Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26624 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26624 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Foggia il 22/1/1971
avverso la sentenza resa il 2/7/2025 dalla Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata avanzata richiesta di trattazione orale dell’udienza;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso ;
lette le conclusioni della parte civile NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso con condanna dell’imputato alle spese del presente grado di giudizio e ha depositato nota spese;
lette le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso, replicando alle considerazioni del pubblico ministero.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Napoli, parzialmente riformando la sentenza resa dal Tribunale di Avellino l’11 maggio 2021, ha confermato la responsabilità di COGNOME NOME in ordine al delitto di tentata estorsione meglio precisato in rubrica e ha parzialmente modificato il trattamento sanzionatorio, previa
concessione delle attenuanti generiche, concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Si addebita all’imputato di avere tentato, in concorso e in unione con un coimputato, di costringere la persona offesa, NOME COGNOME il quale aveva consegnato un assegno dell’importo di 4.000 euro a COGNOME NOME a titolo di garanzia, con l’impegno che non sarebbe stato posto all’incasso, di versare in contanti la somma di 4.000 euro, pronunziando al suo indirizzo reiterate minacce.
Avverso detta pronunzia ha proposto ricorso l’imputato, deducendo, quale formale motivo unico, violazione di legge e in particolare degli artt. 157 e segg. cod. pen. poiché la condotta dell’imputato è cessata il 5 aprile 2013 e da questa data comincia a decorrere il termine di prescrizione che, per il delitto di tentata estorsione semplice, in assenza di eventi interruttivi, matura in anni 8 e mesi 4, ex art. 161, secondo comma, cod. pen., salvo periodi di sospensione.
2.1 Nel corso del giudizio di primo grado sono intervenute sospensioni per un periodo complessivo di mesi 5 e giorni 13, per l’adesione del difensore all’astensione e per l’emergenza Covid, sicché il reato si è prescritto alla data del 22 marzo 2022 e quindi in epoca antecedente alla sentenza di secondo grado, intervenuta il 2 luglio 2024.
Osserva, peraltro, il ricorrente che la causa estintiva era stata dedotta in modo specifico in sede di conclusioni dalla difesa e anche dal Procuratore generale.
2.2. Con memoria trasmessa il 19 giugno 2025 l’avv. NOME COGNOME nell’interesse della parte civile c ostituita NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso e depositato nota spese.
2.3. Con memoria trasmessa il 23 giugno la difesa di COGNOME ha insistito nel motivo di ricorso osservando, in replica alle conclusioni scritte del pubblico ministero, che, a prescindere dalla legittimità della ritenuta contestazione in fatto, l’aggravante delle più persone riunite non è stata riconosciuta dalle due sentenze di merito e non può avere rilevanza ai fini del termine di prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Va al riguardo osservato che dalla lettura del capo d’imputazione emerge che il reato contestato in fatto è la tentata estorsione aggravata dalle più persone riunite, che si prescrive in anni 13 e mesi 4 (in presenza di eventi interruttivi, il termine si allunga ad anni 16 e mesi 8).
Le Sezioni Unite, nella sentenza n. 24906 del 18/04/2019, Sorge, Rv. 27543601, hanno operato un distinguo tra aggravanti contestabili in fatto ed aggravanti con natura “valutativa”, che hanno bisogno di essere specificamente evocate nell’imputazione per potersi ritenere validamente contestate. Per queste ultime è
doverosa una contestazione che risulti chiara e precisa e che richiami l’imputato ad una difesa accorta e puntuale, visto che l’intera disciplina della coerenza tra contestazione e sentenza è funzionale ad assicurare la piena esplicazione del diritto di difesa.
Di contro, la contestazione in fatto non dà luogo a particolari problematiche di ammissibilità per le circostanze aggravanti le cui fattispecie, secondo la previsione normativa, si esauriscono in comportamenti descritti nella loro materialità, ovvero riferiti a mezzi o oggetti determinati nelle loro caratteristiche oggettive. In questi casi, invero, l’indicazione di tali fatti materiali è idonea a riportare nell’imputazione la fattispecie aggravata in tutti i suoi elementi costitutivi, rendendo possibile l’adeguato esercizio dei diritti di difesa dell’imputato.
Nel caso sottoposto al Collegio, l’imputazione, così come formulata, consente ad un agente medio di confrontarsi adeguatamente con l’accusa specifica che gli viene mossa, e, quindi, con la ragione del trattamento sanzionatorio maggiormente gravoso.
Dalla lettura del capo d’imputazione l’aggravante delle più persone riunite pur non essendo stata esplicitata con il richiamo dell’art. 628 , terzo comma, n. 1, cod. pen. indicato nel capoverso dell’art. 629 cod. pen. è stata contestata in fatto facendo ricorso all’espressione ‘in concorso e in unione tra loro’ e precisando nel corso dell’articolata contestazione la condotta ascritta ai due imputati che, in almeno due occasioni, tra cui il pedinamento della persona offesa, erano insieme e unitamente formulavano minacce al suo indirizzo.
Non è superfluo ricordare che nel reato di estorsione, la circostanza aggravante delle più persone riunite – integrata dalla simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della violenza o della minaccia – non richiede quale connotato soggettivo la consapevolezza della partecipazione di altri concorrenti nel numero sufficiente ad integrare l’aggravante stessa, poiché essa, concernendo le modalità dell’azione, ha natura oggettiva e, conseguentemente, si comunica a tutti coloro che concorrono nel reato (Sez. 2, n. 31199 del 19/06/2014, Posteraro, Rv. 259987-01).
Trattandosi di aggravante oggettiva che non necessita di formulare un giudizio di valore è sufficiente che la sentenza valorizzi nell’ambito del la ricostruzione in fatto la ricorrenza di momenti in cui i due correi hanno agito insieme e a pag. 4 la sentenza di primo grado ricostruisce la vicenda da cui è scaturito il processo, evidenziando che i due imputati erano insieme quando pedinavano e minacciavano la persona offesa.
Va poi osservato che, in presenza della contestazione di un’aggravante, il giudice che non la riconosca deve provvedere esplicitamente ad escluderla; nel caso in esame, il giudice ha dichiarato la responsabilità degli imputati per il reato loro ascritto in rubrica e, quindi , ritenendo di fatto modo inequivoco la ricorrenza dell’ aggravante de qua .
Il difensore non ha proposto con l’ appello censure sulla sussistenza dell’aggravante contestata, sebbene nella sentenza di primo grado si facesse esplicito riferimento alla condotta dei due imputati che hanno agito in unione tra loro, come
contestato in rubrica, formulando congiuntamente minacce in danno della persona offesa.
Ne consegue che, a buon diritto, la Corte territoriale non si è soffermata nel ribadire esplicitamente la sussistenza della contestata aggravante, pur aderendo alla ricostruzione in fatto condivisa dal Tribunale che vede i due imputati agire insieme.
E’ vero che la sentenza di secondo grado riconosce il beneficio delle circostanze generiche e opera la dovuta riduzione senza effettuare alcun giudizio di bilanciamento con la ritenuta aggravante, ma si tratta di errore sul trattamento sanzionatorio, che ha peraltro operato a favore dell’imputato, poiché la riduzione è stata effettuata come se le attenuanti fossero state riconosciute prevalenti sulla aggravante.
Tuttavia, in assenza di espressa statuizione sul punto non può desumersi da tale errore la volontà della Corte di escludere l’aggravante dell’avere agito in più persone riunite, in quanto tale modalità della condotta è stata ribadita anche dalla sentenza di secondo grado.
Ne consegue che la richiesta di prescrizione avanzata con le conclusioni scritte era manifestamente infondata e la Corte di merito non era tenuta a pronunziarsi esplicitamente al riguardo. Ed invero, il termine di prescrizione per il delitto di tentata estorsione aggravata è pari ad anni tredici e mesi quattro, prorogato di tre anni e quattro mesi ex art. 161 cod. pen., cui vanno aggiunte nel caso in esame le sospensioni intervenute nel corso del giudizio per complessivi anni uno, mesi uno e giorni quattro; ne consegue che il detto termine non è a tutt’oggi maturato e non lo era di certo all’epoca della sentenza di appello.
Per le ragioni sin qui esaminate il ricorso deve essere respinto con le conseguenti statuizioni.
Non ricorrono i presupposti per porre a carico dell’imputato la con danna alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile costituita, poiché la stessa non ha reso nel corso di questo giudizio cartolare un contributo utile alla decisione, limitandosi ad invocare il rigetto dell’impugnazione , senza allegare le ragioni poste a sostegno dell’istanza. (Sez. 2, n. 33523 del 16/06/2021, D., Rv. 281960-03; Sez. 5, n. 34816 del 15/06/2021, COGNOME, non mass.; Sez. U, n. 887 del 14/07/2022, COGNOME, Rv. 283886-01, in motivazione).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese processuali avanzata dalla parte civile COGNOME NOME COGNOME. Roma 1 luglio 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME