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Contestazione suppletiva e furto: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un furto di energia elettrica per il quale il Tribunale aveva dichiarato l’improcedibilità per mancanza di querela a seguito della Riforma Cartabia. Il pubblico ministero, in udienza, aveva tentato una contestazione suppletiva per introdurre l’aggravante della destinazione del bene a pubblico servizio, che avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio. Il giudice di merito aveva rigettato tale richiesta come tardiva. La Cassazione ha annullato la decisione, affermando che il pubblico ministero può legittimamente modificare l’imputazione per superare la mancanza di una condizione di procedibilità, anche dopo la scadenza del termine per la querela, distinguendo nettamente tale ipotesi da quella della prescrizione del reato.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione Suppletiva: il PM Può Modificare l’Accusa Anche Senza Querela?

La recente Riforma Cartabia ha modificato il regime di procedibilità per numerosi reati, tra cui il furto, rendendoli perseguibili solo a querela di parte. Questa novità ha sollevato importanti questioni processuali, in particolare riguardo ai poteri del pubblico ministero nei procedimenti già in corso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 33657/2024, affronta un tema cruciale: la possibilità di effettuare una contestazione suppletiva per introdurre un’aggravante che renda il reato procedibile d’ufficio, anche quando il termine per presentare la querela è ormai scaduto. Vediamo nel dettaglio la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso: Furto di Energia e Mancanza di Querela

Il caso origina da un procedimento per furto di energia elettrica, aggravato dalla violenza sulle cose. A seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022 (Riforma Cartabia), tale reato è diventato procedibile a querela. Nel corso del processo, il Tribunale di Enna rilevava la mancanza della querela e si apprestava a dichiarare l’improcedibilità dell’azione penale.

Durante l’udienza, il rappresentante della pubblica accusa manifestava l’intenzione di modificare il capo d’imputazione attraverso una contestazione suppletiva. L’obiettivo era aggiungere l’aggravante prevista dall’art. 625, n. 7, c.p., ovvero l’aver commesso il fatto su cose destinate a pubblico servizio. Tale aggravante avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio, superando di fatto la necessità della querela.

La Decisione del Tribunale e il Ricorso del Pubblico Ministero

Il giudice di primo grado riteneva la richiesta del PM tardiva e inammissibile. Secondo il Tribunale, il principio di antecedenza logica imponeva di accertare prima la mancanza della condizione di procedibilità (la querela) e, una volta dichiarata l’improcedibilità, il potere del PM di modificare l’imputazione veniva meno.

Contro questa decisione, la Procura della Repubblica proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che il potere-dovere del pubblico ministero di modificare l’imputazione è immanente al processo e non può essere limitato dalla sopravvenuta mancanza di una condizione di procedibilità. Secondo il ricorrente, negare questa possibilità violerebbe i principi del giusto processo e il diritto di difesa dell’imputato, che è comunque garantito dalla facoltà di chiedere un termine a difesa.

La Contestazione Suppletiva Secondo la Cassazione

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del pubblico ministero, annullando la sentenza impugnata. La Corte ha stabilito un principio di diritto fondamentale: è consentito al pubblico ministero modificare l’imputazione mediante la contestazione, in udienza, di un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio, anche qualora sia già decorso il termine per proporre la querela.

Le Motivazioni della Sentenza: Procedibilità vs. Prescrizione

Il cuore della decisione risiede nella netta distinzione tra cause di improcedibilità (come la mancanza di querela) e cause di estinzione del reato (come la prescrizione). La Corte richiama la propria giurisprudenza, in particolare la sentenza delle Sezioni Unite “Domingo” (n. 49935/2023), che aveva negato la possibilità di una contestazione suppletiva per “resuscitare” un reato già estinto per prescrizione.

Tuttavia, nel caso della querela, la situazione è differente. La mancanza di querela non estingue il reato, ma costituisce un mero ostacolo al suo perseguimento. Si tratta di una condizione processuale che può essere rimossa. La contestazione suppletiva di un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio agisce proprio su questo piano: non fa rivivere un reato estinto, ma rimuove un impedimento processuale, ripristinando la piena procedibilità dell’azione penale.

Secondo la Cassazione, negare questo potere al PM creerebbe una “irragionevole discriminazione” e violerebbe i principi costituzionali di obbligatorietà dell’azione penale (art. 112 Cost.) e di parità tra le parti (art. 111 Cost.). Il sistema processuale, infatti, deve garantire che l’accusa rappresenti fedelmente il fatto storico in tutte le sue connotazioni, comprese le circostanze aggravanti.

La Tutela del Diritto di Difesa

La Corte sottolinea che questa interpretazione non pregiudica il diritto di difesa dell’imputato. A seguito della nuova contestazione, l’imputato ha sempre il diritto di chiedere un termine per preparare la propria difesa e per accedere a riti alternativi, qualora la modifica dell’accusa lo consenta. La “fisiologia” del processo accusatorio prevede e governa le modifiche dell’imputazione, bilanciando le esigenze dell’accusa con le garanzie difensive.

Le Conclusioni: un Principio di Diritto Fondamentale

In conclusione, la sentenza n. 33657/2024 rafforza il potere del pubblico ministero di adeguare l’imputazione alle risultanze processuali. La Corte afferma che il momento logico-cronologico per la modifica dell’accusa precede quello della declaratoria di una causa di improcedibilità. Pertanto, il PM può legittimamente esercitare il suo potere di contestazione suppletiva alla prima udienza utile, anche se successiva alla scadenza del termine per la querela, per assicurare che il processo prosegua sulla base di un’accusa completa e corretta.

Il pubblico ministero può aggiungere un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio dopo la scadenza del termine per la querela?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che il pubblico ministero ha il potere di modificare l’imputazione con una contestazione suppletiva anche se è scaduto il termine per la presentazione della querela, perché la mancanza di querela è una causa di improcedibilità e non una causa estintiva del reato come la prescrizione.

Quando un’aggravante può considerarsi ‘già contestata in fatto’ anche se non esplicitamente menzionata?
Un’aggravante si considera contestata ‘in fatto’ quando, pur non essendo citato l’articolo di legge specifico, la descrizione del fatto nell’imputazione contiene ‘espressioni evocative’ che permettono all’imputato di comprendere la natura più grave dell’accusa e di difendersi adeguatamente. Nel caso specifico, la menzione del furto di energia da una rete pubblica è stata ritenuta sufficiente a evocare l’aggravante della destinazione a pubblico servizio.

Perché la Corte distingue il caso della mancanza di querela da quello della prescrizione del reato?
La Corte distingue le due situazioni perché hanno natura diversa. La prescrizione estingue il reato in modo sostanziale e definitivo. La mancanza di querela, invece, è un ostacolo procedurale (causa di improcedibilità) che non tocca la sostanza del reato. Pertanto, mentre una contestazione non può ‘resuscitare’ un reato prescritto, può superare un ostacolo procedurale come la mancanza di querela, ripristinando la piena procedibilità dell’azione penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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