Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35421 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 35421 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a RIMINI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/02/2025 della CORTE APPELLO di ANCONA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che chiede il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Ancona ha confermato la decisione del Tribunale di Pesaro che, nel rito abbreviato, ha riconosciuto NOME COGNOME colpevole di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni aggravate ai sensi degli artt. 61 n. 2 e 576 n. 5-bis cod. pen. e rifiuto di indicazioni sulla propria identità personale.
Il ricorso per cassazione, con il ministero del difensore di fiducia, avvocato AVV_NOTAIO, è affidato a un motivo unico, lamentando violazione di legge con riguardo alla ravvisata sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 576 comma 5 -bis , cod. pen., che è stata ritenuta contestata in fatto. Si tratterebbe di una valutazione errata, non sussistendo i presupposti di fatto della circostanza , oltre che in contrasto con l’art. 417 co. 1 lett. b) cod. proc. pen., in punto di enunciazione in forma chiara e precisa di tutti gli elementi del fatto.
Il difensore del ricorrente ha depositato memoria con la quale, a confutazione delle osservazioni del P.G., insiste nelle proprie valutazioni in quanto fondate sui principi di diritto affermati dalle Sezioni Unite ‘S orge ‘ .
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso non è fondato.
Si discute della ravvisabilità della contestazione in fatto, così ritenuta dalla Corte di appello, della circostanza aggravante di cui all’art. 576 comma 5 -bis cod. pen. in relazione al delitto di lesioni personali volontarie di cui al capo b) dell’imputazione.
2.1. Le Sezioni Unite hanno chiarito che, per “contestazione in fatto”, deve intendersi una formulazione dell’imputazione nella quale non sia espressa l’enunciazione letterale della fattispecie circostanziale o l’indicazione della specifica norma di legge che la prevede, ma che riporti in maniera sufficientemente chiara e precisa gli elementi di fatto che integrano la fattispecie, consentendo all’imputato di averne piena cognizione e di espletare adeguatamente la propria difesa sugli stessi (Sez. U, n. 24906 del 18/04/2019, Sorge Rv. 275436).
2.2. L’esigenza di un’informazione dettagliata, chiara e precisa, trova il suo riferimento non solo nelle plurime norme codicistiche che descrivono la modalità con la quale deve essere effettuata la contestazione, ma anche e soprattutto nei principi convenzionali (art. 6, par. 3, lett. a, CEDU) in materia di diritti fondamentali, qual è, per l’appunto, quello inerente alla difesa dell’imputato nel processo.
2.3. Nell’ambito di tale perimetro valutativo, il giudizio sulla idoneità della formulazione testuale del capo d’imputazione a soddisfare l’interesse della parte alla chiara e completa contestazione non può essere formulato in astratto, ma deve tener conto delle “particolari connotazioni” con le quali l’aggravante è stata costruita nelle norme che la prevedono: in funzione di queste particolari connotazioni va individuato, di volta in volta, li “livello di precisione e determinatezza che rende l’indicazione di tali elementi, nell’imputazione contestata, sufficiente a garantire la puntuale comprensione del contenuto dell’accusa da parte dell’imputato” (Sez. Un. Sorge, cit.) Cosicché, se la fattispecie integratrice della circostanza aggravante è, per così dire, “autoevidente”, in quanto si struttura in semplici comportamenti descritti nella loro materialità (attraverso l’indicazione di mezzi o oggetti determinati nelle loro caratteristiche oggettive) “l’indicazione di tali fatti materiali è idonea a riportare nell’imputazione la fattispecie aggravatrice in tutti i suoi elementi costitutivi, rendendo possibile l’adeguato esercizio dei diritti di difesa dell’imputato”. Ove, invece, la previsione normativa includa (anche) componenti valutative, la necessità della enunciazione in forma chiara e precisa del contenuto dell’imputazione impone che i risultati di questa valutazione (operata dal pubblico ministero con la formulazione del capo d’imputazione) debbano essere esplicitati, attraverso la loro chiara indicazione nella formulazione dell’imputazione.
2.4. Venendo al caso di specie, si osserva che, nel capo a ) dell’imputazione – che contesta la resistenza al pubblico ufficiale, ai sensi dell’art. 337 cod. pen. – la descrizione della condotta contiene chiaro riferimento alla circostanza che la resistenza è stata attuata nei confronti di tre militari nell’esercizio delle loro funzioni , durante il servizio d’istituto. Si legge, infatti, della condotta violenta e minacciosa ‘per opporsi al caricamento nell’autovettura di servizio’ , con la quale era attinta una gamba dell’appuntato COGNOME ‘procurandogli le lesioni meglio descritte al capo successivo’
Nel capo b), che contesta il delitto di lesioni nei confronti di uno dei tre carabinieri indicati nel capo a), ovvero, l’app. sc. COGNOME NOME, la condotta lesiva è descritta come commessa ‘al fine di commettere il reato di cui al capo precedente ‘ .
2.5. E’ dalla lettura logicamen te combinata dei due capi di imputazione che si trae la contestazione in fatto della circostanza aggravante di cui all’art. 576 comma 5bis , cod. pen., in quanto il capo a) contiene espresso riferimento alla condotta lesiva di cui al capo b) in danno del militare, cosi come in quest’ultim a imputazione ci si riferisce alle circostanze di cui al capo a). La lettura integrata delle imputazioni fa emergere, con innegabile chiarezza, che il fatto lesivo descritto nel capo b) è stato attuato in danno di uno dei militari indicati nel capo a) nello svolgimento di atti doverosi; e tanto consente chiaramente di comprendere che delitto fu commesso in presenza degli elementi di fatto idonei a integrare la aggravante in parola.
2.6. Questa Corte (Sez. 5 n. 46979 del 11/11/2024, Rv. 28732501) si è già determinata in tal senso in una analoga fattispecie, in cui il collegio, dando atto che, ‘nella formulazione del capо d’imputazione con cui sono contestate le lesioni personali non emergono gli elementi fattuali dai quali dipende la sussistenza dell’aggravante (la qualifica soggettiva delle persone offese), ma, ove sussistente, tale dato avrebbe condotto, logicamente, ad una contestazione esplicita’, considerava che ‘proprio in ragion e della peculiarità dell’aggravante oggetto di censura (che presuppone una valutazione congiunta di due differenti imputazioni), è la lettura unitaria dei due capi d’imputazione, da quali emerge oggettivamente e con evidenza la sussistenza del dato circostanziale, la cui oggettività, quindi, a fronte della duplicità della contestazione (artt. 337 e 582 cod. pen., ai danni della stessa persona offesa), permette di ritenere aggravata la fattispecie ai sensi dell’art. 576 n. 5 -bis cod. pen..’
Come in quel caso, anche nella vicenda in scrutinio, la Corte di appello ha correttamente ritenuto che fosse contestato in fatto l’aggravante de qua , non essendo revocabile in dubbio la natura autoevidente, atteso che essa è strettamente correlata alla qualifica soggettiva delle persone offese e per l’ampia descrizione nel capo di imputazione della connessione tra le lesioni subite e l’attività di servizio in atto nel corso della quale le stesse sono state arrecate. La Corte di appello ha fatto corretta applicazione dei principi ermeneutici qui ricostruiti giungendo a ritenere aggravata la fattispecie ai sensi dell’art. 576 comma 5 -bis cod. pen.
Al rigetto del ricorso segue, ex lege, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME