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Contestazione in fatto: quando è valida l’accusa?

Un imputato ha contestato la sua condanna per accesso abusivo a sistema informatico aggravato, sostenendo un difetto nella formulazione dell’accusa (la cosiddetta “contestazione in fatto”). La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che la contestazione dell’aggravante è valida se l’atto di accusa descrive letteralmente gli elementi di fatto che la costituiscono, anche senza menzionare la specifica norma di legge. Nel caso specifico, la descrizione del sistema come contenente “dati in materia di ordine e sicurezza pubblica” era sufficiente a formulare correttamente l’accusa.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione in Fatto: La Cassazione Spiega Quando l’Accusa è Valida

Nel processo penale, la chiarezza dell’accusa è un pilastro fondamentale per garantire il diritto di difesa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema tecnico ma cruciale: la validità della contestazione in fatto di una circostanza aggravante. La Corte chiarisce che la descrizione letterale dei fatti nell’imputazione è sufficiente per considerare l’accusa correttamente formulata, anche in assenza del richiamo numerico alla norma violata.

I Fatti del Caso: Un Ricorso per un’Aggravante Contestata

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato, condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Bologna per il reato di accesso abusivo a un sistema informatico o telematico, previsto dall’articolo 615-ter del codice penale. La condanna era aggravata ai sensi del terzo comma dello stesso articolo, poiché il sistema informatico violato conteneva dati sensibili relativi all’ordine e alla sicurezza pubblica.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: la nullità della sentenza per un presunto vizio nella formulazione dell’accusa. Secondo la difesa, la circostanza aggravante non era stata correttamente contestata.

L’Aggravante e la “Contestazione in Fatto”: la posizione della Cassazione

Il cuore del ricorso si basava sulla nozione di contestazione in fatto. La difesa sosteneva che l’imputazione fosse generica e non avesse specificato adeguatamente gli elementi costitutivi dell’aggravante. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, rigettandolo e chiarendo i confini di questo importante istituto processuale.

Le Motivazioni della Decisione

I giudici della Suprema Corte hanno innanzitutto richiamato la definizione di “contestazione in fatto” fornita dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 24906 del 2019 (sentenza Sorge). Secondo questo autorevole precedente, si parla di contestazione “in fatto” quando l’imputazione descrive la condotta con elementi fattuali che integrano un’aggravante, senza però menzionare esplicitamente la norma di legge che la prevede.

Nel caso in esame, la situazione era diversa e ancora più chiara. L’atto di accusa non si era limitato a descrivere genericamente i fatti, ma aveva utilizzato la stessa “enunciazione letterale” della norma. In particolare, l’imputazione specificava che l’accesso era avvenuto a un sistema in cui erano “custoditi dati in materia di ordine e sicurezza pubblica”, riproducendo testualmente la parte rilevante del terzo comma dell’art. 615-ter cod. pen. Di conseguenza, secondo la Corte, non poteva esservi alcun dubbio sulla piena consapevolezza da parte dell’imputato della natura aggravata dell’accusa mossa nei suoi confronti. La contestazione era precisa, specifica e pienamente conforme ai principi del giusto processo.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione ribadisce un principio fondamentale: per la validità di un’accusa, ciò che conta è la chiara e inequivocabile descrizione dei fatti storici addebitati all’imputato. Quando l’imputazione descrive la condotta riproducendo testualmente gli elementi previsti dalla norma incriminatrice o aggravante, il diritto di difesa è pienamente garantito. Non è necessario, in questi casi, un richiamo pedissequo al numero dell’articolo di legge, poiché la sostanza del fatto contestato è resa palese dalla sua stessa descrizione.

Quando si considera valida una “contestazione in fatto” per un’aggravante?
Secondo la Corte, la contestazione è valida quando la formulazione dell’imputazione descrive in modo chiaro e letterale gli elementi fattuali che costituiscono l’aggravante. Nel caso specifico, la menzione dell’accesso a un sistema con “dati in materia di ordine e sicurezza pubblica” è stata ritenuta sufficiente.

È necessario citare sempre l’articolo di legge specifico per un’aggravante?
No. La Corte ha stabilito che se l’imputazione descrive testualmente i fatti che integrano l’aggravante, riproducendo di fatto il contenuto della norma, la contestazione è valida anche senza l’indicazione numerica dell’articolo, poiché l’imputato è messo in condizione di comprendere pienamente l’accusa.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. L’argomento del ricorrente era inappropriato, dato che l’atto d’accusa conteneva una descrizione letterale e precisa della circostanza aggravante, rendendo la contestazione pienamente valida e non lasciando spazio a dubbi interpretativi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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