamente ritenere contestabili “in fatto”.
3 GLYPH
Per le Sezioni Unite, nel primo caso, è doverosa una contestazione che risulti chiara e precisa e che richiami l’imputato ad una difesa accorta e puntuale, visto che l’inte disciplina delle coerenza tra contestazione e sentenza è funzionale ad assicurare la piena esplicazione del diritto di difesa; ma è anche consentito che l’aggravamento derivante dalla destinazione pubblica del bene sottratto possa ritenersi adeguatamente contestato ed evidenziato mediante “espressioni evocative” che lo riguardino puntualmente, espressioni che, perciò, risultano anche idonee a prendere il posto della contestazione formale (quella cioè effettuata mediante l’indicazione dell’articolo di legge o del comm in cui è menzionata l’aggravante).
Seguendo la preziosa ermeneutica della sentenza Sez. 5, n. 14890 del 2024, è proprio questo lo snodo rilevante della pronuncia COGNOME che, se da un lato offre indicazioni circ i limiti da porre alla c.d. “contestazione in fatto” quando l’aggravante è di na “valutativa”, d’altra parte, per questa ipotesi, non pretende di dettare un “crit inflessibile” riguardante le modalità attraverso le quali possa perseguirsi l’intento di contestazione chiara e precisa circa la natura effettiva del fatto aggravatore.
Si opta, quindi, per una soluzione che necessariamente è influenzata dall’analisi dell fattispecie concreta, con una consistente incidenza, e variabilità, delle scelte, effettuarsi caso per caso.
Si legittimano, in tal modo, accanto alla contestazione formale di un’aggravante, anche metodi di contestazione non formale, purchè capaci di rendere evidente all’imputato, con adeguata puntualità, che dovrà difendersi da un’accusa più grave; nella specie, l’accusa di avere sottratto un bene che si caratterizza per la specifica natura di essere posto servizio di un interesse della intera collettività e diretto a vantaggio della stessa.
2.1. Tale scopo di chiara “divulgazione processuale” di un reato aggravato appare raggiunto quando – come nella specie e a differenza del caso deciso da Sez. 5, n. 3741 del 22/01/2024, COGNOME, Rv. 285878 – nel capo di imputazione si faccia menzione di una condotta di furto di energia, evidenziando la dicitura del servizio elettrico nazion come ente che ha subito il reato, senza che rilevi, peraltro, il fatto che l’allaccio ab insista su terminali collocati in una proprietà privata, poiché ciò che conta destinazione finale della res sottratta ad un pubblico servizio da cui viene distolta.
Nel caso della sentenza n. 14890 del 2024, ad esempio, si è ritenuta correttamente contestata l’aggravante in esame nel caso di imputazione costruita intorno al richiamo all’allaccio diretto alla rete di distribuzione dell’ente gestore, la quale gara l’erogazione di un “servizio” destinato a raggiungere le utenze terminali di un numero indeterminato di persone, per soddisfare un’esigenza di rilevanza “pubblica”.
La casistica può essere, ovviamente, la più varia, ma l’essenziale è comprendere che il criterio di valida contestazione dell’aggravante con natura valutativa non è rigidamente ancorato a determinate terminologie ma postula margini di flessibilità lessicale
sintattica, avendo come unico obiettivo quello di informare adeguatamente l’imputato circa la natura del fatto che vale ad aggravare le conseguenze sanzionatorie.
Una tale necessità, inequivocamente stabilita dalle plurime norme codicistiche che descrivono la modalità con la quale deve essere effettuata la contestazione del fatto e delle sue aggravanti, deriva anzitutto dai principi costituzionali e della Convenzio europea dei diritti umani, che garantisce effettivi livelli di tutela del diritto di d art. 6, par. 3, lett. a, CEDU).
Come ha ben chiarito ancora la sentenza n. 14890 del 2024, «il parametro per riconoscere la immediata percepibilità della portata giuridica aggravatrice insita ne evocazione di un fatto o di un atto è, dunque, la sfera delle conoscenze dell’uomo medio e cioè la possibilità per tale “agente” di percepire con un ragionamento semplice e diretto la natura dell’atto o comportamento contestati come capaci di rendere il fatto in esame, esposto ad una valutazione più severa».
Pertanto, considerato che, nel caso sottoposto al Collegio, l’imputazione, così come formulata, consente ad un agente medio di confrontarsi adeguatamente con l’accusa specifica che gli viene mossa, con la natura del bene sottratto e, quindi, con la ragion del trattamento sanzionatorio maggiormente gravoso, il Tribunale di Enna ha errato nel dichiarare l’improcedibilità per mancanza di querela, trattandosi di reato procedibi d’ufficio, così come rappresentato dal ricorrente.
3. La decisione impugnata non è condivisibile anche sotto l’ulteriore profilo inerente a lettura dell’art. 129 cod. proc. pen. ed al fatto che la contestazione suppletiva non pos spiegare, per tardività, i propri effetti, essendo questi inibiti dall’ormai sopravv causa di improcedibilità del reato per mancata presentazione della querela, ad opera della persona offesa, entro la data del 30 marzo 2023, secondo quanto previsto dall’art. 85 del d.lgs. n. 150 del 2022.
Alla luce dei principi affermati dalla richiamata, recente giurisprudenza di questa Quin Sezione Penale e dell’approfondita analisi, ivi contenuta, del quadro normativo e giurisprudenziale sotteso alla soluzione della questione che, di fondo, permea il ricors deve affermarsi che va riconosciuto al pubblico ministero il potere processuale di modificare l’imputazione, analogamente a quanto previsto per la persona offesa dal reato, cui il legislatore ha riservato un termine per la proposizione della querela dop mutamento del regime di procedibilità.
Ciò perché va tutelata, in adesione ai principi costituzionali previsti dagli artt. 3 comma 2, e 112 Cost., anche la posizione processuale della pubblica accusa, la quale si sia trovata nella situazione di non aver contestato sin dall’origine tutte le circost aggravanti caratterizzanti il delitto di furto, per qualsiasi ragione.
Anzi, la mancata proposizione di un termine analogo per il pubblico ministero – lungi da costituire un argomento di una volontà legislativa che puntava ad impedire un epilogo di modifica della contestazioe – si collega coerentemente con la previsione, nel nostro sistema processuale, di un mezzo ordinario (ed eventuale, collegato alla scelta, ancora una volta, dell’ufficio di Procura) di ripristino della situazione di procedibilità di u qualora sussistano le condizioni di legge e quelle della fattispecie concreta.
Tale mezzo è la contestazione suppletiva della circostanza aggravante che renda il reato procedibile d’ufficio alla prima occasione utile, da intendersi, quando il processo è gi corso – come nel caso di specie ed in quelli decisi dalle sentenze cui il Collegio inten adeguarsi – alla prima udienza utile.
E sul punto – come hanno osservato le sentenze espressione dell’orientamento cui si aderisce – sarebbe irragionevole far dipendere la procedibilità del delitto dalla fissazi o meno, di un’udienza utile alla contestazione suppletiva prima della data del 30 marzo 2023.
In particolare, tenuto conto del momento in cui si è posto il tema della nuova procedibili del reato, e della durata del conseguente regime transitorio disegnato per la iniziati anche fuori udienza della persona offesa, l’eventuale inattività processuale durante tal periodo, di fatto, impedirebbe al pubblico ministero di reagire in tempo e di prevenire rischio della declaratoria di improcedibilità del reato.
Sicché non è ragionevole impedirgli – come accaduto nel caso di specie – di esercitare i potere di contestazione suppletiva della circostanza aggravante nella prima udienza utile, anche se fissata, dopo la data del 30 marzo 2023 e precisamente all’udienza del 6.12.2023.
Del resto, la sistematica dei rapporti tra gli artt. 129 e 517 cod. proc. pen. – arr dall’art. 554-ter cod. proc. pen. – restituisce un quadro in cui, da un lato, potere/dovere del giudice, in via generale, di rilevare la mancanza della condizione d procedibilità “in ogni stato e grado del processo”; dall’altro, sul versante dell’ar cod. proc. pen., si riconosce, nel dibattimento – come anche nella udienza preliminare ai sensi dell’art. 423 cod. proc. pen. e nella udienza predibattimentale disciplinata novello art. 554-bis cod. proc. pen. – il potere/dovere del pubblico ministero d contestare una circostanza aggravante non menzionata nel provvedimento introduttivo, senza necessità di autorizzazione del giudice.
Come hanno chiarito le sentenze espressione dell’orientamento qui ribadito, lo scopo della contestazione suppletiva, oggi enunciato nel citato art. 554-bis cod. proc. pe consiste nel permettere che il capo di imputazione contenga la descrizione non solo del fatto, ma anche delle circostanze in termini corrispondenti a quanto emerge dal fascicolo, così da far garantire, alla fine del giudizio, il rispetto del principio di corrisponde “chiesto” e “pronunciato”.
La stessa sequenza normativa di nuovo conio – art. 554-bis/art. 554-ter cod. proc. pen. – contribuisce a rafforzare l’idea che le scansioni processuali immaginate dal legislator in rapporto logico e cronologico, per l’udienza predibattimentale, vedano, dapprima, i momento della modifica della contestazione (in modo che l’accusa rappresenti fedelmente il fatto storico principale e le sue connotazioni circostanzial successivamente il momento dell’eventuale, immediata definizione del processo con la declaratoria di una delle cause di proscioglimento o di estinzione del reato o improcedibiità dell’azione penale (art. 544-ter cod. proc. pen., che ha aggiunto anche l sentenza di non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna).
Va, pertanto, ribadito il principio secondo cui, in tema di reati divenuti perseguibili a querela per effetto della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di c all’art. 85 del d.lgs. citato, modificare l’imputazione mediante la contestazione udienza, di un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio (Sez. 5, n. 14890 del 2024, cit., in una fattispecie – sovrapponibile a quella all’esame del Collegio – relati furto di energia elettrica, in cui la Corte ha annullato la decisione di proscioglimento Tribunale, che aveva ritenuto tardiva la contestazione suppletiva dell’aggravante di cu all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen.).
3.1. Tale soluzione non si pone in contrasto, ovviamente, come è stato espressamente affermato in tutte le sentenze che compongono l’orientamento qui preferito, con i princip affermati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 49935 del 28/09/2023, NOME, Rv. 285517 – 01, chè – altrimenti – si sarebbe dovuto agire ai sensi dell’art. 618, comma 1 bis, cod. proc. pen.).
La pronuncia in esame ha affermato che, ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l’aumento di pena per la recidiva che integri una circostanza aggravante ad effetto speciale non rileva se la stessa sia stata oggetto di contestazion suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il reato come originariamente contestato.
La sentenza COGNOME ha siglato un criterio di prevalenza della causa estintiva del reato, di natura sostanziale, costituita dalla prescrizione, rispetto al potere/dovere del pubb ministero di procedere alla contestazione suppletiva di una circostanza aggravante che, eventualmente riconosciuta, avrebbe impedito la declaratoria di prescrizione.
Per giungere a tale risultato, le Sezioni Unite hanno rivisto l’orientamento di a pronuncia del massimo collegio nomofilattico – la sentenza Sez. U, n. 12283 del 25/1/2005, De NOME, Rv. 230529 – che, stabilendo che il giudice dell’udienza preliminare, investito della richiesta del pubblico ministero di rinvio a giudizio dell’imputato, no emettere sentenza di non doversi procedere de plano dovendo invece procedere
necessariamente a instaurare il contraddittorio, previa fissazione della udienza in camera di consiglio – ha fondato tale affermazione ricostruendo l’art. 129 cod. proc. pen. com norma che non attribuisce al giudice un potere di giudizio ulteriore ed autonomo rispett a quello già riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano l’epilogo prosciogliti nelle varie fasi e nei diversi gradi del processo (artt. 425, 469, 529, 530 e 531 ste codice), ma enuncia una regola di condotta rivolta al giudice che, operando in ogni stato e grado del processo, presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio.
La sentenza COGNOME, esplicitamente, ha collegato la necessità del contraddittorio, dal lato del pubblico ministero – accanto a taluni poteri e diritti dell’imputato e della pe offesa – all’esclusiva potestà del pubblico ministero di modificare l’imputazione, chiaren che la contestazione suppletiva di un’aggravante capace di incidere sulla procedibilità non poteva che produrre esattamente tale effetto.
La pronuncia COGNOME ha rimodulato tali approdi in una prospettiva evolutiva ed in un’ottica di ricomposizione costituzionalmente conforme di talune dinamiche interne all’art. 129 cod. proc. pen. quando a venire in gioco sia l’istituto sostanziale prescrizione del reato, rispetto alla possibilità di contestare l’aggravante della recid Nel richiamare adesivamente anche la sentenza COGNOME, il rapporto di prevalenza fra la contestazione suppletiva e la causa di estinzione precedentemente perfezionatasi è stato ribaltato per il caso della maturata prescrizione del reato, con sterilizzazione degli e della contestazione suppletiva stessa.
La ragione ispiratrice di tale reimpostazione della questione complessiva appare riconducibile, come si è già chiarito, all’apprezzamento dei valori costituzionali sot alla prevalenza massima accordata al funzionamento della causa di non punibilità della prescrizione del reato e alla accentuazione del suo dover essere dichiarata con “immediatezza”, in ossequio al principio della ragionevole durata del processo.
Nel caso del rapporto tra improcedibilità per mancanza di querela e contestazione suppletiva, invece, tali esigenze di ordine costituzionale collegate alla ragionevole dura del processo non vengono in rilievo, poiché, anzi, spesso, la declaratoria d improcedibilità attiene ad un momento iniziale del processo, mentre rilevano i princip costituzionali dell’eguaglianza, della parità tra le parti e dell’obbligatorietà dell penale che, tutti, concorrono a comporre le ragioni per le quali può affermarsi che si consentito al pubblico ministero, ove sia decorso il termine per proporre la querela di c all’art. 85 del d.lgs. n. 150 del 2022, modificare l’imputazione mediante la contestazion in udienza, di un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio.
La sentenza Sez. 5, n. 14890 del 2024 ha ricostruito le basi costituzionali più profond che legittimano a ritenere possibile una differente prospettiva dei rapporti tra art. 1 art. 517 del codice di rito, secondo che venga in esame la causa di non punibilit
dell’estinzione del reato per prescrizione oppure la causa di improcedibilità per mancanza di querela, in relazione alla possibilità di contestare una circostanza aggravante ex ar 517 cod. proc. pen.
In particolare, al fine di dare spazio al potere/dovere effettivo del pubblico minister operare la contestazione suppletiva di una circostanza aggravante idonea a rendere il reato procedibile d’ufficio, si sono richiamati il registro della “discrimina irragionevole”, previsto in favore dei diritti difensivi nelle sentenze che hanno configu l’illegittimità dell’art. 517 nella parte in cui, pur a seguito della contestazione “tar circostanze aggravanti idonee a determinare un significativo mutamento del quadro processuale anche riguardo al regime di procedibilità del reato, non prevede la possibilit di restituzione nel termine per la effettuazione di scelte processuali dell’imput dipendenti dalla contestazione come rinnovata (cfr. le sentenze della Corte costituzionale: n. 184 del 2014, n. 265 del 1994 e n. 333 del 2009; n. 139 del 2015; n 141 del 2018, n. 82 del 2019 e n. 146 del 2022). Inoltre, si sono rammentate le affermazioni della Consulta in ordine alla “naturale fisiologia”, nell’impianto del n codice accusatorio, delle modifiche della contestazione (v. sentenza n. 82 del 2019, Corte cost., §2.1.), nonché, sia pur in un’ottica di tutela delle garanzie difensive e p esigenze ineludibili del “giusto” processo, la nozione di “ragionevole” durata del processo che è declinata sempre come frutto di un bilanciamento delicato di confliggenti interess pubblici e privati, tra i primi elencando “l’obiettivo di raggiungere il suo scopo nat dell’accertamento del fatto e dell’eventuale ascrizione delle relative responsabilità” Corte cost. sent. n.317 del 2009; n. 111 del 1993 e n. 111 del 2022).
Infine, soprattutto se funzionale a una lettura compatibile costituzionalmente con fenomeno processuale in rilievo, è condivisibile anche la conclusione cui giunge l’orientamento di cui è capofila la sentenza n. 14890 del 2024, quanto alla possibilità immaginare un trattamento differenziato delle diverse situazioni processuali disciplinat dall’art. 129 cod. proc. pen., facendo leva, in sintesi:
sulla natura di “giudicato affievolito” che produce, in qualche modo, la declaratoria improcedibilità per mancanza della condizione relativa: essa non rappresenta una decisione che investe la regiudicanda, ma si arresta ad uno stadio pregiudiziale vale a dire al rilievo del difetto di una condizione necessaria perché il giudizio possa svolger possa proseguire;
sulla diversa regolamentazione della declaratoria di non doversi procedere per mancanza della condizione di procedibilità prevista nel primo e nel secondo comma dell’art. 129 cod. proc. pen.: in base al primo comma, rappresenta un epilogo processuale che opera al pari di quella sostanziale per proscioglimento nel merito o per estinzione; invece, nel secondo comma, la declaratoria di non doversi procedere per mancanza di condizione di procedibilità non viene menzionata insieme alle cause di
estinzione del reato che, dal canto loro, sono assoggettate alla regola della prevalenza del proscioglimento nel merito, quando evidente;
sul diverso atteggiamento della giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite n disciplinare il rapporto tra cause di non punibilità, inammissibilità e giudicato sostanzi infatti, la remissione di querela, diversamente dalla causa estintiva della prescrizione stata ritenuta capace di prevalere sull’inammissibilità e il giudicato sostanziale (Sez.U, 24246 del 2004, Rv 227681, Chiasserini).
3.2. Pertanto, il complesso del rapporto così ricostruito fra contestazione suppletiva maturata causa di improcedibilità, in relazione alle coordinate temporali sopra evidenziate e alla novità rappresentata dalla riforma Cartabia sul tema, induce a concludere nel senso che deve essere riconosciuta piena efficacia giuridica e operativa alla contestazione suppletiva effettuata dal pubblico ministero di udienza, pur quando l improcedibilità si è virtualmente prodotta.
Alla luce di quanto sin qui esposto, il ricorso è fondato e la sentenza impugnata dev essere annullata senza rinvio, disponendosi la trasmissione degli atti al Tribunale di Enna per l’ulteriore corso.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale d Enna per l’ulteriore corso.
Così deciso il 2 maggio 2024.